Una mamma all’estero
Cecilia Lagomarsino
10 Ottobre 2022
Il segreto delle madri, anche quelle che non sanno o non vogliono esserlo: la capacità misteriosa di diventare un posto che accoglie tutto quello che succede nel cammino, tutto quello che viene e che c’è.
La capacità di tenere insieme quel che insieme non sta. Di ricordare daccapo, ogni volta, da dove passa la vita e perché.
(“Una madre lo sa. Tutte le ombre dell’amore perfetto” di Concita De Gregorio)
Guardo l’Italia dal finestrino, seduta in un treno puntualissimo che arriva dal nord. Vedo le persone sulla banchina, illuminate dal sole, che chiacchierano, si salutano, sembrano cordiali, anche da qui. Intravedo scorci di natura (è tutto più verde, mamma!), e mi sembra di sentire il calore del sole pervadermi attraverso il vetro. Non so nemmeno se realmente sia più caldo qui che a Vienna. Ma mi piace pensare di sì.
Sorrido all’idea che sono dovuta andare a vivere lontano, per capire davvero cosa sia il legame che provo verso il mio paese di origine. È un dolore sordo che, ne sono convinta, accompagna tutti coloro che vivono all’estero da tanti anni. È la consapevolezza di avere un’altra vita, parallela, che ci somiglia di più, ma per casi fortuiti, per scelta o per necessità, non abbiamo vissuto.
È un sentimento che nel mio caso si è acuito, di molto, da quando sono diventata mamma e non sono più stata solo io. Ho sentito dentro di me la responsabilità di trasmettere questo legame, o quello che ne resta, a mia figlia e a mio figlio che sono nati all’estero.
Nonostante entrambi parlino perfettamente l’italiano, mi trovo spesso a lottare per far sì che non diventino pigri e continuino ad usare la lingua madre, specie quando parlano con me ma anche nelle conversazioni tra di loro, torno spesso in Italia, e cerco di trasmettere il più possibile la mia cultura attraverso il racconto e la lettura.
Confrontandomi con amiche che sono diventate mamme come me, ma in Italia, vicine ai loro affetti, mi sono resa conto che loro soffrivano molto meno la solitudine che invece è, mio malgrado, diventata parte integrante della mia vita di mamma all’estero.
Ho letto “I diari” di Sylvia Plath da adolescente. Allora, proprio non riuscivo a spiegarmi come una donna tanto intelligente, sensibile e piena di talento avesse potuto decidere di togliersi la vita, a soli trent’anni. Tra l’altro aveva due figli, e il più piccolo aveva poco più di un anno quando si è suicidata.
Qualche anno fa, mettendo a posto la libreria, mi è ricapitato tra le mani il suo libro. E ho capito, anzi ho sentito. Sylvia Plath soffriva di problemi psichici già prima, certo, però il fatto di aver avuto due figli in due anni e di vivere isolata, con un marito assente, e soprattutto con poche possibilità di lavorare…
Pensavo che diventare mamma fosse il gesto d’amore più grande in assoluto – quindi motivo di gioia e felicità. La penso ancora così, ma ora so che non è l’unica sfaccettatura della maternità. Se una persona non ha una rete solida di sostegno, immagino sia durissima. E Sylvia Plath che mette la testa nel forno di casa sua dopo aver dato da mangiare ai suoi due bambini non mi sembra più tanto inspiegabile.
Penso sia importantissimo parlarne, parlarsi tra mamme e cercare di isolarsi il meno possibile. A mio avviso però, nel mondo di oggi le mamme sono molto più sole di una volta, in particolare, se come me, vivono all’estero, e quindi i pericoli sono maggiormente insidiosi.
Chi è neomamma, e lo è all’estero per giunta, sa esattamente a cosa mi riferisco. Niente nonne/i, zii/e, amiche o amici, a cui affidare di tanto in tanto i propri bambini, o con i quali andare ai giardinetti. Fatica immane a reinserirsi nel mondo del lavoro, per lo stesso motivo di cui sopra.
Proprio per approfondire questi temi nel marzo 2012 ho aperto un blog, mammitudine, che quest’anno compie dieci anni. Scrivere il blog è stata per me una vera conquista, un esercizio quasi terapeutico. Mi ha permesso da un lato di esprimere il mio sentire, facendomi spesso anche capire meglio quello che stavo vivendo nel momento, dall’altro è diventato un luogo di incontro, anche se virtuale, dove scambiare consigli sulla maternità e condividere esperienze: il mio personale antidoto alla solitudine. Un luogo di svago e sfogo, come dicevo anche nel mio primissimo post. Alcuni post hanno raggiunto le 2.000 visualizzazioni e talvolta ho avuto fino a 40 commenti. Inoltre, condividendo su altri siti che si occupano di maternità ho allargato i miei orizzonti e ho scritto contributi per comunità virtuali di mamme all’estero come per esempio Itagirlsontheroad, Famigliaontheroad e altri.
Ho poi trovato una risorsa davvero preziosa nel gruppo delle mamme italiane a Vienna: incontrare, stavolta dal vivo, altre donne nella mia stessa situazione, costruire amicizie profonde e condividere, oltre alla maternità, anche i problemi legati all’emigrazione è stato importantissimo. Ha completato il lavoro iniziato con il blog e reso ancora più evidente che fare rete è la formula magica per essere meno sole e più consapevoli nell’incredibile viaggio della maternità.