Trovare le parole del piacere femminile – Introduzione
Marina Santini
4 Dicembre 2022
Il 20 novembre 2022 sullo Specchio de La Stampa è comparso (con la firma di Maria Corbi) un articolo sul nuovo calendario Pirelli della fotografa Emma Summerton dal titolo “Se ti fotografa una donna sei più sexy” che a nostro avviso mostra in modo chiaro l’uso del femminismo e della libertà femminile per il piacere maschile.
La retorica del “curvy”, il movimento “body positive”, amarsi per come si è, è solo apparentemente liberatoria. Lo esplicita, non in chiave critica, Maria Luisa Agnese su la 27ora: «Tanto vale decidere di star bene nella propria pelle, perché si sa che gli uomini alla fine preferiscono proprio le rotondità». La ricerca del sexy ha come finalità il piacere degli uomini, e l’asservimento allo sguardo maschile viene spacciato per “empowerment”.
Le giovani donne che frequentano i social, ma non solo, per “poterci essere”, si trovano a doversi misurare con un linguaggio che il neocapitalismo, in modo strumentale, prende dal pensiero femminista. Ed è proprio questo linguaggio, che vuol essere libero e liberante, che invece le imbriglia, orientandole a richieste di performance e godimento che poco hanno a che fare col desiderio profondo di ciascuna. Le più attente avvertono l’inganno e sentono la necessità di svincolarsi da questa trappola e ricercano, nello scambio con altre, di trovare il proprio piacere.
Ripartiamo, allora, da Carla Lonzi, il cui pensiero è ancora nutrimento per le giovani donne. Ne abbiamo conferma in Libreria con le numerose richieste dei suoi libri. Sentiamo in questa riscoperta e nel bisogno di misurarsi con un pensiero altro il segnale di un malessere diffuso fra le più giovani.
Carla Lonzi nel 1971 con La donna clitoridea e la donna vaginale aprì alle donne la strada per riconoscere il proprio piacere autonomo, distinto da quello maschile; questa autonomia sarà ripresa in seguito da Luce Irigaray nel 1977 con Questo sesso che non è un sesso.
Con la pratica dell’autocoscienza tutte noi abbiamo cominciato a individuare quando il nostro piacere era subordinato alla performatività maschile e a trovare le “parole per dirlo”; con la politica delle relazioni con le altre donne abbiamo cominciato a ricavare energia e forza per immaginare e costruire un diverso rapporto con il reale.
Siamo libere solo se siamo in contatto con il nostro corpo.
L’interrogazione sul piacere è una costante del pensiero femminista, scorre in forme carsiche e in alcuni momenti ha l’urgenza di emergere.
La storica e pensatrice María-Milagros Rivera Garretas nel suo recente libro Il piacere femminile è clitorideo ci fa fare un passo avanti rispetto a Carla Lonzi: tutte nasciamo clitoridee. Indipendentemente dalle scelte sessuali, il piacere per le donne è clitorideo e si irradia nel sentire a tutto il corpo, non rimane circoscritto all’organo sessuale. È dunque un modo di stare nel mondo, di avvicinarsi alle cose e di conoscere. Citando Maria-Milagros, «Non c’è piacere clitorideo se non lo vivi nell’anima carnale, piacere cognitivo, perché noi donne pensiamo e amiamo senza divisioni, senza separazioni». Cogliere questo vuol dire liberarsi dalla «violenza ermeneutica» in cui molte di noi si sono formate. La violenza ermeneutica cerca di cancellare il pensiero dell’esperienza, dà valore solo a ciò che altri hanno già detto: rimanere fedeli a questo pensiero (pensiero del pensiero) distrugge il piacere del conoscere e del creare come donna. Da brave studentesse prima, poi, da buone ripetitrici, avremmo dovuto riproporre nei nostri comportamenti e modi di pensare il pensiero maschile. Per tante questo non è avvenuto: per me nella scuola, per altre nelle loro professioni; sperimentare il piacere di lavorare in relazione con altre donne, mostrare questa relazione, fare ricerca, trovare nello scambio con l’altra o l’altro la possibilità di una trasformazione di sé e del mondo è stato possibile quando abbiamo cominciato a dare voce al nostro sentire, a tenere insieme corpo e pensiero, scoprendo che questo è politica.
Prima di dare la parola a Giorgia Basch della Redazione di Via Dogana Tre e a Stefania Tarantino di Studi femministi, seguendo la lezione di María-Milagros, auspico di trovare insieme l’orgasmo della parola giusta.