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Ho già ampiamente illustrato le ragioni del mio prendere parola sulla prostituzione nella introduzione al mio capitolo del testo Né sesso, né lavoro. In fase di stesura e correzione Luciana Tavernini, preziosissimo aiuto in questa avventura di scrittura in condivisione tra donne, mi aveva invitata a mettermi in gioco, a scoprire le motivazioni del mio coinvolgimento e a dichiarare il perché la prostituzione riguardava anche me. A differenza di altre la prostituzione non è mai stata un tabù, nemmeno quando ero piccola.

Mio padre alle domande insistenti di noi bambine sul significato di quei fuochi con i copertoni lungo le vie, di fronte alla manifestata compassione per quelle donne povere che dovevano riscaldarsi per strada al calore delle fiamme anziché al riparo delle case, ci ha sempre spiegato che non era «colpa loro, ma di uomini cattivi che facevano loro del male» e che quando saremmo state più grandi, ci avrebbe spiegato meglio, insieme alla mamma. Così avvenne man mano che si cresceva, fino alla condanna esplicita verso chi induceva alla prostituzione e a un giudizio pesante sulla presunta mascolinità di chi ricorreva al mercimonio, dichiarando, con l’imbarazzo e il pudore di quegli anni, che mai lui sarebbe potuto “andare con una prostituta”, per rispetto verso di lei, verso mia madre, verso di noi, verso di sé.

Di seguito, come ho già scritto, ci sono state le letture, racchiuse tra Lettere dalle case chiuse1 da ragazzina e Stupro a pagamento2 lo scorso anno, due pugni nello stomaco proporzionati alle età differenti.

Nel mezzo, la professione e la politica: il primo interrogatorio, il processo per reato di schiavitù, l’Osservatorio giuridico per i diritti dei migranti e delle migranti, le ragazze della tratta, le loro lacrime sulle mie mani; la politica praticata, le politiche del diritto, la politica delle donne, la scoperta del diritto sessuato.

Oggi, qui con voi, vorrei condividere che cosa è accaduto dentro di me tramite la stesura del libro e la sua divulgazione, che cosa è cambiato, che cosa si è confermato rispetto al tema: la prostituzione ci riguarda tutte e tutti. Oltre alla scoperta della bellezza e della fatica di una scrittura condivisa, lo studio delle proposte di legge giacenti in Parlamento sulla prostituzione ha tolto il velo, ha smascherato molte delle mie certezze, tra illusioni e persistenti ingenuità.

Prima fra tutte, almeno in questa vicenda, la dolorosa constatazione, con conseguente interrogativo: destra e sinistra pari sono? e poi ancora: non tutte le donne di sinistra sono femministe! Mentre sapevo che non esiste un unico femminismo (ci sono quello di Stato, quello radicale, quello paritario e, naturalmente, il “nostro”!), l’ipotizzare che una donna di sinistra potesse non essere femminista, in una fra tutte le declinazioni possibili, mi ha lasciata basita.

Senza entrare nel dettaglio e nelle esemplificazioni che potete trovare nel libro, in sintesi due sono le visioni assimilabili che producono o rischiano di determinare la sovrapposizione tra scelte politiche e giuridiche, ahimè non più differenti: l’ineludibilità della prostituzione e la doppia morale “al femminile”.

Sul primo punto, se è vero che da parte di tutte le proposte di legge, molte presentate da donne, vi è una condanna astratta di tutto il fenomeno prostituivo, detta condanna non si traduce in un’assunzione di responsabilità politica per farla cessare e in un impegno fattivo, in una lotta concreta perché ciò possa accadere. Mi sembra di aver capito che la convinzione della impossibilità di sradicare la prostituzione dalla nostra società venga ancor prima del tema della libertà di scegliere e del disporre del proprio corpo, vendita compresa!

Ciò finisce per ingenerare una sorta di “doppia morale” da parte delle donne che si occupano e discutono di prostituzione, alimentata dall’implodere del fenomeno della tratta. Da una parte, infatti, aumenta la condanna unanime, l’invocazione di pesanti penalizzazioni, l’investimento di risorse per combattere la tratta, il traffico sessuale, la cosiddetta prostituzione coatta, azioni sostenute, come ci ha insegnato Julie Bindel3, anche dalla lobby dei prostitutori, in quanto la tratta inquinerebbe il mercato regolamentato o libero della prostituzione.

Si distingue ad esempio, parlando delle “povere ragazze nigeriane sfruttate”, tra lo stupro che avviene nei campi di detenzione in Libia (attuale luogo della svergination di massa) e il singolo atto prostituivo, individuando la violenza sessuale nella costrizione, nella schiavitù, nella soggezione al trafficante o alla madame e non in ogni prestazione sessuale, in ogni stupro a pagamento.

Dall’altra parte, in quella che mi sono permessa di chiamare “doppia morale”, vi è una specie di plauso verso le donne libere e sfrontate che sbandierano la propria sessualità liberata, non solo esibendola dentro le regole della pornocrazia, ma che ne rivendicano l’utilizzo come strumento di potere sugli uomini e mezzo per un lecito e debito arricchimento.

Si passa dalla condivisa e audace scelta di Lina Merlin di non condannare la prostituta, alle felicitazioni per chi sa stare nel mercato del corpo traendo profitto per sé.

Da qui, dentro di me, è scattata la radicalizzazione della lotta per la difesa della legge Merlin e il consolidamento della scelta di passare da “la prostituzione riguarda anche me” a “la fine della prostituzione riguarda anche me”.

In questi mesi successivi alla pubblicazione, il libro è diventato allora uno strumento per questa azione politica, il pretesto per parlare di prostituzione, l’occasione per informare sul fenomeno, il luogo per discutere e far emergere anche il conflitto.

Sono andata in due scuole superiori, ho tenuto una lezione nel mio corso all’Università degli adulti, ho partecipato a cinque incontri organizzati da gruppi di donne o da donne impegnate nelle istituzioni, due dei quali con Luciana Tavernini, così almeno fino ad oggi, ma in programma c’è molto ancora, prossimamente l’incontro organizzato per il 26 ottobre a Pinerolo, promosso anche dall’associazione di uomini Maschile plurale.

Distinguo questa restituzione tra giovani e adulti.

Come tutte ben sappiamo a scuola le ragazze e i ragazzi sono molto ricettivi, soprattutto nei confronti delle novità e di chi “viene da fuori”. Ciò aumenta, per esperienza diretta, quando l’offerta riguarda gli istituti tecnici o professionali dove le/gli studenti sono vivaci e “ruspanti”, hanno meno filtri comportamentali e sono fin troppo schietti, a dire delle e degli ottimi dediti docenti. Si sentono poi sempre onorate e onorati dal fatto che qualcuno di esterno le/li prenda in considerazione, si metta in gioco per interloquire anche con chi frequenta scuole di serie B!

Immaginate quindi il contesto in cui, dentro la lezione sui diritti umani delle donne, ho affrontato con loro il tema della prostituzione. Dopo qualche slide una studentessa, interrompendomi, ha rivendicato il diritto delle ragazze di trarre profitto dal proprio corpo, «Il corpo è mio e posso farci quello che voglio», aggiungendo «Se gli uomini sono così stupidi da pagarci o da farci regali costosi, perché non dobbiamo approfittarne? Visto che poi ti chiedono anche prestazioni minime…» (mio modo per tradurre l’esplicita espressione gergale e provocatoria della ragazza riferita al rapporto orale). Sul punto vorrei sottolineare qui che la seconda frase della ragazza è la stessa che Blessing Okoedion cita nel suo libro Il coraggio della libertà4, riferita alla propaganda che viene fatta dalle donne che vanno a reclutare in Nigeria, soprattutto in città dove il tasso di istruzione è maggiore, perciò alcune sanno che cosa le può attendere in Italia. Unica variante sta nell’aggettivare la stupidità degli uomini come “bianchi e occidentali”!

Tornando alla classe, una compagna indignata grida: «Ma che cosa dici, tu non hai rispetto di te stessa, come puoi vendere una parte del tuo corpo, nessuna parte, soprattutto quella, che è la più intima». Un’altra timidamente aggiunge: «Quella da cui nascono i bambini»… Il tutto tra risatine e sguardi furtivi dei maschi, con qualche commento di entrambi i sessi sulla possibilità di non coinvolgere “quella parte” delle donne, posto che si possono offrire e ottenere prestazioni che la tengono fuori dal rapporto sessuale. Anche qui, pur in uno spaccato parzialissimo come può essere una classe scolastica, trova conferma il dato sempre più diffuso della preferenza per le prestazioni orali in molte situazioni di prostituzione, specie se minorile.

Alla fine, il classico bel ragazzo leader interviene per dirimere il conflitto tra le ragazze: «Se il problema è il pagamento e la voglia di fare sesso, io mi offro gratuitamente così non offendo nessuna», tra risate generali pacificanti.

Il registro cambia quando rivolgendomi direttamente ai ragazzi, anche al bel ragazzo, inizio a parlare del turismo sessuale, della presenza record di maschi italiani fra chi lo pratica, con un’età media di 27 anni, e gli dico che di conseguenza, nel giro di pochi anni, potrebbero essere loro stessi a farlo. «Noi no, noi mai, noi non ne abbiamo bisogno, abbiamo già le nostre ragazze che fanno tutto quello che gli chiediamo e… a gratis».

Riflettiamoci insieme.

Questi giovani maschi almeno hanno parlato, gli uomini adulti no!

È accaduto quasi sempre ad ogni occasione di incontro, tranne per qualche presa di parola a Pinerolo e a Mantova con interventi di rappresentanti dell’associazione Maschile plurale o di operatori nel settore (volontari o educatori in associazioni contro la tratta). Silenzio totale, impressionante e significativo all’Università degli adulti. Alle mie lezioni partecipano in media 200-220 persone, di cui almeno un terzo uomini, sempre molto attivi e partecipi anche quando abbiamo parlato di storia e/o di diritti delle donne, di gravidanza per altri, di fecondazione assistita. Sulla prostituzione silenzio totale, nessuno ha preso la parola, almeno non davanti a me. All’esterno capannelli di discussioni accese.

Silenzio degli avvocati maschi, presenti in numero superiore al previsto al corso organizzato dall’Associazione Donne Giuriste patrocinato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati (ancora al maschile) di Como.

Silenzio dei maschi presenti alla presentazione del libro a Lucca, tutti amici miei, nessuno sconosciuto, nonostante l’ottima organizzazione dell’assessora Ilaria Vietino.

Riflettiamoci insieme.

La reazione delle donne adulte, sia organizzatrici degli eventi, sia partecipanti è stata più confortante e feconda.

I ragionamenti più diffusi sono stati quello relativo al tema della libertà di scelta, anche alla luce delle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale, l’esistenza di un diritto a prostituirsi, il dibattito intorno alle sex workers, la legittimità delle distinzioni tra prostituzione libera e coatta, i dubbi persistenti sull’utilizzo di alcuni termini quali “stupro a pagamento” o “prostituzione di Stato”, riferito alle proposte di neoregolamentazione. A questo proposito vorrei condividere con voi come tra, i titoli proposti per gli incontri, quello contenente le parole “stupro a pagamento” venga quasi sempre scartato. Vi è una maggior accettazione del nostro Né sesso, né lavoro, ma solo se l’occasione è la presentazione del libro, di solito si preferisce il riferimento neutro alla legge Merlin: la modifica, l’anniversario, l’attualità…

Riflettiamoci insieme.

Unanime la gratitudine da parte delle donne intervenute per l’importanza di aver preso parola e scritto di prostituzione, di aver consentito di organizzare un dibattito su un tema spinoso e divisivo tra donne. A Lucca la presidente del Centro donne, Mary Baldacchini, ha dichiarato pubblicamente di aver cambiato idea sulle proposte di neo-regolamentazione dopo aver letto il libro, convincendosi dell’importanza di non modificare la legge Merlin.

Tutte queste esperienze, quindi, non solo mi hanno confermato l’importanza della scelta politica intrapresa con voi, ma mi hanno consentito di passare progressivamente dall’esperienza professionale allo studio, dalla scrittura agli incontri, dal dolore raccolto alla lotta per evitarlo.

A chi mi ha criticato per la dedizione a questo aspetto marginale delle nostre vite, che o non ci riguarda o ci riguarda poco, ho risposto che da mesi guardo dallo stesso buco della serratura da cui hanno guardato molti uomini, quello de La chiave di Tinto Brass o quello utilizzato ancora oggi nel mondo del web pornografico (del quale dovremmo occuparci maggiormente). Solo che attraverso questo sguardo apparentemente ristretto si apre un ampio orizzonte, un cono di luce che si allarga e illumina molte dimensioni dell’umano: il Moloch del mercato e le sue regole fameliche; le relazioni tra gli umani e quella tra i sessi, la crisi delle coppie e della famiglia tradizionale, le resipiscenze del patriarcato; il ruolo dei padri… per narrarne alcune e capire insieme come la prostituzione ci riguarda tutte e tutti, ma proprio tutte e tutti.


  1. Lettere dalle case chiuse, a cura di Lina Merlin e Carla Barberis, ed. Il gallo, 1955. Ripubblicato con nel 2018 con il titolo Cara senatrice Merlin. Lettere dalle case chiuse, a cura di Mirta Da Pra Pocchiesa, Edizioni GruppoAbele, 2018. ↩︎
  2. Rachel Moran, Stupro a pagamento. La verità sulla prostituzione, ed. Round Robin 2017. ↩︎
  3. Julie Bindel, giornalista britannica e attivista, autrice fra l’altro di Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione, VandA.epublishing, 2018. ↩︎
  4. Blessing Okoedion con Anna Pozzi, Il coraggio della libertà, Edizioni Paoline, 2017. ↩︎

Introduzione alla Redazione allargata di Via Dogana 3 La prostituzione ci riguarda. Tutte e tutti, del 6 ottobre 2019