Settimana santa
Doranna Lupi
9 Aprile 2020
L’isolamento necessario in questo momento non ci impedisce lo scambio che può avvenire in relazioni duali fruttuose. Per esempio questo testo è nato in seguito a una discussione avuta con l’amica Anna Turri sulle liturgie al tempo del covid-19.
L’emergenza coronavirus scompagina anche i riti della Settimana Santa. Le funzioni vengono officiate a porte chiuse e seguite solo in streaming. Il Papa celebra nella Basilica di S. Pietro deserta e sull’altare con lui ci sono solo il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie e alcuni cerimonieri. Sulle prime panche siedono due o tre suore e gli uomini della sicurezza.
La tempesta smaschera le nostre vulnerabilità, ha affermato Papa Bergoglio, durante la benedizione Urbi et Orbinella piazza di S. Pietro deserta, sotto la pioggia.
Mi viene in mente un’immagine ricorrente in tutti i racconti di crocefissione tranne quello di Giovanni, in cui, al momento della morte di Gesù si squarciò il velo del tempio in due, da cima a fondo. Nel tempio ebraico una grande tenda separava la zona dei sacerdoti dal Santo dei Santi, il luogo più sacro, in cui poteva entrare solo il Sommo sacerdote. La tenda era alta quasi venti metri e spessa dieci centimetri. Una robusta separazione simbolica tra il sacro e il profano, tra il trascendente e l’umano. Lo strappo, dall’alto verso il basso, del velo stava quindi a significare, nei racconti evangelici, il riavvicinamento dello sguardo umano, delle menti e dei cuori all’insondabilità del mistero.
Le donne non sono mai mancate nelle chiese, anzi le hanno riempite più degli uomini anche se sempre lontane dall’altare. Oggi l’immagine di questa imponente e splendida cattedrale, completamente vuota, dove risuonano unicamente i passi di uno sparuto gruppo di soli uomini che si muovono sulla scena rivestiti dei loro paramenti sacri, mette a nudo una mancanza che è anche vulnerabilità. Il contrasto tra l’ostentata grandezza materiale e la ripetizione di rappresentazioni rituali di fronte ad un vuoto di corpi, privo di sguardi e di empatia, non fa che accrescere il senso di angoscia che grava in questo tempo di pandemia. Cadono i veli del tempio, anche in questo caso. I dispositivi della rappresentazione s’inceppano e svelano qualcosa nell’evidenza delle immagini che, in questo caso, non possono ingannare.
Allora ciò che torna ad avere valore è la parola che salva, quella che cerca di dire il vero, la parola profetica, la buona novella.
Il Papa sarà ricordato più per le sue parole di verità: “Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati […] Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”.
Le immagini di queste celebrazioni liturgiche, rivelano che uno dei passi più importanti da compiere per la guarigione del mondo è sicuramente intessere relazioni redentrici tra uomini e donne.