SAMI BLOOD un film di Amanda Kernell – Svezia, 2016, 110’
Silvana Ferrari
13 Dicembre 2017
Seguire la propria strada, spinte da un forte desiderio di realizzazione di sé comporta a volte uno strappo lacerante con le proprie origini, gli affetti familiari e con il legame d’amore primario, quello con la madre. Questo vuole raccontare la regista di Sami Blood, Amanda Kernell, nel suo primo bel lungometraggio.
Selezionato al Festival di Venezia – Giornate degli Autori, al Festival di Toronto e recentemente vincitore del festival del cinema europeo con il Lux Prize 2017, è la storia della discriminazione di una minoranza, i Sami, meglio conosciuti come Lapponi, del desiderio di normalità e d’integrazione di una giovane, Elle Marja, e del suo percorso di riconciliazione con le proprie radici e con il legame profondo con il suo materno.
Con due stacchi temporali – gli anni trenta e i giorni nostri – il film si muove dal punto di vista della giovane Sami, che insieme alla sorella minore, Njenna, e ad altre/i giovani lapponi è obbligata a frequentare un collegio, una cosiddetta “scuola di civilizzazione”, istituita dal governo, in cui le materie di insegnamento sono la lingua, la storia e i costumi svedesi, mentre è assolutamente vietato esprimersi nella propria lingua e seguire le proprie consuetudini.
La regista, di padre Sami e di madre svedese, pur convenendo che i tempi da quegli anni sono decisamente cambiati, racconta di aver vissuto quelle stesse dinamiche sulla propria pelle. Nel corso delle ricerche per la realizzazione del film molti delle/gli anziani intervistati le hanno rivelato di aver cambiato nome e di aver disconosciuto le loro origini in seguito a quelle dolorose esperienze. In questi collegi, diffusi negli anni trenta, le/i giovani Sami erano inoltre oggetto di studi di antropologia e di biologia razziale. Con stupore, la regista rivela di aver scoperto che la Svezia, cosa pochissimo nota come oscuro è ancora in parte il suo passato coloniale – una pagina della sua storia da far dimenticare – aveva creato il primo istituto di studi di ‘biologia razziale’ a cui i tedeschi si erano successivamente ispirati.
Il film, girato in lingua originale, vuol essere secondo le intenzioni di Amanda Kernell una dichiarazione d’amore per la popolazione Sami, sia per coloro che sono fuggiti sia per chi è rimasto, e il personaggio di Elle Marja ben ne riassume le caratteristiche e le complessità.
Elle Marja, non sopportando più la discriminazione, la derisione, l’umiliazione di essere studiata come un fenomeno da baraccone e desiderando con tutte le forze frequentare una scuola superiore, decide di tagliare con la propria comunità e con la famiglia, trasformandosi in Christina, una ragazze come tante altre ragazze svedesi. Il suo difficile e doloroso processo di accettazione e di ricomposizione di sé passerà ineluttabilmente attraverso la riconoscenza dell’amore della madre e della sorella, che avevano permesso e accettato la sua scelta.