Riflessioni a margine di “I giovani e i nuovi modelli maschili”
Laura Colombo
1 Dicembre 2025
Sono uscita dal convegno “I giovani e i nuovi modelli maschili” a Palazzo Reale di Milano con una duplice sensazione: sorpresa e déjà vu. Sorpresa perché, nei numeri dell’indagine IPSOS, affiorano tratti maschili inediti. Déjà vu perché sotto quei numeri continua a lavorare un deposito profondo del vecchio ordine patriarcale, pur in disfacimento. La serata presentava i risultati di una ricerca commissionata dal Centro di Ricerca Interuniversitario “Politiche di genere” a IPSOS, basata su 800 interviste online autocompilate a 400 ragazzi e 400 ragazze tra i 16 e i 24 anni.
C’è un elemento che subito mi ha colpito: per la maggioranza dei e delle giovani intervistate la maschilità non è più “natura”, ma costruzione culturale. Questo vuol dire che viene meno la giustificazione dei comportamenti maschili – anche dei loro abusi – come esito inevitabile di una presunta natura ineluttabile, quella che Pasolini raccoglieva in Comizi d’amore nell’iconica risposta di una donna di mezza età: «L’omo è omo».
L’idea stessa di “uomini veri” viene giudicata superata da più della metà del campione, e in modo ancora più netto dalle ragazze. Qui si vede chiaramente il rifiuto di un modello unico, rigido, virile in senso classico e a mio parere non si tratta solo di linguaggio politicamente corretto, ma di spostamento del desiderio e dell’immaginario.
Colpisce anche la gerarchia delle qualità che definiscono l’“uomo ideale”: saper chiedere scusa, saper ascoltare e comprendere, prendersi cura, saper perdonare ed essere capace di esprimere le proprie emozioni. È un rovesciamento rispetto all’“uomo che non deve chiedere mai”, slogan pubblicitario con cui molte di noi sono cresciute. Le giovani donne, soprattutto, dicono con chiarezza che vogliono uomini capaci di mettersi in relazione.
Eppure, proprio qui, il vecchio riappare.
In quasi tutti i grafici presentati si vede lo stesso schema: i ragazzi si riconoscono nelle qualità “nuove” (empatia, ascolto, cura, mediazione); le ragazze, guardandoli, non le vedono. I ragazzi dicono di essere cambiati, sanno che il patriarcato è finito e non possono più rivendicare apertamente i vecchi privilegi, ma lo sguardo delle ragazze mostra che spesso è un cambio di registro dettato dall’aria che tira, non ancora una trasformazione reale delle coscienze.
A questo si aggiunge un altro dato rivelatore: l’idealizzazione dei nonni e dei padri, soprattutto da parte dei maschi. Una nostalgia per il passato che evoca il rimpianto per un modello più semplice, dove i ruoli erano chiari e l’autorità maschile non era ancora in discussione.
Quando si parla di lavoro e di potere, poi, il vecchio torna con forza: nel lavoro si affaccia l’attenzione per le esigenze della famiglia, ma permane una forte componente di competitività; il congedo di paternità è più accettato, ma i ragazzi si percepiscono ancora come i principali percettori di reddito; i ragazzi iniziano a ritenere importante la mediazione nei conflitti, ma nel contempo una quota cospicua continua a legittimare l’alzare la voce, il non apparire mai deboli, perfino la violenza “in certi casi”. Il patriarcato al tramonto resiste come riflesso, come codice di gruppo.
A mio avviso la novità più forte sta nello sguardo delle giovani donne.
Come è stato ricordato al convegno, il patriarcato si è a lungo sostenuto attraverso lo “specchio magnificante” femminile, lo sguardo che nutriva il maschile rendendolo più grande e più forte di quanto non fosse.
Oggi, grazie al femminismo e alla pratica politica delle donne, le ragazze hanno smesso di confermare il copione dell’uomo superiore, competente per definizione, emotivamente autosufficiente. Nei dati presentati questo appare come un disallineamento; politicamente, è una sottrazione di complicità. È un gesto potente, frutto della rivoluzione femminista poiché le donne non reggono più il teatrino della virilità egemonica, non lo alimentano con il proprio consenso.
Dentro questa scena si vede anche quanto sia ancora parziale la presa di parola maschile di fronte alla libertà femminile.
Sarà decisivo che gli uomini si misurino con quello che accade nelle relazioni con donne libere e che provino a metterlo in parola, perché se l’esperienza soggettiva resta muta non si aprono spazi di libertà. Solo così i “nuovi modelli maschili”, che oggi sono un disegno tracciato nei numeri e nei grafici di un’inchiesta, potranno diventare realtà.
(www.libreriadelledonne.it, 1 dicembre 2025)