Ragazze e Algoritmi: una spiegazione
Luisa Muraro
23 Settembre 2016
Lo strano titolo della Redazione allargata VD3, 11 sett. 2016, ha un significato che si è chiarito con l’incontro dell’undici, in parte. In parte resta da chiarire, mi sono resa conto, anche da parte mia che l’ho ideato. Preciso che l’ho ideato come una situazione più che come un tema. Mi pare che l’incontro sia andato bene, ha fatto affiorare temi e problemi.
Racconto l’inizio. Un anno fa ho incontrato una giovane anzi giovanissima donna dal carattere combattivo, di nome Luisa C.B. Ha cominciato a venire alla Libreria delle donne di Milano, via Pietro Calvi 29, e un giorno mi ha detto: “con voi della Libreria non dico che sono femminista, non me la sento, ma con le mie amiche e amici lo dico, perché è oggettivamente così”.
Ha aggiunto altre cose, fra cui che la parola “oggettivamente” le piace. Ha accettato volentieri la mia proposta d’introdurre con me la redazione allargata di VD 3.
In effetti, lei è veramente femminista, lo è nel senso oggi più condiviso: l’uguaglianza tra donne e uomini non è ancora raggiunta. Va detto però che questo senso di una giustizia ancora negata alle donne, non è accettato da alcuni della sua età, maschi un po’ sbruffoni o forse veramente antifemministi. (Il che si nota anche a livello mondiale.) Quando nascono conflitti, ci ha raccontato, lei rivendica il suo femminismo, ma nota con disappunto la riserva in cui si tengono pubblicamente amici e amiche. A questo proposito ha parlato di una comfort zone, concetto per me nuovo. Fa capire qualcosa della reticenza giovanile e femminile, nonostante la libertà di parola che c’è grazie alla rete. Ma in presenza e in pubblico…
Perché, con noi della Libreria, Luisa C.B., pubblicamente combattiva, esita a dichiararsi femminista?
Anche questa sarebbe reticenza? No. Secondo me, essendo lei una tipa intelligente, ha avvertito che per noi c’è dell’altro oltre alla questione dell’uguaglianza non raggiunta tra donne e uomini. Lo sente ma non sa che cos’è.
Che cos’è, in effetti? Noi crediamo di saperlo compiutamente ma la nostra è una mezza presunzione. Sappiamo dirlo, sì. Si tratta di far venire al mondo il senso libero della differenza sessuale, dentro di sé, nei rapporti con gli altri e nella cultura vissuta a quei livelli per cui diventa creativa.
Ben detto ma anni di frequentazione, letture, scritture, convegni, citazioni, ci fanno credere di avere messo al sicuro l’essenziale, ossia quello che è stato il movente effettivo della rivolta delle donne. Una Carla Lonzi mirava alla libertà, non all’emancipazione.
Stiamo parlando di un’impresa non solo del femminismo, ma dell’intera civiltà umana, oggi. Impresa di cui è difficile comunicare il movente, che è un desiderio soggettivo, e la misura, data dalla libertà personale. Doppiamente difficile in una cultura dove gli scambi crescono a dismisura, e corre per ciò stesso il rischio di perdere la sua plasticità.
La rigidità meccanica, ecco il problema che pongono gli algoritmi utili a governare la massa sterminata dei dati, i famosi big data forniti dagli utenti della rete e disponibili a pochissimi. Sapete che i droni uccidono (effetti collaterali a parte) terroristi non giudicati ma calcolati come tali con un margine di errore non umano ma statistico?
A suo tempo, come qualcuna ricorderà, abbiamo parlato di un cambio di civiltà, anche sulla rivista Via Dogana: pensavamo alla libertà femminile che avrebbe trasformato donne e uomini nel modo di essere e di relazionarsi. Allora era più facile vederlo. Un cambio di civiltà è in corso, le donne c’entrano non poco, ma il cambiamento non rispecchia visibilmente l’opera di una crescente libertà femminile, che pure esiste. Luisa C.B., nell’incontro di VD 3, ha testimoniato l’una e l’altra cosa.
E questo è diventato per me un punto di partenza. Spero che lo sia anche per altre.