«Quando si sogna da soli è solo un sogno, quando si sogna insieme è la realtà che comincia”
Michela Risi
21 Agosto 2025
Due donne, la Puglia, l’idea di un camper e un inizio più che incerto ci insegnano quanto sia importante non smettere di sognare, anche quando la vita sembra imporlo.
Le cose belle non accadono dal nulla: ci vuole volontà, forza, capacità di stare insieme, prendersi la responsabilità di scegliere. Daniela Romano e Antonella Ingrosso hanno scelto di stare accanto a donne e bambini vittime di violenza mettendosi in cammino con loro.
Camper Evviva nasce da un incontro, non casuale, come precisano Daniela Romano (31 anni) e Antonella Ingrosso (41), entrambe pugliesi: il caso non esiste, non c’entra niente. Loro hanno scelto, hanno fatto in modo che dal loro incontro e dalle loro affinità nascesse qualcosa di importante, di duraturo e necessario: l’idea del camper è arrivata tramite un amico e un messaggio whats app che avvertiva della vendita del mezzo.
Che l’amico in questione disse loro di affidarsi a un meccanico di fiducia, che dopo mesi di attese e denaro investito il veicolo fosse ancora immobile, e che l’amico si rivelò alla fine un truffatore è soltanto un gigantesco dettaglio, che le ideatrici del progetto raccontano solo perché funzionale alla dichiarazione di forza e tenacia che fin da subito ha necessariamente caratterizzato l’impresa.
«Pensammo subito alle donne e ai bambini accolti presso la nostra comunità Balbis, in particolare a due bambini, C. e S., di rispettivamente 4 e 5 anni, che provenivano da una storia di estrema povertà educativa, economica e in assenza di legami affettivi sani. Entrambi erano residenti in una piccola cittadina del Salento, in una fattoria senza acqua ed elettricità, a pochi passi dal mare, eppure non lo avevano mai visto, non ne conoscevano l’esistenza: la consistenza, l’odore della brezza marina e il senso di libertà che questo può donare. Non erano mai stati al cinema, non avevano mai assaporato un cornetto caldo a colazione, non avevano mai provato la gioia di mangiare un fresco gelato nell’afoso caldo salentino. Tutte azioni ed esperienze che spesso si danno per scontate, soprattutto se riguardano i bambini». Rendere possibile le esperienze “scontate” mai vissute, poter viaggiare nella propria regione, sentirsi accolti nella realtà che spesso esclude e isola, riconquistare insieme la libertà che una relazione violenta ha completamente annientato, fatto a pezzi, lasciando spesso piccoli testimoni privati anche loro della spensieratezza e della serenità che dovrebbe caratterizzare la loro età, l’infanzia.
Sono questi i principi guida del percorso che Camper Evviva ha avviato e che continua a portare avanti, superando difficoltà ed ostacoli sempre nuovi, con la certezza che solo insieme si possono realizzare i sogni di tutti, nessuno escluso.
Come vi siete conosciute?
«Io, Daniela Romano, ho 31 anni e sono un’assistente sociale all’interno di una comunità d’accoglienza per donne e gestanti con bambini di Brindisi. Antonella Ingrosso, 41 anni, oltre a essere mia amica, è anche una mia collega e facciamo parte della stessa equipe professionale; essendo una maestra d’arte ha il valore aggiunto di mescolare i colori dell’arte all’educazione.
La nostra amicizia è nata nel 2018 durante un progetto Erasmus di formazione professionale organizzato dalla cooperativa sociale “Il Faro”, l’organizzazione presso la quale lavoriamo attualmente. Penso che sia stato solo un ritrovarsi, un incontro di anime che viaggiano lungo la stessa strada e che, come diciamo sempre, nulla accade per caso. Abbiamo subito cominciato a realizzare l’idea che ha dato vita al progetto: unire la passione per quello che facciamo alla volontà di esserci per l’altro, di aiutare coloro che sono in una posizione di svantaggio».
Perché l’idea del camper per aiutare e unire le persone?
«Noi crediamo fortemente che il viaggio possa essere uno strumento educativo alternativo per i bambini e non solo: il camper insegna la condivisione del tempo e dello spazio a 360 gradi. È una piccola casa viaggiante all’interno della quale si dorme, ci si lava, si mangia e tutte queste azioni vengono svolte da più persone in un perimetro molto piccolo; questo comporta necessariamente l’osservanza e il rispetto dei bisogni di tutti, altrimenti regnerebbe il caos. Tra le esperienze più belle che si possono condividere in un viaggio in camper ci sono sicuramente le emozioni: ogni trasferta ci ha regalato e ci restituisce tutt’ora sensazioni e sentimenti unici e indimenticabili, ogni chilometro percorso è fatto di momenti colmi di tristezza, gioia, malinconia, allegria, spensieratezza, ansia, paura, stanchezza e tanto altro. Conserveremo per sempre nei nostri ricordi il viaggio con V., una giovanissima donna vittima di violenza con i suoi due figli, M. e M., in età adolescenziale, anche loro vittime di violenza assistita. Una notte V, io ed Antonella, quando i ragazzi erano già a letto, eravamo sedute attorno a un tavolo, sotto un tendalino di Evviva per rilassarci e godere della frescura di una notte estiva dentro un agricampeggio. La donna a un certo punto inizia a raccontare la sua storia, il suo racconto, parole che le nostre orecchie non avevano mai sentito, sino a quel momento. Decise di aprirsi con noi su dettagli e situazioni circa la violenza subita, che mai si era sentita libera di raccontare in comunità.
Il valore aggiunto di Camper Evviva è anche questo: l’opportunità di essere al di fuori di uno spazio istituzionalizzato e di sentirsi in un’atmosfera di piena libertà e intimità».
In che modo sostenete e supportate la cura delle donne e dei bambini vittime di violenza?
«Oltre alla condivisione agevolata, il viaggio permette, specialmente alle donne vittime di violenza, di poter toccare con mano la libertà e l’indipendenza, che una relazione violenta ruba totalmente, senza alcun consenso. Incontriamo donne che spesso sono abituate a vedere solo le mura della loro casa, che non sanno più cos’è la gioia di passeggiare da sole all’aria aperta, o di esplorare e conoscere un posto del tutto nuovo. I loro occhi non sanno più sorprendersi davanti alle cose belle, sono stati costretti a non vedere più oltre, privati di ogni forma di speranza per un futuro diverso.
Per una donna vittima di violenza il viaggio può essere l’opportunità di indossare un nuovo abito, uno sguardo originale sul mondo fatto di tutto ciò di cui era stata privata prima di allora, permettendole di godere della straordinaria e bellissima sensazione di tornare a sognare.
Per un bambino privato della sua infanzia e di tutto ciò che a questa è legato, il viaggio in camper, oltre a essere opportunità per riaccendersi alla vita e vivere situazioni del tutto muove, può essere anche un ottimo strumento educativo. Viaggiare in questo modo insegna a non sprecare risorse importanti come l’energia e l’acqua, in quanto la disponibilità è sempre limitata, educa al rispetto reciproco e all’ottimizzazione dei propri spazi e di quelli altrui.
Infine il viaggio dà anche a loro la possibilità di vedere la propria mamma finalmente serena e condividere con lei i momenti di sana e libera tranquillità e gioia».
Quali sono i fattori che determinano la meta del vostro viaggio?
«A livello organizzativo sicuramente la stagione fa la differenza. Spesso i viaggi che organizziamo sono in estate, perché è molto più semplice, sia per i posti da visitare e per la possibilità di andare al mare, sia perché in inverno i ragazzi o bambini frequentano la scuola. Crediamo fortemente che non sia la meta l’aspetto essenziale del progetto, quanto il viaggio, il tragitto e il percorso che bisogna tutti attraversare per arrivarci. La nostra bellissima e amata Puglia naturalmente aiuta, perché soprattutto in estate ci dà la possibilità di raggiungere spiagge paradisiache e di godere di acque cristalline, che spesso le donne e i bambini accolti nella nostra comunità non hanno mai potuto vedere. E poi ci sono città stupende da visitare tra cui Ostuni, Locorotondo, Alberobello, Gallipoli, presso le quali siamo già state. Possiamo dire con certezza che, sebbene i viaggi siano stati realizzati con bambini e donne per la maggior parte pugliesi, per molti di loro questi luoghi erano del tutto nuovi: diamo per scontato che tutti possano fare o vedere cose e posti a noi così vicini, come ad esempio il mare, che ogni bambino in estate possa godere di un tuffo nel mare o di giocare con paletta e secchiello sulla riva, ma purtroppo questa non è la realtà. È proprio per questo motivo che preferiamo scegliere tutte insieme destinazioni vicine, ma spesso sconosciute».
Riscontrate difficoltà a svolgere un progetto di questo tipo in Italia?
«Possiamo sicuramente affermare che mancano sostegni a progetti piccoli come il nostro, soprattutto istituzionali. Non è semplice tenere in piedi Evviva Camper economicamente senza alcun tipo di attenzione o supporto. Ma questo non ci ha scoraggiato, anzi ci ha spinto ad andare avanti con le nostre forze, attraverso la realizzazione di gadget fatti a mano, che ci permettono di raccogliere le risorse necessarie a garantire la continuità del progetto come la manutenzione e assicurazione del camper e dei soci, i costi legati all’associazione, al carburante, al commercialista che ci aiuta con le pratiche, comprese tutte le spese relative ai viaggi con donne e bambini ecc.
Il sistema burocratico italiano non ha di certo agevolato il nostro cammino e tutt’ora non lo rende semplice, ma nonostante tutto andiamo avanti, grazie anche a tutti gli italiani che scelgono di donarci un contributo personale. Sono loro il nostro più potente motore, la nostra “gasolina”, è grazie a loro che Camper Evviva oggi è ancora presente e pronto a percorrere altri infiniti chilometri di emozioni».
(www.libreriadelledonne.it, 21 agosto 2025)