Per muoversi libere nella politica
Paola Mammani
30 Giugno 2023
La relazione introduttiva di Chiara Zamboni in occasione della redazione della rivista Via Dogana Tre dell’11 giugno scorso è stata per me particolarmente preziosa. Orientarsi con l’amore, diceva l’invito, indicando un tema fondativo, e variamente declinato, del pensiero politico delle donne per come oggi lo conosciamo e pratichiamo.
Voglio ricordarne almeno due forme memorabili per molte della mia generazione: l’amore della figlia per la madre, come si legge nella relazione di Laura Colombo con riferimento al pensiero di Luisa Muraro ne L’ordine simbolico della madre del 1991, e l’amore che le donne hanno rivolto alle loro simili, secondo la pratica proposta da Antoinette Fouque nel gruppo Psychanalyse et Politique nei primi anni ’70, ripresa e rielaborata nel pensiero di Lia Cigarini (vd. introduzione a I sessi sono due di Antoinette Fouque, 1999). Queste invenzioni simboliche ci permisero allora di vedere quella corrente viva di relazioni che aveva da sempre percorso il mondo delle donne. La scelta di Chiara Zamboni di partire dall’amicizia tra donne come fatto originario è un ulteriore passo simbolico che ci rafforza e rallegra. Siamo amiche, lei parte da lì, semplicemente, e l’amicizia, secondo le sue parole, «ha come suo centro il fatto di confrontarsi nella vita e sul suo senso», e aggiunge che «una ricerca di senso che riguarda la vita, facilmente può diventare politica». Con tratti essenziali e felici Zamboni ci dice che l’amicizia «è politica in quanto ha a cuore il mondo. L’amore per il mondo è ciò che ci unisce e ci fa cercare. Ci fa desiderare di trasformarlo». Segnala poi la differenza che intercorre tra l’amicizia politica e la semplice relazione politica tra donne. Se la prima ci fa cercare «l’altra per pensarlo [il mondo] – perché cerchiamo una misura – anche da posizioni che possono essere diverse […] le relazioni politiche sono molto più libere. Fluide. Leggere. Si possono creare relazioni politiche anche con chi sentiamo lontana o lontano quanto a piano profondo dell’esistenza. È sufficiente che si crei una comune scommessa di trasformazione del mondo e di modificazione di contesti vissuti assieme.[…] una relazione politica si scioglie senza sofferenza, quando non ci sono le circostanze che l’alimentano».
Non posso qui riassumere, come è ovvio, la ricchezza del contributo che è possibile leggere nella sua interezza in questo numero online di Via Dogana. Ho solo riportato alcuni dei tratti con cui Chiara Zamboni caratterizza tre forme di relazione tra donne che, utilizzando un’espressione ricorrente nel pensiero di Lia Cigarini, chiamo “figure dello scambio”: quei modi, quelle forme, cioè, con cui scambiamo, tra donne, sapere, autorità, senso della vita, amore per il mondo e gli esseri che lo abitano e perciò anche desiderio di cambiarlo.
Ho subito provato un senso di sollievo, ascoltando la relazione, come accade quando una impasse del sentire e del pensiero, si libera in una nominazione adeguata. Di recente mi è capitato di confrontarmi con donne molto impegnate nel contrasto alla cosiddetta maternità surrogata, al sex work e alle altre nuove forme di mercificazione dei corpi – in particolare di donne e bambini – che tuttavia trovano giusta e adeguata la risposta bellica che l’Ucraina, la Nato e l’Europa tutta, hanno deciso di opporre a Putin. Mi sono detta, ma che mi importa se lei combatte per la dignità di donne e bambini quando si tratta di “utero in affitto”, ma poi non riconosce il nonsenso e l’orrore della guerra, quale che sia? Ero convinta che non si trattasse di un buon pensiero, di un buon pensiero politico, intendo, e quindi sono rimasta in mezzo al guado senza sapere come nominare o come sciogliere il nodo. La formulazione di Chiara Zamboni mi ha subito sollevata. Ho capito che rimanevo incastrata in una “figura dello scambio” incongrua, inadatta a definire quella relazione. Non di amicizia politica si trattava, bensì di più semplice relazione politica, di quelle dalle quali ti accommiati se il contesto non è più convincente o nelle quali puoi rimanere per condividere un disegno comune ma definito. Mi chiedo, però, perché rimanessi così impigliata nel disagio, quasi nella sofferenza. Mi rispondo – e ne parlo solo perché penso che anche ad altre possa succedere – che troppo spesso mi incaponisco a volere amicizia politica. È come una pretesa d’amore che si rivela, oltre che inutile, controproducente. Restringe il mio mondo invece di allargarlo. Le figure dello scambio che Chiara Zamboni ci propone fanno proprio il contrario, ci mettono in relazione differenziata e duttile con le altre. Quanto più la rete delle relazioni può allargarsi senza che vi restiamo impigliate, tanto più la nostra scommessa sul mondo può risultare vincente.