Per i 50 anni della Libreria delle donne un percorso di libertà
Mirella Leone
11 Luglio 2025
da Leggendaria
I cinquant’anni della Libreria delle donne di Milano vengono festeggiati anche con tre numeri speciali cartacei di Via Dogana, la rivista politica delle donne, nata nel 1991. Il n.1 Speciale, il primo di tre, dal titolo È ora di andare via, è uscito in febbraio 2025.
La lettura di questa rivista è un percorso inaspettato perché inaspettato è il filo conduttore che si percepisce sin dall’inizio. Ora chiaro e manifesto, ora sotteso, si nasconde per poi irrompere: è la libertà femminile. Viene declinata in vari modi, o inclusa implicitamente fra le righe dalle autrici degli articoli, ma sempre cattura la nostra attenzione.
Si presenta chiaramente nel titolo dell’articolo Distorsioni di libertà di Daniela Santoro e ammicca in un altro, Shirin Neshat e la liberazione dello sguardo,di Rosella Prezzo. In quest’ultimo articolo, dedicato all’opera dell’artista iraniana Shirin Neshat, la libertà è sottesa nelle «linee vibranti che ne [dell’immagine femminile] liberano il senso» edè nelle vicende biografiche dell’artista, come suo obiettivo di lotta e di vita, espresso dal grido “Donna, vita e libertà”. Di libertà femminile e di architettura ci parla Francesca Pasini, ma il nesso forte di Arte-Politica è, soprattutto, nell’articolo di Laura Minguzzi, là dove la libertà è indicata dall’autrice come la linfa vitale di questo nesso. Minguzzi dipana la storia della band Pussy Riot, quattro donne russe che dal 2011 lottano contro la guerra per la pace e la libertà. E proprio della libertà viene privata la loro leader Maša Alëchina che racconta in un libro la sua persecuzione. Quindi, non solo questo libro, ma tutte le performances della band ci vengono mostrate da Minguzzi come espressioni artistiche con una forte valenza politica libertaria: perché sono mezzi di lotta politica di donne, mosse dal desiderio di libertà e lanciate alla conquista della libertà stessa, per sé e per l’Altra/Altro. Così «la storia diventa un’altra storia»e nell’attributo “altra” c’è tutta la carica rivoluzionaria della libertà. Rivoluzionaria è anche la parola autorevole delle donne sulla scena pubblica: infatti, cambia il concetto stesso di parola umana, perché ha il suo presupposto nella libertà, come si evince dall’articolo di Giordana Masotto.
Nuccia Nunzella sembra andare alla ricerca della libertà nei libri che utilizza come una bussola per arrivare finalmente a scoprire in uno di questi l’incognito di una libertà da conquistare.
Inoltre, la libertà emerge nelle denunce, rispettivamente di Annarosa Buttarelli e di Daniela Santoro, nei confronti dell’attuale destra governativa e delle sue eclatanti mistificazioni ai danni del femminismo.
Buttarelli, andando al di là del contingente, dichiara: «[…] le cosiddette destre di ieri e di oggi, agiscono con la privazione progressiva delle libertà anche individuali[…] Tutto questo è senza ombra di dubbio distruttivo della libertà femminile».
Daniela Santoro focalizza la libertà femminile per evidenziarne le“distorsioni”nel campodel linguaggio, dal momentoche, come ci ricorda, «la lotta per la libertà femminile continua, infatti, a intrecciarsi profondamente con il linguaggio».
Secondo Santoro avviene attualmente, da parte di Meloni e Roccella, «[…] un vero e proprio scippo del linguaggio del femminismo (e di conseguenza del simbolico), trasformandone il nucleo concettuale […] e usandolo come scudo davanti a politiche repressive. Tutto questo […] depotenzia le parti in gioco nel campo di battaglia per la libertà femminile».
Il presente è anche tragico e la tragedia irrompe con un grido di dolore nell’articolo di Renata Sarfati, Israele Palestina pensare le cose come sono, in cui la pace invocata implica la libertà di scegliere la vita e non la morte.
A proposito della storia, non mi soffermo sulla dialettica passato-presente, che appare in parecchi scritti della rivista, e in cui la libertà ha un ruolo fondante, perché meriterebbe un’analisi a parte.
Si possono concludere queste brevi note con la domanda finale di rito: la via da percorrere quale è? Luisa Muraro sottolinea che non è quella della libertà femminile intesa come parità. Eppure, secondo Mirella Maifreda e Tiziana Nasali, il concetto di libertà femminile come equiparazione agli uomini esiste nella narrazione di stampa e dei social. È vero. Allora, che cosa fare? Possiamo, innanzitutto, rispondere con le parole di Daniela Santoro che, alla fine del suo articolo, scrive che è necessaria la «risemantizzazione della libertà delle donne riportandola al centro del discorso a partire dal caos post-patriarcale riconoscendone la portata trasformativa come nel 2022 ci invitava Dominijanni».
Comunque, ineludibile è la dimensione pratica della lotta, come sostiene Poonam Bruni nel suo articolo, il cui titolo Che fine ha fatto la pratica? è un interrogativo carico di molti significati. Il presupposto, secondo l’autrice, è una liberazione:«a lotta contro il proprio maschilismo interiorizzato nemico subdolo dei nostri giorni».
Il traguardo di questo percorso ideale potrebbe essere la conclusione di Lia Cigarini: l’autrice rivolge lo sguardo all’orizzonte, ad una società in cui la libertà si potrà concretizzare in modo preciso e definito, incarnandosi in «donne libere e uomini liberi».
Perciò, superando la dialettica passato-presente, viene prefigurato, fra storia ed utopia, ovviamente intesa in senso rivoluzionario, il futurofondato sulla libertà.