Per Consuelo Kanaga la fotografia può cambiare il mondo
Manuela De Leonardis
25 Luglio 2025
da il manifesto
“Catch the Spirit”, curata da Drew Sawyer e Sondra Gilman al Brooklyn Museum di New York, fino al 3 agosto
Tre donne sotto gli alberi, ognuna con il proprio apparecchio fotografico. A scattare la fotografia in bianco e nero, nel 1952, è Alma Lavenson che si autoritrae con Imogen Cunningham e Consuelo Delesseps Kanaga. Un’amicizia di lunga data unisce queste grandi fotografe del secolo scorso che hanno lavorato con passione, lasciando un testamento visivo di grande forza nel raccontare il loro tempo. Alma Lavenson è autrice anche del ritratto seppiato degli anni Trenta, erede di un certo pittorialismo, in cui “Connie” (come veniva affettuosamente chiamata da amiche e amici) ha il palmo delle mani rivolto verso l’alto. Anche questa immagine è nella teca che contiene la Rolleiflex con alcuni rullini non sviluppati (proveniente dalla Saul Leiter Foundation) con cui inizia il percorso espositivo Consuelo Kanaga: Catch the Spirit, curata da Drew Sawyer e Sondra Gilman al Brooklyn Museum di New York (fino al 3 agosto).
La mostra fa parte delle celebrazioni per i 200 anni del museo newyorkese che nel 1993 aveva organizzato la prima retrospettiva dedicata al lavoro di Kanaga (di cui è conservata una vasta collezione dell’archivio con oltre duemila negativi e stampe), in collaborazione con la Fundación MAPFRE e il Museo d’Arte Moderna di San Francisco. Tra le pioniere della fotografia americana moderna, Consuelo Kanaga (Astoria, Oregon 1894-Yorktown Heights, New York 1978), secondogenita del giudice Amos Ream Kanaga e di Mathilda Carolina Hartwig, è nota per i suoi ritratti diretti, la grande capacità narrativa e soprattutto l’apporto al fotogiornalismo in una chiave fortemente empatica e partecipativa, non solo puramente documentaria. Kanaga inizia la carriera di fotoreporter nel 1915 collaborando ventenne con il San Francisco Chronicle: è nella Golden City che stringe amicizia e frequenta Imogen Cunningham, Dorothea Lange, Tina Modotti e Edward Weston con cui espone come membro non ufficiale del gruppo f/64.
Quando, poi, nel 1922 si trasferisce per la prima volta a New York per lavorare per il quotidiano The New York American conosce Alfred Stieglitz che la incoraggerà a indirizzare il suo personale approccio al fotogiornalismo sviluppando le potenzialità estetiche del mezzo fotografico: altra caratteristica innegabilmente legata al suo modo di cogliere il “reale”. Kanaga fotografa fiori (soprattutto camelie), oggetti e ambienti domestici, scorci urbani e persone, inclusa se stessa modello per sperimentazioni tecniche nell’uso della luce e della prospettiva. Tra i numerosi ritratti esposti – la mostra è suddivisa nelle sezioni “Fotogiornalismo e città”, “Ritratti”, “Americani all’estero”, “Fotografia e scena americana”, “Ritratti di artisti”, “Viaggi nel Sud degli Stati Uniti” e “Studi sulla natura” – sono presenti i volti di amiche e amici fotografi e artisti, tra loro Louise Dahl-Wolfe (insieme viaggiano nel ’27 e ’28 in Francia, Germania, Ungheria, Italia e Tunisia), Alfred Stieglitz a Lake George, W. Eugene Smith e la compagna Aileen Mioko, Mark Rothko, i pittori Morris Kantor e Milton Avery, lo scultore e designer Wharton Esherick, la fotografa giapponese Eiko Yamazawa (che a sua volta ritrae Kanaga nel 1955), Saul Leiter e l’attivista femminista Barbara Deming sostenitrice del cambiamento sociale non violento. Come sosteneva Consuelo Kanaga (la citazione è stata d’ispirazione per il titolo stesso della mostra Catch the Spirit) «Quando si fa una fotografia, è in gran parte un’immagine del proprio io. Questa è la cosa importante.
La maggior parte delle persone cerca di essere appariscente per catturare l’attenzione. Penso che il punto non sia catturare lo sguardo, ma lo spirito.» Con sensibilità, rispetto e coinvolgimento, la fotografa è una significativa portavoce delle discriminazioni razziali negli Stati Uniti, dalle grandi città alle campagne, dalla Florida al Tennessee, dalla Georgia alla California. «La povertà è un tema tenero e terribile, da affrontare in ginocchio» è un’altra sua frase che si riflette nei volti dei bianchi e dei neri, della vedova Watson con il figlio a New York (The Widow Watson, 1922-24) o della madre con i tre figli piccoli in Malnutrition (1928). Da vicino e senza pietismo Kanaga ha raccontato la condizione della popolazione afroamericana e dei lavoratori migranti, recandosi più volte anche a Taos, in New Mexico, dove l’amico Walter P. Lewisohn lavorava alla produzione dei film Navajo Indian Life (1956) e Navajo Night Dances (1957) in collaborazione con il National Council of American Indians. Tra le sue immagini più iconiche figura quella dei tre ragazzi neri di profilo, realizzata ai tempi in cui la fotografa collaborava con la Photo League, pubblicata sulla copertina del Sunday Worker (storico quotidiano comunista) il 1° maggio 1936 – We are the Youth! è il titolo del pezzo firmato da Adam Lapin – nonché She is a Tree of Life (1950), scelta da Edward Steichen per la monumentale esposizione fotografica The Family of Man al MoMA di New York nel 1955; successivamente pubblicata nella copertina della rivista cattolica Interracial Review gennaio 1964).
Ma tante altre rappresentano l’identità dei Neri e del New Negro Movement («Harlem Reinassance»): sembrano immagini antiche quelle delle donne nere del Sud vestite di bianco o colte al lavoro nei campi (come le descrive Toni Morrison in molti suoi romanzi), ma l’obiettivo della fotografa è diretto anche verso personaggi come il cantante e attore Kenneth Spencer, il poeta e intellettuale Langston Hughes, lo scultore Sargent Claude Johnson (la memoria della composizione formale della sua scultura Forever Free è percepibile in She is a Tree of Life) e William Edmonson che figlio di schiavi del Tennessee è stato il primo artista afroamericano a cui il MoMa, nel 1937, ha dedicato una mostra personale. Ritratti in cui l’autrice si concentra sui dettagli dello sguardo, sull’espressione del volto talvolta serissima e poi con un accenno di sorriso, come gli scatti in sequenza del ’36 a Angelo Herndon, sindacalista e membro afroamericano del Partito Comunista degli Stati Uniti (CPUSA) che quattro anni prima era stato condannato a vent’anni di lavori forzati con l’accusa di aver tentato di incitare all’insurrezione in Georgia, guidando una manifestazione di disoccupati afroamericani e bianchi per protestare contro i tagli alle razioni di soccorso.
In seguito era stato arrestato per possesso di letteratura comunista e accusato d’insurrezione. Il suo caso fu celebre tra gli ambienti della sinistra e dei diritti civili, grazie ai quali fu rilasciato prima di scontare l’intera pena, come è documentato nelle memorie legali e in altri documenti conservati presso lo Schomburg Center for Research in Black Culture in Harlem della New York Public Library. Che «la fotografia possa cambiare il mondo», quindi, per Consuelo Kanaga è molto più che una semplice affermazione.