Parole che creano realtà, una storia nella rete che continua
Laura Minguzzi
18 Giugno 2019
Colloco il mio nuovo approccio al femminismo, molto differente dagli inizi, al 2001, quando vide la luce il sito della Libreria, sulla spinta del desiderio delle due “webmater” Sara G. e Laura C.. Fu un desiderio che mi trasportò come su un tappeto volante nel mondo virtuale. Ho deciso allora di ascoltare e seguire le due giovani donne perché ho sentito in loro forza ed energia. Fui come trascinata da un vento impetuoso. La paura di volare c’era, ma il fatto di avere mantenuto il giovedì come incontro della redazione del sito era per me un legame con la mia pratica storica, un segno-fatto simbolico.
Mi sono affidata, diciamo la verità. La presenza viva era salva, cosa che per me contava e conta parecchio. Mi appassionai alla ricerca linguistica per confezionare il sito e dare un nome alle stanze dove collocare i miei desideri, le mie parole, le mie relazioni e quelle ignote che sarebbero arrivate dalle nuove relazioni-connessioni. Passavo molto tempo a trascrivere gli incontri in Libreria per postarli e farli conoscere. A volte accadevano fatti curiosi. Mi capitava di ricordare ad alcune amiche della Libreria che ogni giovedì alle diciannove c’era il sito e dopo si stava insieme a cenare. Loro o non lo sapevano o lo dimenticavano non essendo interessate. Anni di passione in cui ero nella rete in modo attivo e nei social networks in modo passivo. Amavo e amo tuttora lo scambio via e-mail, cui si sono via via aggiunti whatsapp, instagram e messenger. La mia pagina facebook l’ho usata e la uso tuttora postando articoli di giornale, i miei viaggi o altro materiale informativo; non sapendo come funziona la macchina non posso interagire in modo critico e attivo, ma è stato un modo per mantenere un contatto-scambio, un filo di comunicazione di parole o immagini, teso in equilibrio fino al prossimo incontro o alla prossima riunione, come preludio a… Un’aspettativa che a volte si è realizzata. Con alcune mie ex-alunne ci siamo scambiate foto di viaggi e notizie e anche in qualche occasione non detti sulla nostra relazione. Ho abbandonato da poco questo tipo d’interazione con loro quando ho capito che mi ero illusa, lo scambio si fermava lì, non c’era evoluzione. Quei pochi tentativi che ho fatto per interagire ed esprimere il mio punto di vista commentando notizie o fatti di cronaca sono stati dei veri boomerang che mi hanno convinta a lasciar perdere. Essere nella rete, infatti, non significa essere su facebook come da molte, molti è stato sottolineato.
Ho pensato spesso in questi anni e oggi ancora di più a quanto mi diceva mia zia nel secolo scorso: per le cose importanti non devi né telefonare né scrivere ma andare di persona. E l’esperienza in molti casi me l’ha confermato. Come è capitato di recente con Jasmine, una giovane dottoranda di Oxford. Dal sito alla telefonata e poi l’incontro, in un crescendo dove c’è dentro un desiderio di politica che trascende con una schivata i pericoli cui il mezzo espone con un linguaggio che ha interrogato la mia curiosità e acceso libere associazioni col raffronto fra le parole inglesi e la traduzione italiana. Una parola che lei ha usato durante il nostro incontro a Oxford mi ha fatto pensare a Ildegarda di Bingen, allargando il mio campo di visione in termini genealogici oltre che di immaginazione.
In quel periodo cruciale, il passaggio nel nuovo millennio, mi capitò un fatto di cui solo oggi capisco l’enorme portata simbolica: ricevetti una comunicazione burocratica di fine di un rapporto di lavoro via internet e la cosa mi colpì dolorosamente. Rimasi paralizzata dall’impotenza e incredula. Mi risollevai per fortuna contaminata dal desiderio delle giovani webmater della Libreria e decisi di sostenerle in questa impresa. Prima difficoltà fu abituarmi alla velocità con cui avvenivano gli scambi.
Il tempo fu l’elemento di scarto e ora ne comprendo il senso: i vent’anni che ci separano significano un cambio generazionale. È stato per me un allenamento all’accelerazione che la globalizzazione ha portato nella mia vita e nella vita di tutti. Bisognava attrezzarsi. Due ore passate insieme alla redazione del sito ogni giovedì per intensità equivalevano, equivalgono a un pomeriggio intero o a un salto di paradigma come si dice oggi… Era un assaggio del cambio di civiltà. Donne protagoniste che corrono con i lupi furono il titolo di un libro e di un numero di Via Dogana cartacea. Oggi si parla di leoni da tastiera. Nei social networks spesso si urla, si usa un tono inadeguato, si offende, si è fuori misura; lì si riversano le viscere sofferenti di chi non trova più orecchie disponibili all’ascolto amoroso gratuito. C’è chi gratta le viscere e ne ottiene consenso politico. L’umana richiesta di riconoscimento ha trovato spazio in questi canali. Perché non ci sono più orecchie femminili che un tempo pazientemente stavano in ascolto e facevano questo lavoro? Forse una domanda fuori luogo ma me la sono posta. Le donne sono altrove, non hanno più tempo. La violenza del linguaggio può rappresentare lo specchio deformato di una società in cui le donne non sono più disponibili all’oblatività. Né subalterne, né subordinate. Noi sappiamo come trattare le sofferenze avendo sperimentato la passione della differenza, l’estraneità e dato voce all’inconscio. Il lavoro dell’inconscio è lavoro del pensiero. Io ho deciso di stare sempre offline di notte per tenere sgombre le vie insondabili dell’inconscio e al mattino decifrarne il linguaggio.
La scommessa potrebbe essere oggi di trasformare l’intimità, il fuori misura, la sofferenza, l’informe degli scambi in rete in uno spazio di trasformazione soggettiva, cioè in politica. I luoghi reali che abbiamo costruito negli anni sono, in effetti, questo connubio ibrido di relazioni intime – “relazioni spesse” per citare Pascale Molinier – che agiscono in un luogo pubblico in una cornice che spazia in una visione che tutte le/ i protagoniste/i, a qualunque titolo presenti, contribuiscono a costruire con parole, desideri, gesti, denaro, lavoro, opere d’arte, libri, relazioni, conflitti, condivisione di una prospettiva…
Un lavoro di ascolto e di scrittura che richiede tempo, attenzione e cura per le parole che si usano. Lo stato d’animo di quando scrivo un’e-mail per esempio è lo stesso di una volta quando scrivevo una lettera con francobollo e ne ho scritte tante… Attendo fiduciosa una risposta. Avere autorità nella rete significa avere l’ambizione di fare della rete uno spazio di trasformazione soggettiva come lo sono la Libreria e il Circolo della rosa, luoghi autonomi, dove nell’intreccio di relazioni si mescolano cultura, politica, lavoro, creatività, intimità e presenza nello spazio pubblico, senza più distinzioni fra dentro e fuori. Abbiamo sviscerato con fatica nodi, angosce, frustrazioni, aggressività, polemiche, ansie, difficoltà, preferenze e rifiuti, gioie e dolori, desideri differenti e trovato soluzioni; armate solo della lingua madre abbiamo dato forma alla materia vivente inventando figure simboliche e parole di mediazione che contaminano, come dimostrano i recenti movimenti globali del #MeToo e dei giovani e non, in nome di Greta T.