Nutrire il pensiero
Michela Risi
26 Giugno 2025
Da qualche mese ho cominciato a frequentare la Libreria delle Donne. Sapevo della sua esistenza e della portata storica del luogo e delle donne che lo avevano creato, ma per qualche motivo non ne avevo mai varcato la soglia. Quando è successo, ho maledetto tutti i giorni in cui avevo pensato di andarci e non l’ho fatto.
Ho venticinque anni, sto per concludere il mio percorso di studi universitari e sono abbastanza sicura che, se avessi frequentato prima la Libreria delle Donne, durante gli anni iniziali dell’università, sarei stata in grado di vivere, studiare e affrontare meglio tutto quello che riguarda il percorso accademico: le lezioni, gli esami, il rapporto con i docenti, con i miei colleghi, la frustrazione, l’ansia e anche il sollievo e la serenità.
Avrei avuto un luogo dove rifugiarmi senza nascondermi, dove scappare e allontanarmi per tornare più istruita, educata e ricca di parole, pensieri, riflessioni e amicizie, che nessun corso universitario da me conosciuto sarebbe stato in grado di procurarmi. Avrei avuto più risorse alle quali aggrapparmi, più tempo per caricarmi e interiorizzare, dando un nome e un luogo, le nozioni che man mano acquisivo. È questo il lavoro che sento di fare ogni volta che entro nella Libreria delle Donne: mi sembra che tutto quello che faccio abbia un senso, perché le donne che sto conoscendo danno un senso a quello che faccio, tutto ciò che pensano, dicono, analizzano e condividono mi rapisce e, sebbene spesso fatichi a immagazzinare tutto, so che ogni sospiro lì dentro sarà utile, necessario e vero.
Ci sono molte cose che mi hanno stupita, che conservo gelosamente e tento di imitare nella mia vita quotidiana: il rispetto reciproco che le donne della Libreria nutrono per ciascuna, il modo di parlare e gestire gli eventi così scambievole, partecipativo e coinvolgente, la condivisione del tempo, dei propri pensieri e perplessità, del cibo. Sono stata abituata a lezioni universitarie, presentazioni di libri o conferenze presentate da una persona che rivolge domande ad un’altra/o, in modo assolutamente rigido, pianificato, calcolato e privo di intoppi. Che gioia scoprire che è possibile la condivisione libera, spontanea, doverosamente rispettosa, anche se non programmata nei minimi dettagli. I momenti di interruzione inattesi, prima che l’ospite in Libreria concluda il suo intervento, sono i miei preferiti: in qualsiasi altro luogo un gesto del genere verrebbe interpretato come mancanza di rispetto, intromissione e arroganza, mentre in Libreria le donne che “interrompono” hanno lo scopo di nutrire il pensiero dei presenti: questo condividere subito ad alta voce un pensiero appena nato, una parola immediata, un discorso intuitivo non ancora formato mi sembra completamente fuori corrente. Dove possiamo permetterci di parlare anche se non sappiamo dove andrà a finire il nostro discorso? In quale luogo possiamo sentirci capite anche se non troviamo le parole giuste al momento giusto, anche se abbiamo deciso noi di prendere parola e non sentirci derise per questa mancanza? Con quali persone possiamo sentirci libere di iniziare un pensiero e lasciare che sia un’altra a concluderlo?
Io l’ho visto fare solo qui, in Libreria.
Il dialogo costante tra queste donne mi ha subito catturata; si tratta di un dialogo che non si placa mai, anzi è scandito costantemente da eventi, presentazioni di libri e progetti, che incorniciano una conversazione che non ammette conclusioni o battute di arresto.
Ci sono comunque delle regole da seguire alle quali tutte, in maniera assolutamente istintiva e spontanea, decidiamo di obbedire: è doveroso ascoltarsi con cura, rispetto e volontà di dare spazio alla voce di tutte, è d’obbligo comprendere la grandezza, l’importanza e la necessità del valore delle donne e del luogo che hanno creato. Si entra in Libreria per costruire, non per distruggere. La solennità che si respira in Libreria mi ha contagiata e condizionata, le donne che sto imparando a conoscere mi insegnano continuamente che esistono modi e possibilità di vivere e di essere donna diversi, creativi, che capisco e mi fanno stare bene. Alla Libreria delle donne si impara a stare insieme, a godere delle cose belle, a comprendere la difficoltà nel crearle, si mangia insieme ed è chiaro che ognuna deve darsi da fare per aiutare, mettere a posto, fare ordine, portate un bicchiere d’acqua. Bisogna accorgersi delle cose, in Libreria tutto ha un valore, tutto è necessario. Condividere non è sempre facile, non si può fare con tutte allo stesso modo: qualcuna ha testimoniato che non sempre quello tra donne è un rapporto semplice, regolare e lineare; ci sono stati anche fallimenti e rotture, ma, come sto imparando, è riconoscere l’autorità delle altre che predispone il riconoscimento della mia.