Nuove connessioni con improvvise aperture
Donatella Massara
16 Giugno 2021
Sono stata molto bene nell’incontro della redazione aperta di Via Dogana del 6 giugno, mi sono ritrovata nell’intervento di Antonella Nappi, nella sua puntuale autocoscienza ho riconosciuto delle parti di me che lei ha sistemato in concetti chiari, giudizi appropriati. Tutti gli interventi presentavano aspetti dell’esperienza vissuta nella comunicazione da remoto e di come ognuna vede il tempo nostro.
Però mi sono soprattutto interessata all’intervento di Francesca Bigardi perché mi ha fatto capire qualcosa in più sulla sensazione di irresponsabilità, che a volte vivo nell’azione politica attraverso Internet. Ho molto apprezzato l’esporsi di Francesca a partire dalle sue conoscenze, mi è piaciuto quel suo posizionarsi nell’essere con quello in cui crede, unica donna sul suo lavoro a occuparsi di informatica, ho visto una possibilità di narrazione che ha rigenerato i punti chiave della pratica femminista che ha appreso da sua sorella, ma offrendo nuovi intrecci che mettono in discussione la solita e scontata visione dell’inimicizia delle donne con la tecnologia. Dopo avere subito al ginnasio un professore di matematica sadico e impreparato a insegnare agli adolescenti, grazie anche alle lezioni di mio padre che si era preso pena della mia procurata ottusaggine, ho trovato, vari decenni dopo, nell’informatica o meglio nell’uso del computer una risorsa da non trascurare e su cui era bene stare preparate. Con il mio gruppo Donne di parola che è anche una web-radio e una compagnia teatrale produciamo testi teatrali che sono per noi una pratica politica. In questo periodo tre testi, di cui due in tempo di pandemia.
Nonostante sia immersa in queste comunicazioni a distanza, una creazione di parole, immagini e pensiero che tiene conto dei mezzi con cui verrà trasmessa, oltre che recitata in presenza, ho avuto spesso un’impressione di irresponsabilità, di leggerezza, di non appartenenza completa, nel mio intimo, a quello che stavo facendo. Eppure è da vent’anni che sono collegata con il mondo dei computer, ho creato due siti, e un gruppo Facebook “La Biblioteca femminista” che ha raggiunto 27.000 iscrizioni, lavoro per passione a questi spettacoli teatrali. Ma tutto questo agire mi dà, a volte, una sensazione di indeterminatezza come se potessi da un giorno all’altro defilarmi, prendere sottobraccio Fern del film Nomadland e, abbandonando tutto, saltare su un autobus. Francesca ha parlato delle caratteristiche della comunicazione on line, e oltre il solito algoritmo ha spiegato come ogni partecipazione sia isolata in una serie di procedure che sembrano indipendenti l’una dall’altra e non lo sono, sua sorella Sara ha precisato come abbia cercato di superare questo limite procedurale andando a verificare passo per passo cosa facevano i suoi colleghi. Nel mio e nostro caso come compagnia, ho proposto il lavoro teatrale fatto di una serie di monologhi “Polifonia teatrale dai tempi della pandemia” a vari gruppi di donne politicamente presenti nella realtà che mi è più vicina per vederlo insieme e poi discuterlo. Ho anche proposto questo lavoro a 250 Festival pur sapendo che non sarebbe stato accettato perché mancante dei sottotitoli inglesi, tuttavia ho aperto a delle risposte che hanno ampliato il rapporto di interazione. Siamo così arrivate a 1000 contatti. Allora ringrazio Francesca perché mi ha fatto capire cos’è che presiede a questa comunicazione ma non nel senso dei grandi disegni capitalistici o di un Google pervasivo, perché cosa succede nel rapporto con l’informatica per chi di noi ha questa esperienza ha a che vedere con il corpo, il mezzo elettronico ci risponde a volte come un organismo. So che ho cercato di avvicinare dei rapporti e di farmene responsabile, usando le tecnologie, ho visto come il nostro punto di vista non era un isolato pensiero di un gruppo di donne dai 45 agli 85 anni la cui esperienza era sociologicamente poco o tanto interessante, ma che invece partendo da noi usando zoom per fare pratica femminista ci siamo immerse tutte insieme in quella mescolanza delle relazioni politiche odierne e con la loro grande capacità di adattamento. Abbiamo sperimentato come la piattaforma elettronica ci serva per fare le prove degli spettacoli, per discutere superando i limiti dell’ortodossia informatica e trovare nuove connessioni con improvvise aperture di comprensione e di affetti. È l’intensità della comunicazione a distanza che può capovolgere il senso di irresponsabilità che ho capito, adesso, quanto sia dato dalla parcellizzazione insita nei dispositivi, invisibili ma avvertibili da chi si immerge nello spazio virtuale. Dispositivi che più che determinarti, come di solito si dice, a me sembra all’opposto che creino indeterminazione, quando non passiamo a creare nuove relazioni o rinnoviamo quelle che già ci sono.