Non si fraintenda la differenza sessuale, pensiero in relazione
Laura Colombo*
1 Maggio 2025
da il manifesto
Caro manifesto,
ho letto l’articolo di Lea Melandri Quel cordone ombelicale che lega ancora la donna alla madre pubblicato il 24/04/2024 e vorrei condividere alcune osservazioni perché a mio parere contiene fraintendimenti, confusioni e accostamenti impropri. In primo luogo, c’è un equivoco sulla critica al dualismo sesso-genere. Lea Melandri lascia intendere che il femminismo della differenza sessuale utilizzi in modo rigido e tradizionale questa coppia di opposti, ma in realtà il pensiero della differenza ha espresso, fin dalle sue origini, una critica radicale al binarismo imposto dal patriarcato. Come scrive Chiara Zamboni, «la differenza sessuale non è un contenuto», non è un’essenza, ma un’apertura simbolica, uno squilibrio che ciascuno, ciascuna porta nell’ordine già dato che permette un guadagno di libertà per tutti.
C’è poi un fraintendimento dell’ordine simbolico della madre, che Melandri considera una valorizzazione della maternità come destino biologico inevitabile, il perpetuarsi di un ruolo imposto alle donne. In realtà rappresenta una discontinuità: il riconoscimento della genealogia femminile è stata la mossa politica che ha permesso di rompere con l’ordine patriarcale fondato sulla figura del padre come unico garante di autorità e senso. La creazione di un nuovo ordine simbolico allarga la prospettiva, è ben lontana dalla conservazione ed essenzializzazione del ruolo materno.
Inoltre, trovo difficile comprendere il riferimento alla presunta paura di alcune donne di «perdere potere» a causa della presenza di donne trans. La differenza non è essenzialismo biologico, è movimento simbolico e relazionale che coinvolge il corpo, la lingua, l’immaginario e il desiderio. Nel corpo vivente natura e cultura sono intrecciate sin dal principio: il corpo è immaginato, nominato, avvolto da desideri e significati a partire dalla relazione con la madre e con la lingua che ci forma. Il corpo è attraversato da linguaggio e desiderio e si trasforma nel tempo e nella relazione con gli altri: non è l’anatomia a definire l’essere donna, ma un percorso soggettivo, simbolico e politico, che si costruisce nella relazione con altre donne, con la lingua, con il mondo. È per questo che non capisco cosa sia un potere fondato sul sesso biologico: la differenza è un orizzonte simbolico in cui le donne possono esistere e parlare a partire da sé, dalla propria singolarità. Un orizzonte che può incontrare e dialogare con altre soggettività in cammino, anche trans, senza negare la forza e la necessità della differenza femminile come categoria simbolico-politica.
Infine, nel suo testo Lea Melandri lascia intendere che il richiamo alla differenza sessuale possa essere facilmente strumentalizzato da posizioni conservatrici, come quelle espresse dalla ministra Roccella, finendo così per essere assimilato a una difesa reazionaria della biologia e dei ruoli tradizionali.
Le posizioni conservatrici che vedono le persone trans come una minaccia all’identità femminile si fondano su una separazione rigida tra biologia e linguaggio, tra sesso e cultura. Il pensiero della differenza, al contrario, parte dalla porosità tra natura e cultura, essendo lontano tanto dalla naturalizzazione del corpo quanto dalla sua determinazione normativa. Accostare il pensiero della differenza a politiche che vogliono restringere diritti o congelare ruoli di genere significa fraintenderlo radicalmente, essendo il suo intento originario la trasformazione del simbolico per dar spazio al desiderio, alla soggettività, alla relazione, come elementi fondativi della vita e della politica. «Per noi essere donna non è riducibile a biologia naturale né identità linguistica», scrive Chiara Zamboni e questo significa che l’essere donna è un processo in divenire, una ricerca di senso in relazione con altre e altri, mai un confine da difendere con le armi della legge o del rigore normativo.
*Libreria delle donne di Milano