Non è questione di gentilezza, è piacere
Antonella Nappi
13 Novembre 2024
L’animo di vedere chi ti sta davanti, un attimo, come dice Luisa Muraro (A proposito di gentilezza), uno sguardo di intesa: ti vedo! L’apertura a vedere che l’altra c’è è l’apertura al riconoscimento della sua esistenza, personalità, azione e pensiero. Sì, dice molto, moltissimo: invece che sole con se stesse ci si mette in apertura all’altra. Perché? Perché ci relazioniamo invece di restare sole. Relazionarci è il grande guadagno di sentire che l’altra c’è. Non ci vuole tanto tempo o ce ne vuole tantissimo, ma quell’attimo di vista è un ascolto, più ti disponi a vedere e sentire, ad interagire più ti piace conoscere un’altra persona. Qualcuna va avanti un’intera vita.
Il 13 novembre è il giorno della gentilezza (ndr)
Metro, 12 novembre 2010
L’eroismo dei gentili
di Luisa Muraro
Per chi vuole coltivare in sé e intorno a sé la gentilezza, questi sono tempi eroici. A formare una persona gentile contribuiscono il suo temperamento, l’educazione ricevuta e la cultura circostante: nella nostra società non mancano persone spontaneamente inclini alla gentilezza così come non manca l’educazione di base nelle famiglie e nelle scuole, ma è franata la cultura sociale. Le nemiche della gentilezza, villania e volgarità, trionfano sulla scena sociale. Non è colpa di nessuno, le cose sono andate così. Tutti invocano un po’ di gentilezza, pochi la offrono. D’altra parte, non si può comprarla (quella che si compra è finta). Si riceve in regalo e si ricambia. Si può anche cercare di produrla in proprio e offrirla a chi non la conosce. È contagiosa, ma meno delle sue nemiche. Come posso insegnare la gentilezza ai miei alunni, mi ha chiesto una prof. Come si insegna un’arte marziale, le ho risposto: le mosse giuste, il senso della misura, la nobiltà d’animo; alle alunne, insegna a non imitare i villani e a coltivare la differenza femminile insieme alla forza: nessuno si permetta di crederle deboli perché gentili, tutto al contrario.
Confesso che, personalmente, non sono sempre gentile con le persone che conosco: con queste esprimo a volte la violenza congenita che ho dentro, fidando nel nostro rapporto. In compenso, sono gentile con le persone sconosciute in cui ci si imbatte nel caotico mondo di oggi. Dicono che per essere gentili ci vorrebbe del tempo e noi non ne abbiamo, io mi sono specializzata in una gentilezza mordi e fuggi: un sorriso e uno sguardo d’intesa, a chi? A un essere umano. Quello che propongo non è certo un buon esempio, ma un’idea: concediamo alle nostre vite e alle nostre città il lusso di essere ogni tanto gentili per la pura gioia di esserlo.
(Metro, 12 novembre 2010)