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Da Avvenire

Pino Pinelli non è “caduto” dalla finestra del quarto piano della Questura di Milano. Pino Pinelli, ingiustamente incolpato della strage di piazza Fontana del 1969, è stato «ucciso innocente nei locali della Questura di Milano il 15-12-1969», come recita la lapide posta in piazza Fontana nel 1977 da «gli studenti e i democratici milanesi».

La redazione del sito

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Licia Rognini, vedova dell’anarchico Giuseppe Pinelli, è morta all’età di 96 anni – Ansa

Si è spenta a novantasei anni la vedova di Giuseppe, caduto dalla finestra della questura durante gli interrogatori per la strage di piazza Fontana. Nel 2019 l’incontro con la vedova del commissario Calabresi

Per anni ha difeso la memoria di suo marito. Quel ferroviere anarchico, Giuseppe (Pino) Pinelli morto in questura nel dicembre del 1969, caduto dalla finestra del quarto piano durante un lunghissimo interrogatorio per la strage di Piazza Fontana. Il ricordo di quella notte, con l’annuncio della tragedia dato dai giornalisti che bussano alla sua porta e poi confermata da una drammatica
difesa del marito, che una frettolosa e orientata ricostruzione dei fatti aveva indicato tra i responsabili della strage, e poi nella ricerca della verità su quel tragico 12 dicembre, dignitosa e mai doma. Licia Rognini, questo il nome da nubile, era arrivata a Milano nel 1930 a due anni non ancora compiuti da Senigallia, nelle Marche.
Cresciuta in viale Monza, conobbe Pino a un corso di esperanto, la lingua universale: sposi in chiesa nel 1955, nell’appartamento di via Preneste allietato da due bimbe, Claudia e Silvia, Licia batteva a macchina le tesi degli studenti per contribuire al bilancio familiare mai abbondante con lo stipendio del marito ferroviere. Una storia comune che cambia la notte tra il 15 e il 16 dicembre del 1969. Pino era da alcuni giorni in questura: c’era arrivato dal circolo anarchico Scaldasole a bordo del suo motorino seguendo l’auto del commissario Luigi Calabresi che stava indagando sul primo atto del terrorismo in Italia, la strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana.
I depistaggi dei servizi deviati orientarono le indagini sulla pista anarchica e Pinelli venne interrogato a lungo e per giorni. Poi, nella notte, la tragedia. Il ferroviere cadde dal quarto piano in circostanze mai chiarite fino in fondo dopo un interrogatorio che si era protratto ben oltre le 48 ore previste dalla legge. Per Licia sarà sempre la diciottesima vittima innocente della strage, come si legge sulla targa che Palazzo Marino pose nel 50° anniversario della bomba. Un riconoscimento preceduto dieci anni prima da un evento storico, come lo definì la stessa Licia: l’invito al Quirinale per la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che definì Pino Pinelli «vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti, e poi di un’improvvisa, assurda fine».
Quel 9 maggio del 2009 diventò una data storica perché fu anche la prima volta che Licia Pinelli incontrò e abbracciò Gemma Capra, la vedova del commissario Calabresi: «Mi sarebbe piaciuto incontrarla prima. – ricordò Licia Pinelli – Non c’è mai stato rancore verso la famiglia Calabresi; non l’ho mai provato, anzi. Non ci deve essere odio, c’è il ricordo e basta». «Ho un ricordo tenerissimo di quell’abbraccio al Quirinale tra me e Licia Pinelli, quando lei mi disse: “Peccato non averlo fatto prima”», ha detto in queste ore Gemma Capra, vedova del commissario assassinato da un commando di Lotta Continua il 17 maggio 1972, che nel suo libro La crepa e la luce ha scritto che «quella frase non la dimenticherò mai».
«Eravamo due donne legate dallo stesso dolore – ha aggiunto – e siamo state capaci di cogliere l’importanza di un incontro pacificatore. La ricordo con affetto, lo stesso che ho provato nei nostri successivi incontri, e porgo alle sue figlie Silvia e Claudia le mie più sentite e affettuose condoglianze». Nominata, insieme a Gemma Capra, Commendatore della Repubblica nel 2015 dal Presidente Sergio Mattarella, Licia Pinelli si è spenta ieri nella sua abitazione di Porta Romana convinta che «lo Stato abbia perso, però non ha saputo colpire chi ha sbagliato».