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di Umberto Varischio

Le violenze sessuali sulle donne, gli stupri che subiscono, sono una responsabilità mia, nostra come maschi.

Non dobbiamo mai scordarci di ripeterlo e affermarlo in tutti gli ambiti: nelle nostre riflessioni, nelle relazioni amicali e in quelle pubbliche, sul lavoro, nei luoghi di studio e nella comunicazione, pubblica e privata.

I recenti episodi di violenza sessuale di Rimini (compiuta da stranieri) e di Firenze (agita da italiani, oltretutto carabinieri) ripropongono la questione maschile e il legame tra maschilità, violenze sessuali e immigrazione.

Sulle violenze contro le donne non posso permettermi di addurre scusanti o distinguo: ma cercare di capire non significa né giustificare né avallare.

Il pensiero è fondamentalmente un modo per capire e la mancanza di pensiero, come c’insegna Hannah Arendt, genera mostri.

Sul legame tra violenze sessuali sulle donne e immigrazione mi ritrovo quindi completamente nel testi scritti, subito dopo i fatti di Capodanno 2015 a Koln, da TK Brambilla (che si può leggere qui), Laura Colombo e Sara Gandini (consultabile qui) e in quello successivo di Giordana Masotto (qui riprodotto da Inchiesta n.191)

Ma come uomo non posso minimizzare le violenze agite da migranti e italiani e, tantomeno, cercare delle giustificazioni o anche delle spiegazioni che solo le donne, se lo ritengono necessario, possono elaborare: come hanno fatto in passato e continuano a produrre anche oggi.

Ogni altro discorso che potrei fare ora avrebbe probabilmente un retrogusto di giustificazione oppure quello, altrettanto inaccettabile, del cambiare d’argomento perché “questo non è il vero problema”.

Non posso quindi che sentirmi responsabile delle violenze, sessuali e non, che i miei simili agiscono sulle donne.

Poco importa che non sia io l’attore di queste violenze sessuale e fisiche o di altre forme di violenza: e di queste ultime attore lo sono stato.

Tra le tante cose che imparato dalle donne una è questa: se una di loro afferma che io sto esercitando una forma di violenza su di lei, indipendentemente da quello che posso pensare io, quella è violenza.

E sono corresponsabile delle violenze agite da altri perché maschio, per il tanto di potere che il patriarcato ha messo nelle mie mani e che io non ho rifiutato fino in fondo.

Un dato di fatto è innegabile: le violenze dei maschi continuano e sono strutturali e trasversali.

Essere maschio mi rende corresponsabile, tacere mi fa diventare connivente e simbolicamente co-autore.

(www.libreriadelledonne.it, 15 settembre 2017)