Ma le parole scritte non risuonano
Cristiana Fischer
13 Febbraio 2018
Care tutte, parlano le donne parlano, ma le parole scritte non risuonano. Giustamente Ida Dominijanni segna una differenza tra la sinistra europea e quella americana, in cui sono entrati i popoli diversi, le rivolte anticoloniali, lo sfruttamento dei corpi femminili quasi-eterna risorsa di un’umanità al maschile.
In effetti è grave che oggi le nostre voci assordino, persino, antichi amici sconcertati che non sanno come riprendersi nella sorpresa. Ma è grave anche che, nella nostra scena politica, più piccola, le parole scritte di donne iniziatrici e continuatrici di una più ampia e visionaria politica vengano irrise, confuse, cancellate.
Faccio tre esempi in cui mi sono imbattuta recentemente. Il primo riguarda un filosofo mite e gentile di cui leggevo, l’altra sera, un discorso sul mito di Dioniso divorato dai Titani. Se Dioniso bambino, scrive il filosofo, vede nello specchio non solo se stesso ma anche chi lo divorerà, egli vede l’intero, il mondo, che tuttavia nello specchio non può raggiungere: distanza e partecipazione all’impossibile raggiungimento dell’origine, questo il senso del mito.
Ma – è la successiva mossa del filosofo – qui, nell’impossibile raggiungere l’origine, e come già Freud comprese, la donna non appare, non si può comprendere, o più precisamente non può essere compresa. Ed essa vive così nella sola naturalità, cui dà corso, senza essere nella scrittura.
La donna, tanto più, nemmeno ha mai scritto!
Un’altra cancellazione della scrittura femminile ha fatto un politico “rossobruno di sinistra”, su un diffuso blog in rete, con un articolo in cui trascorre da Butler a Muraro a Frazer. E in cui mescola tra loro, per i suoi scopi, posizioni delle tre pensatrici femministe che sono invece ben altrimenti definite. E ne cita pure i testi nelle note!
L’ultimo esempio riguarda un sito meno importante in cui voci solo maschili sono intervenute sul “dibattito” (sic) attorno al caso Weinstein e oltre, provando a “ridurre” (in senso chimico) il rapporto tra i due sessi a una regolata fantasmagoria di passaggi da un “cattivo” dominio a una “politica” uguaglianza. A niente è valso ricordare l’autoerotismo di coppia di Lonzi, come se Lonzi o Irigaray o il lesbismo non aprissero la sfera sessuale a territori estranei alla sfera sessuale maschile. (E sul discorso di Lonzi cala un giudizio tranchant: “trionfalistico, settario e dogmatico”.)
Insomma vi scrivo per dire che parlano, le donne, parlano, ma il deposito della scrittura, ancora, non risuona ad alta voce.