Le sfide della rete
Traudel Sattler
11 Giugno 2019
Nella nostra epoca di trasformazione digitale, sperimentiamo di persona come siano venute meno le classiche mediazioni (spazio, tempo, presenza) che ci davano il senso della realtà. Non per questo lo stiamo perdendo, ma siamo in difficoltà: tutti, tutte ne risentono in qualche modo.
In questi giorni infatti, ne ha risentito in modo pesante la leader dei democristiani tedeschi Annegret Kramp-Karrenbauer. Nelle elezioni europee si è giocata la fiducia di molti giovani elettori/elettrici perché non ha saputo reagire adeguatamente a un video su you tube di un famoso influencer che aveva invitato a non votare la CDU: La presidente del partito ha chiesto che le regole sulle campagne elettorali che valgono per la stampa e la Tv dovrebbero valere anche nel mondo digitale, e le venne subito rimproverato di essere una politica incapace, di avere una visione obsoleta del mondo, di ignorare che la rete è nella realtà e ha cambiato profondamente la comunicazione.
Questo esempio fa vedere che oggi c’è una difficoltà a muoversi in una situazione storicamente nuova che ha fatto saltare molte certezze.
“La rete è nella nostra realtà. Come starci?” così avevamo intitolato un incontro della redazione di VD3 nel mese di novembre 2017 (http://www.libreriadelledonne.it/puntodivista/la-rete-e-nella-nostra-realta-come-starci-introduzione/). Oggi riprendiamo questa riflessione perché sentiamo il bisogno di tenere viva l’attenzione e di osservare cosa succede a noi: la rete stessa si trova in continua trasformazione e questo si ripercuote sulla nostra percezione della realtà, le nostre relazioni, i nostri comportamenti e il nostro pensiero, per giunta sul nostro cervello, spesso in modo impercettibile. Molte delle questioni che sono state poste un anno e mezzo fa nei contributi introduttivi ci occupano ancora:
Vorrei richiamare solo alcuni aspetti. Nel primo intervento Tahereh Toluian ci parlava del suo coinvolgimento nei social che sono diventati per lei un vero e proprio luogo di incontro, dove possono accadere eventi imprevisti che aprono a nuove possibilità. Raccontava anche di esperienze di frustrazione e di estraneità davanti alla logica della contrapposizione e del narcisismo che domina la discussione nei social, del rischio di creare delle bolle, dei micromondi, della “logica algoritmica che cancella i desideri e le ambizioni”. Uno spostamento per lei era avvenuto quando Sara Gandini era intervenuta in un dibattito Facebook e ha portato un pensiero per lei nuovo che dopo l’ha anche convogliata in Libreria (http://www.libreriadelledonne.it/puntodivista/26570-2/).
Loretta Borrelli invece parlava dal punto di vista di una programmatrice, di una che possiede una competenza tecnica e professionale. La sua prima esperienza di donna che lavora nell’informatica è stato il disagio, il non sapere come starci, in quel pensiero che escludeva qualsiasi differenza. Leggendo il libro L’ordine simbolico della madre di Luisa Muraro ha ritrovato quella sensazione di non trovarsi da nessuna parte, e più avanti ha capito “che aveva un’autorità anche di accettare la necessità dei fatti” (http://www.libreriadelledonne.it/puntodivista/la-rete-e-nella-nostra-realta-come-starci-loretta-borrelli/).
Ho richiamato solo qualche frammento dei due interventi, che consiglio di rileggere sul nostro sito per la precisione e la radicalità con la quale affrontano la questione. Uno degli aspetti che mi hanno colpito era che la prima esordisce dicendo di non avere competenze informatiche, la seconda sicuramente è una “competente”: tutte e due dichiarano la propria estraneità e il disagio nel mondo del web/dell’informatica e come hanno trovato un modo per affermare la propria soggettività nelle parole e nelle relazioni con altre.
Questo mi ha convinta che non devo lasciare spazio alla sensazione di incompetenza che spesso mi prende nei confronti della rete: ho capito che non si tratta di questo. Per molto tempo mi ero anche illusa di potermi tener fuori dalla logica della rete, semplicemente non frequentando i social, che peraltro non mi attiravano neanche, o di poterla usare come strumento: ormai sono convinta che anch’io sono dentro fino al collo. Non si tratta più della questione di frequentarla con maggiore o minore intensità, di vederla come uno dei tanti canali di comunicazione, come se io fossi qui e la rete di là. Non posso dire semplicemente sì o no alla rete, perché la rete c’è, e in questa necessità dei fatti vogliamo, anzi, dobbiamo giocarci.
Una che secondo me si gioca bene è la giornalista e blogger tedesca Antje Schrupp, che da tanti anni è attiva in rete e che riflette anche il suo agire: postare brevi commenti sulle cose, anche piccole, non spettacolari, per lei è diventato un “pensare in pubblico”, perché “pensare non funziona nel cervello isolato di una singola persona, ma nello scambio permanente con il mondo e con altre persone”.
E non lo fa per avere il numero massimo di Like, invece guarda bene da chi vengono questi pollici in su o chi riprende il suo pensiero; se sono persone alle quali lei attribuisce autorità, le prende in considerazione. Quindi sta dentro alla macchina facendo delle cose non previste dalla macchina. Un’indicazione come fare della necessità un’occasione per quello che le interessa.
Pensiamo ora come fare della necessità un’occasione per quello che interessa a me, a te, a te a te, a te, a te….
Per continuare il dibattito in presenza abbiamo invitato:
Ilaria Durigon, che insieme con Laura Capuzzo ha dato vita nel 2004 a una libreria delle donne che da allora è attivissima, Lìbrati, a Padova. Ilaria ci racconterà in che modo la rete fa parte del loro progetto.
Laura Colombo, che insieme a Sara Gandini ha dato vita al nostro sito web www.libreriadelledonne.it, oggi parte integrante dell’attività della Libreria. Laura è anche nella sua vita professionale coinvolta nell’informatica come responsabile del settore sistemi e infrastrutture, direzione IT all’università degli studi di Milano.
Introduzione alla Redazione allargata di Via Dogana 3 Fare di necessità libertà, in rete, del 2 giugno 2019