Condividi

dal Quotidiano Nazionale

«Ribellarsi, contestare il governo Netanyahu giorno e notte, disobbedire anche nell’esercito»: Edith Bruck, novantaquattro anni, reagisce così alle notizie che arrivano da Gaza, all’orrore che cresce.

Signora Bruck, una pediatra palestinese ha perso nove dei suoi dieci figli in un raid dell’esercito israeliano…

«È terribile. Quello che accade a Gaza è molto, molto doloroso per me, e credo che sia lo stesso per tutti. Benjamin Netanyahu sta provocando uno tsunami di antisemitismo, perché tutti identificano gli ebrei con il governo israeliano. Ma la maggioranza degli ebrei e degli israeliani non è assolutamente d’accordo col governo Netanyahu».

Crede che l’opinione pubblica israeliana oggi solidarizzi con la gente di Gaza?

«In Israele stanno protestando, ogni sabato ci sono manifestazioni contro Netanyahu, ma lui è sordo e cieco e si appoggia alla destra religiosa, che invoca la violenza in nome di Dio. Questo è terribile. Usare Dio per uccidere è una cosa mostruosa. Lo hanno fatto tutti, anche i nazisti. Ricordo le fibbie sulle cinture delle SS ad Auschwitz: c’era scritto Gott mit uns, ‘Dio è con noi’. Quando uscii dal campo mi dissi: povero Dio, in nome tuo hanno ucciso milioni di persone».

Che altro potrebbero fare oggi i cittadini israeliani?

«Protestare di più. Non solo il sabato, ma tutti i giorni, anzi giorno e notte. Anche assediando la casa-bunker di Netanyahu e della moglie. Questo è il momento di ribellarsi».

L’esercito israeliano si definisce “il più morale del mondo”: a Gaza non sembra così.

«Infatti molti soldati non vogliono essere coinvolti nelle operazioni a Gaza. Io credo che tutti, nell’esercito, dovrebbero ribellarsi e non eseguire ordini che sono disumani. Bisogna dire di no. E poi nemmeno riusciamo a capire a che cosa si voglia arrivare nella Striscia».

Sembrerebbe alla pulizia etnica, all’occupazione militare.

«Non voglio nemmeno sentire nominare queste parole, pulizia etnica, mi viene un dolore allo stomaco. So che cosa vuol dire essere deportati, anche senza fare paragoni che non si possono fare. Ogni vita è preziosa, non ci sono vite di serie A e di serie B».

Le vite dei gazawi sembrano vite di serie B.

«Sì, e così il governo Netanyahu sta facendo un danno enorme all’ebraismo nel mondo. L’antisemitismo è una brace che cova sotto la cenere e basta una scintilla per infiammarla. Lo sappiamo, ma a Netanyahu non importa nulla. A Roma il rabbino, per strada, è stato insultato, gli hanno detto “massacratore di bambini”. Ma che c’entra lui? Che c’entro io? Che c’entrano gli ebrei nel mondo?»

Anna Foa in un libro ha parlato di “suicidio di Israele”…

«Conosco Anna da tanti anni, ma non ho letto il libro a causa della mia maculopatia. È un titolo molto duro, io non userei questa parola, ma gli israeliani devono ribellarsi, un giorno alla settimana non basta».

In Europa alcuni governi hanno cominciato a criticare Israele. Che cosa potrebbe fare l’Europa? Qualcuno propone di denunciare gli accordi diplomatici e commerciali.

«Parlano, parlano, parlano, ma non ci sono fatti. Niente cambia. Per l’Europa è sempre stato molto difficile intervenire perché si porta dietro una colpa infinita e imperdonabile, e quindi non vuole mettersi contro i governi di Israele. I tempi però sono cambiati e certe posizioni andrebbero riviste».

Lo stesso vale per gli Stati Uniti?

«Gli Stati Uniti dovrebbero smettere di inviare armi a Israele, così gli attacchi a Gaza potrebbero finire. Non osano farlo, probabilmente, per le pressioni degli ebrei americani. Ma gli Usa non possono abbandonare Israele, perché Israele è circondato da nemici e da solo non potrebbe resistere».

Qual è la via di uscita?

«Creare uno Stato palestinese, a quel punto cambierebbe tutto».

Israeliani e palestinesi sarebbero pronti a convivere?

«Non lo so. Forse sì, se non è cresciuto troppo l’odio. Le nuove generazioni sono cresciute con il veleno dentro, ma bisogna arrivare comunque alla pace con i palestinesi. La pace è l’unica soluzione».