La propaganda di un uomo inadeguato
Alessandra Pigliaru
19 Novembre 2024
Da il manifesto – Non è stato un saluto istituzionale quello che il ministro Valditara ha rivolto ieri alla Camera dei deputati, ma il modo di intestarsi la nascita della Fondazione Giulia Cecchettin, dando il suo parere sulla violenza contro le donne in maniera assai paradossale. Appellandosi ai valori costituzionali, alle pari opportunità e alla civiltà offesa dal fenomeno della violenza maschile contro le donne – a una settimana esatta dalla giornata mondiale che ne ricorda, come ogni anno, il significato sistemico – il ministro non è sembrato così aggiornato, come il nome del suo dicastero imporrebbe, in particolare in due passaggi: ha citato la violenza sessuale che «si combatte anche riducendo i fenomeni di marginalità e di devianza legati alla immigrazione clandestina»; ha poi indicato il patriarcato conclusosi «come fenomeno giuridico» con la riforma del diritto di famiglia del 1975.
Due opinioni che certamente corroborano la parte politica cui appartiene ma che non sono verificabili nella realtà. La cosa singolare è che, entrambe queste enormità, sono state esplicitate davanti a Gino Cecchettin, la cui figlia è stata uccisa un anno fa dal suo ex fidanzato e la cui vicenda, ancora una volta, conferma quanto la provenienza geografica e le riforme del diritto di famiglia contino ben poco.
Dovremmo pensare dunque che Giuseppe Valditara, oltre a non essere istruito sull’entità di quanto ha commentato, non sappia intervenire neppure nel «merito». Perché a commettere violenza contro le donne sono dei maschi, indipendentemente da dove arrivino e dove siano diretti: per tacere dei dati forniti dai centri antiviolenza, che fanno un lavoro capillare sul territorio e mai sufficientemente sostenuto, si può dare uno sguardo almeno all’ultimo report del Dipartimento di pubblica sicurezza. Si ferma al 10 di novembre, viene aggiornato ogni settimana e, dall’inizio del 2024, registra 97 uccise di cui 83 in ambito familiare/affettivo.
Non si tratta di difendere una presunta italianità e nemmeno, in questo caso, le ragioni dell’accoglienza. Si tratta invece di una precisa questione di genere, lo si ripete da anni. Oltre a essere una evidenza che niente ha a che vedere con «l’ideologia», parola che il ministro curiosamente convoca con valore negativo tanto da domandarsi se non la confonda con il termine «propaganda».
Affermare che il patriarcato sia «giuridicamente» finito, è invece l’appropriazione confusa di quanto il femminismo di questo paese ha elaborato e sovvertito negli ultimi decenni a proposito della relazione tra i sessi.
La scena di ieri alla Camera dei deputati in occasione della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin racconta tuttavia qualcosa in più: ad esempio che un saluto istituzionale si trasforma in un rapido résumé di intenti della destra al governo, antistorica e reazionaria. Peccato perché avrebbe potuto imparare da ciò che il padre di una ragazza vittima di femminicidio diffonde ormai da mesi a proposito del tema. Ma il ministro ha parlato in un videomessaggio, dunque non ci sono state repliche immediate. Lo si è ascoltato, come l’etichetta e l’educazione impongono quando si è ospiti in casa d’altri.