«La piazzetta di San Giovanni Li Cuti sia dedicata alle 21 Madri della Costituzione»
Pinella Leocata
3 Giugno 2025
da La Sicilia
Hanno celebrato la festa della Repubblica ricordando le “Madri Costituenti”, le 21 donne – elette in un’assemblea di 556 parlamentari – chiamate a scrivere i principi e gli articoli della nostra Carta nata dalla Resistenza, dalla lotta partigiana al nazifascismo che avrebbe voluto dominare il mondo ripristinando la schiavitù e la tirannia. Perché la loro memoria sia trasferita ai giovani e riportata al centro del dibattito italiano La Città Felice, Toponomastica femminile, l’Associazione etnea studi storico-filosofici, la RagnaTela e Sunia hanno tenuto un flash-mob nella piazzetta antistante il porticciolo di San Giovanni Li Cuti. Uno spazio che, dal punto di vista formale, è una via e che queste associazioni chiedono diventi piazzetta e sia dedicata “alle 21 Madri della Costituzione”. La targa – ha spiegato Anna Di Salvo – è già pronta e si attende la risposta del Comune, così come anche alla richiesta di ripristinare le targhe, entrambe scomparse, che intitolano la pista ciclabile del lungomare alle “Staffette partigiane” e un’area del Giardino Bellini alle “Madri Costituenti”.
L’associazione Toponomastica femminile, inoltre, ha chiesto, senza ottenere risposta, che un’ala del palazzo comunale sia intitolata a Maria Grazia Cutuli.
Le donne votarono per la prima volta, tra le ultime in Europa, alle elezioni amministrative del 1946 e poi il 2 giugno quando bisognava scegliere tra monarchia e repubblica ed eleggere i partecipanti all’Assemblea costituente. Le donne andarono a votare in massa, furono 12 milioni contro gli 11 milioni di maschi. Tra le elette 21 donne, 9 comuniste, 9 democristiane, 2 socialiste, 1 dell’Uomo Qualunque. Ed è degno di nota che ben due di loro furono elette nel collegio di Catania: Maria Nicotra (Dc) e Ottavia Buscemi Penna (Uomo Qualunque). Inoltre 5 di loro fecero parte della commissione dei 75 chiamata a scrivere gli articoli della Costituzione. Il loro ruolo fu di grande importanza, come ha ricordato lo storico Salvatore Distefano. Hanno dato il loro contributo a definire la nostra Repubblica come fondata sul lavoro – una norma rivoluzionaria – e centrata sui valori della solidarietà, dell’uguaglianza, dell’unità nazionale, della libertà di parola e di stampa. Si sono battute per i diritti sociali, per l’istruzione, per la cultura, e soprattutto per la pace. Sono state loro a trovare il termine giusto scrivendo che «L’Italia ripudia la guerra» e lo hanno fatto insieme, superando le differenze ideologiche e di partito. «Quando si votò per il ripudio alla guerra ci tenemmo la mano!», scrisse una di loro, Teresa Mattei. A riprova, come ha sottolineato Mirella Clausi, «dell’importanza e della forza della relazione tra le donne». Eppure, hanno denunciato, il nostro Paese ha tradito il loro lascito e partecipa alla guerra. «L’Italia non condanna Israele per il genocidio del popolo palestinese e continua a dipendere dagli Usa, e non spinge l’Unione europea a evitare politiche di guerra».
In tante si sono alternate a ricordare la figura di alcune delle Madri Costituenti, a partire da Teresa Mattei, partigiana combattente, arrestata e torturata, poi politica e grande pedagogista. Lei, che faceva parte dell’ufficio di presidenza della Costituente, fu una delle donne che lottarono per aprire alle donne le porte della magistratura. Furono battute, così come Maria Maddalena Rossi, giornalista antifascista, che in parlamento lottò perché anche le donne stuprate dalla Quinta armata francese fossero riconosciute tra le vittime di guerra e risarcite. Ma la maggior parte dei parlamentari erano maschi. E poi Nilde Iotti, parte della commissione dei 75 e, nel 1979, prima presidente donna della Camera dei deputati. E ancora Lina Merlin, socialista antifascista, arrestata e mandata al confino, una delle redattrici dell’art. 3 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza e la pari dignità sociale di tutti i cittadini, «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». A lei – che contribuì anche all’articolo che fa obbligo alla Repubblica di difendere la salute dei cittadini – è legata la legge del 1958 sulla prostituzione. Raccontava che allora, quando vennero proibite le case chiuse, molte prostitute la ringraziavano per averle tolte dalla schiavitù.
Un modo di festeggiare la festa della Repubblica del tutto diverso dall’esibizione muscolare di mezzi e uomini delle forze armate.