La mia amica ungherese
Laura Modini
23 Settembre 2015
Cara VD 3, in riferimento all’ultimo incontro mi chiedete di arricchire il mio intervento sulla mia amica ungherese che dà ragione al suo paese. L’Ungheria, sappiamo, ha deciso di chiudere le frontiere all’immigrazione, anche quella di passaggio.
Io ho visitato Budapest negli anni ’70 in un viaggio organizzato dalla CGIL e il ricordo che ho ancora oggi è di una città aperta, ricca di bistrot, piazze, parchi. Non molto popolata. Era ancora sotto l’Unione sovietica ma, mentre Lipsia (l’altra città visitata) mi apparve cupa e molto triste, Budapest mi fece una bella impressione. Ovviamente sentivo un clima spesso non leggero ma (cosa provata in Cina nel 1982) vedere, sapere che tutti andavano a scuola, che avevano la casa, un lavoro … tutto ciò attenuava le mie perplessità.
La mia amica ungherese non parla tanto facilmente, mi ricorda con fare duro che il suo paese è uscito dalla stretta sovietica solo nel 1989 e gli anni successivi sono stati molto duri perché ovviamente la confusione regnava sovrana (le ingerenze dirette e indirette dell’URSS erano fortissime). Orban dice che è un buon presidente, benvoluto dagli ungheresi che lo hanno votato per il 40%, certo lui ha dovuto fare delle alleanze anche con le destre, ma sta governando bene. L’Ungheria è uno stato piccolo e non può assorbire la marea di immigrati quindi ha fatto bene Orban a dare il fermo, che guarda caso mi dice, sta facendo anche la Croazia. Del resto la Merkel fa la sua politica prendendosi il meglio, il resto lo scarica sugli altri paesi. Le notizie che vengono diffuse dai giornali sono poco vere se non tendenziose, per questo motivo che non vuole parlare di questa storia.
Certamente la mia amica non è una qualunquista, ma la sua preoccupazione la rende più rigida ancor più da quando suo figlio ha deciso di ritornare a Budapest con moglie e figli.
Io stessa mi sento inquieta, spaventata e inadeguata per questi tempi di donne e uomini in movimento. Mi sembra di non riuscire a tenere il passo, di non essere in grado di capire e vivere questi giorni.