La madre sa quello che Salomone ignora – La madre sabe lo que Salomón ignora
Ana Mañeru Méndez
21 Marzo 2016
Luisa Muraro, alla riunione di VD3 (13 marzo 2016), disse che la maternità appartiene all’indisponibile del corpo femminile. Queste parole giuste mi sgombrano da mente dalla insopportabile casistica che circonda la maternità surrogata, il fiume di parole che copre interessi socioeconomici e di potere, e l’ipocrisia e violenza di tanti uomini contro il corpo femminile, ancora violato, che è inviolabile, sacro e indisponibile.
Quando una donna accetta di essere madre è lei che si rende disponibile alla sua creatura. Si rende disponibile alla creazione e all’amore, non alle leggi, ai contratti, al denaro o alle tecniche: questo è commercio. E lei è la madre sopra leggi, contratti, denaro, tecnica e ingannevoli buone volontà.
Durante la riunione, improvvisamente ricordai il giudizio di re Salomone (Re 3,16-28), un racconto patriarcale che non è riuscito a schiacciare l’antica libertà e sapienza femminile in tutto ciò che significa essere madre. Le leggi e gli affari che si stanno mettendo su adesso intorno alla maternità surrogata in nome del diritto, dell’uguaglianza, della neutralità e dell’universalismo, si riallacciano a questo racconto biblico.
A quanto risulta, quel re aveva settecento donne con il rango di principesse e trecento concubine, cosa che non lo rende adatto a giudicare sulla maternità né certo per nient’altro di sensato. Di fronte a lui compaiono in giudizio due donne prostituite che sono appena diventate madri, vivono insieme e discutono perché una ha soffocato la sua creatura e reclama quella dell’altra come sua. Il re chiede una spada e dice che taglino in due la creatura, un modo di giustizia sommaria di cui forse si sentì orgoglioso pensando che fosse equo, perché così toccava la stessa quantità a entrambe.
Dopo questa sentenza sanguinaria, che per fortuna non si esegue per il buon criterio della madre e non per la sapienza del re, l’unica cosa chiara lì è che solo la madre sa chi è la madre e tutto il resto è di troppo. È di troppo che ci dicano che il re era molto sapiente, invece di riconoscerlo come un violento. È di troppo dire che una madre è buona e l’altra cattiva. È di troppo accettare tranquillamente che un prostitutore come il re sia in grado di giudicare sulla loro maternità due donne che sono state madri.
La madre sa quello che Salomone ignora, cioè che come madre non è disponibile per il suo giudizio, le sue tecniche, i suoi affari e le ingannevoli buone volontà.
(Traduzione dallo spagnolo di Clara Jourdan, Via Dogana 3, 21 marzo 2016)
Via Dogana 3, 21 marzo 2016
La madre sabe lo que Salomón ignora
de Ana Mañeru Méndez
Luisa Muraro dijo en la reunión de VD3 (13/3/16) que la maternidad pertenece a lo indisponible del cuerpo femenino. Estas palabras justas me despejan la casuística insoportable que rodea a la maternidad subrogada, la palabrería que encubre intereses socio-económicos y de poder, y la hipocresía y violencia de tantos hombres contra el cuerpo femenino, aun violado, inviolable, sagrado e indisponible.
Cuando una mujer acepta ser madre es ella quien se hace disponible a su criatura. Se hace disponible a la creación y al amor, no a las leyes, los contratos, el dinero o las técnicas: esto es negocio. Y ella es la madre por encima de leyes, contratos, dinero, técnica y engañosas buenas voluntades.
En la reunión, de pronto recordé el juicio del rey Salomón (Reyes: 3, 16-28), un relato patriarcal que no ha logrado aplastar la libertad y la sabiduría femeninas antiguas en todo lo que significa ser madre. Las leyes y negocios que se están montando ahora en torno a la maternidad subrogada en nombre del derecho, la igualdad, la neutralidad y el universalismo, enlazan con este relato bíblico.
Resulta que ese rey tenía setecientas mujeres con rango de princesas y trescientas concubinas, lo cual no le cualifica para juzgar sobre la maternidad ni seguramente para nada sensato. Ante él comparecen para que las juzgue dos mujeres prostituidas que acaban de ser madres, viven juntas y discuten porque una ha asfixiado a su criatura y reclama la de la otra como suya. El rey pide una espada y dice que la partan por la mitad, un modo de justicia sumaria de la que quizás se sintió orgulloso pensando que era equitativo, porque así les tocaba la misma cantidad a las dos.
Después de esta sentencia sanguinaria, que afortunadamente no se cumple por el buen criterio de la madre y no por la sabiduría del rey, lo único claro allí es que solo la madre sabe quién es la madre y todo lo demás sobra. Sobra que nos digan que el rey era muy sabio, en vez de reconocerle como un violento. Sobra decir que una madre era buena y la otra mala. Sobra aceptar con naturalidad que un prostituidor como el rey sea adecuado para juzgar sobre su maternidad a dos mujeres que han sido madres.
La madre sabe lo que Salomón ignora, o sea que como madre no está disponible para su juicio, sus leyes, sus técnicas, sus negocios y las engañosas buenas voluntades.