La libreria araba a Gerusalemme Est: «La nostra resistenza è tra gli scaffali»
Lucia Capuzzi
19 Aprile 2025
da Avvenire
Niente è cambiato all’Educational Bookshop di Gerusalemme Est. Il piano terra trabocca di libri: quasi due migliaia di testi in inglese, altri in arabo, francese, tedesco. Perfino degli esemplari in italiano. Ciascuno racconta nella sua lingua – e dalla sua prospettiva – la Palestina. L’ultimo travagliato secolo della Terra Santa è il tema ricorrente ma non mancano volumi di archeologia, musica, guide di viaggio, romanzi degli scrittori più differenti, inclusi molti israeliani. Sopra, al termine della scala di legno, si respira la tradizionale quiete da biblioteca che attira studenti e lavoratori in smart working: intorno ai tavoli quadrati, i primi preparano gli esami e i secondi prendono una pausa dalla scrivania di casa.
Ahmed Muna saluta chiunque entri con il solito misto di gentilezza e ironia. Anche sui guai con la polizia scherza: «I sette agenti israeliani in borghese che hanno fatto la prima perquisizione conoscevano solo l’ebraico. Prima hanno provato a orientarsi con il traduttore automatico sul telefono. Così, però, impiegavano troppo tempo. Allora si sono basati sulle copertine ed eventuali foto all’interno… ». Dopo due ore e mezza di ricerche, il 9 febbraio scorso, sono usciti con trecento testi e due dei proprietari in stato di fermo. «Per cosa? Non l’abbiamo capito. Prima dicevano di cercare materiale terroristico che, ovviamente, non c’era. Poi, dopo l’interrogatorio, ci hanno accusato di “disturbo alla quiete pubblica”», aggiunge Ahmed, portato al commissariato insieme allo zio Mahmoud.
Il caso nei loro confronti è ancora aperto, come gli ha precisato il giudice prima di rilasciarli dopo averli tenuti in custodia un giorno e mezzo. Nel frattempo, l’11 marzo, c’è stato un secondo blitz con sequestro di altri 50 libri e l’arresto per alcune ore di Imad, padre di Ahmed.
L’Educational Bookshop, però, rifiuta di cedere al clima di guerra che ha fatto irruzione anche fra i suoi scaffali. «Abbiamo riaperto subito e lo siamo sempre rimasti. Poiché mio zio e io siamo stati interdetti dalla libreria per venti giorni, abbiamo contrattato dei sostituti. Non potevamo chiudere. Questo luogo è un’icona». In arabo, il suo nome, oltre a educazione, vuol dire “conoscenza”. «E la conoscenza è la precondizione per l’inclusione».
Non a caso la libreria è un riferimento per la comunità della Porta di Damasco ma anche per il resto della città, ben oltre l’ex linea di spartizione tra le due metà. Nata 41 anni fa come rivendita di libri arabi e cartoleria, è cresciuta grazie all’idea della famiglia Muna di aprirsi al mercato estero, importando testi in inglese. Nel 2009 è arrivata la seconda sede specializzata in volumi internazionali e situata di fronte al negozio originario, ancora in funzione, sul lato opposto di Salah al-Din road.
All’interno anche un bar: il primo caffè letterario di Israele e Palestina. «Non ci limitiamo a vendere libri. Attraverso eventi e corsi di arabo promuoviamo l’incontro. L’Educational Bookshop è aperto a tutti, di qualunque nazione, fede, quartiere di Gerusalemme – conclude Ahmed –. È un luogo di scambio, di discussione e riflessione dove ognuno è benvenuto. Forse è questo a spaventare quanti, in questo momento come non mai, cercano di schiacciare le differenze ed esasperano le divisioni. La conoscenza unisce. Ciò che fa l’Educational Bookshop».