La differenza “in” del maschile
Adriana Sbrogiò
15 Gennaio 2019
Sono andata a rivedermi alcuni scritti miei e di altre donne che risalgono a tanti anni fa, durante i percorsi comunicativi sull’identità e sul desiderio femminile, percorsi frequentati principalmente da donne. In ogni percorso, a un certo punto si presentava la domanda su che cosa fosse, in realtà, la differenza sessuale, dopo il riconoscimento biologico. Soprattutto perché veniva fatta confusione tra la differenza sessuale, la differenza tra donne e tutte le altre differenze.
A un certo momento, mettendo insieme gli scritti di molte donne, emergeva una consapevolezza personale e anche comune. Abbiamo raccolto le parole, prendendole dall’una e dall’altra e ci siamo dette: Sono Donna differente dall’uomo e mi riconosco nelle altre donne mie simili. Ognuna di noi può dirsi e dire: Sono Donna Originale Unica Diversa (da ogni altra donna), e Questa consapevole realtà fa la differenza sessuale femminile.
Per me e per parecchie altre donne è stata importante quella presa di coscienza. La differenza è in ciascuna di noi in relazione con l’altra, proprio così.
Da allora credo di avere intuito o individuato la differenza IN maschile di alcuni uomini, naturalmente tra quelli con i quali ho potuto comunicare, approfondire e interrogare, capire la distanza che c’era tra me e loro, chiedere di dirmi la visione che avevano di se stessi – che li metteva in difficoltà – ascoltare la loro visione delle cose e del mondo di cui, mi pareva, sapevano tutto con sicurezza e senza imbarazzo.
Noi donne nominiamo la nostra differenza sessuale femminile e sappiamo di averla dentro e la significhiamo con le nostre parole dicendo come stiamo e vogliamo il mondo.
Gli uomini, in generale, ci hanno sempre mostrato e continuano a mostrare il risultato del loro stare nel mondo: quello che hanno imparato e sanno, quello che hanno il potere di dire, fare, comandare e governare. A tutti i livelli.
Hanno una grande difficoltà a capire che cosa vuol dire partire da sé e di conseguenza non possono creare quella cultura radicata al proprio essere maschile perché, normalmente, partono dal fuori di sé.
Mi pare che la differenza in del maschile gli uomini non la dicano, pare che non la sappiano dire. Non nominano la loro differenza e alcuni uomini dicono di riconoscersi proprio nella differenza femminile e si definiscono femministi. Si riconoscono nella differenza femminile che però, mi pare, resta fuori-altra da sé. Infatti ci sono uomini che lasciano ben sperare perché, attratti dal modo di essere ed esistere della differenza femminile, si presentano con attenzione, disponibilità e desiderio di partecipare e vivere nel mondo desiderato e creato dal femminismo.
Penso che ci sia un rischio, però, di superficialità quando un uomo si definisce femminista, perché può venire facile mettersi in quella posizione e fermarsi là, facendo coincidere la sua differenza con quella femminile, sovrapponendosi o aggiungendosi alla modalità della differenza femminile. È una situazione che può impedire di accorgersi che, per stare bene e governare il mondo insieme donne e uomini, un uomo ha da nominare la sua differenza in (quella che è emersa in lui, dopo il patriarcato) e darle il nome a partire da sé, con profondità e consapevolezza, mettendosi di fronte alla già esistente differenza femminile nominata.