«Isola delle Femmine», un progetto nel cuore del Mediterraneo
Serena Carbone
25 Luglio 2025
da il manifesto
Stefania Galegati ha vinto la 13a edizione dell’Italian Council. Tra Indonesia, Tanzania e Italia, un network di residenze, incontri e workshop
Isola delle Femmine è il nome di un comune siciliano, vicino Palermo, confinante con Capaci e comprendente un isolotto, ma anche il titolo di un progetto d’arte contemporanea da quando nel 2017 un gruppo di artiste decise di farne il fulcro di un’operazione visionaria. In concomitanza con la messa in vendita dell’isolotto venne lanciata, infatti, un’attività di crowdfunding allo scopo di acquistare l’isola – di proprietà privata e dal 1997 riserva naturale – «per lasciarla in pace» e farne il punto di avvio di un’opera omnia attraverso la quale indagare temi sociali, ecologici ed economici nonché esplorare questioni più intime legate alle rappresentazioni oniriche e alle attuali forme di desiderio. A oggi ancora l’isola non è stata materialmente comprata, tuttavia il suo potenziale simbolico ha generato modalità di possesso gratuite e funzionali alla costruzione di immaginari.
Proprio con il progetto «Isola delle Femmine», l’artista Stefania Galegati ha vinto la 13a edizione dell’Italian Council, che le permetterà di viaggiare alla ricerca di un arcipelago da esplorare e mettere in relazione con questo lembo di terra nel cuore del Mediterraneo.
Il suo obiettivo è quello di ripensare l’idea di isola attraverso un network internazionale fatto di residenze, incontri e workshop tra Indonesia, Tanzania e Italia. Si inizia dunque quest’estate da Jakarta in collaborazione con Gudskul, un collettivo a carattere educativo-pedagogico di cui fa parte anche il gruppo dei curatori di Documenta 15, i Ruangrupa.
Qui Stefania Galegati coordinerà una serie di laboratori dove a partire da letture sparse tratte – tra le altre – dal diario di Goliarda Sapienza, da libri di Paul Preciado e dal manifesto di Rivolta Femminile, si cercherà di re-immaginare il funzionamento delle istituzioni condivise, come le carceri, gli ospedali, e l’intero apparato afferente ai moderni dispositivi di controllo e sorveglianza. L’obiettivo è quello di scrivere un manifesto per l’isola, costruire quindi delle nuove forme di aggregazione, gettare le basi per una condivisione consapevole dell’esistenza.
Un obiettivo ambizioso certo, ma è l’arte di costruire immaginari il campo di azione di queste pratiche che vogliono trascendere il particolare per raggiungere degli universali che non si riducano a meri concetti ma che possano prendere corpo attraverso percorsi partecipati. In Indonesia dunque ci saranno tre tappe: la prima a Jakarta appunto, la seconda alla Jatiwangi Art Factory e la terza al Musyawarah Arsip (Muar) a Makassar.
Durante i due laboratoriiniziali le parole chiave che comporranno il manifesto verranno stampate prima su stendardi di stoffa colorata a serigrafia e poi, a Jatiwangi, impresse in piastrelle di terracotta; a questo si aggiungerà la produzione di un video con le partecipanti che leggeranno i manifesti. Il terzo workshop, a Makassar, invece sarà dedicato alla ricerca di una possibile sorella dell’Isola delle Femmine (Pulau Betina in indonesiano) nel cuore di quell’arcipelago, detto anche di Spermonde dai colonizzatori olandesi, dove ancora molte isole sono senza un nome. Il progetto proseguirà durante l’inverno in Tanzania presso il Nafasi Art Space, il più importante centro artistico di Dar es Salaam, e si concluderà in Italia in primavera, a Venezia presso la Fundación Tba21 (Fondazione Thyssen-Bornemisza) dove verrà organizzato un incontro di restituzione e poi a Palermo, presso l’Ecomuseo Urbano Mare Memoria Viva, con l’installazione dell’opera risultato di questa incredibile avventura.