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14 maggio 2017


C’è un linguaggio della differenza maschile per se stessa, indipendente dai linguaggi della complicità e della rivalità tra uomini? un linguaggio che la fa parlare senza l’armatura dell’universale-neutro-astratto-oggettivo, e rende dicibile la verità soggettiva, e questo, non solo in poesia, anche nella prosa della vita ordinaria?

Comincia a esserci. Ma per ora, lo sfondo resta neutro-maschile, e su questo spicca una differenza femminile che fa, tanto per cambiare, la parte dell’Altro.

Il problema che poniamo non è tanto l’ingiustizia della condizione umana femminile, ma la qualità del discorso. Intendiamo, con ciò, l’ordine simbolico per una civiltà terremotata dalla fine del patriarcato, dove si moltiplicano le questioni che hanno a che fare con la vita sessuale. Che le domande almeno siano ben poste.

Gli strumenti simbolici a disposizione sono limitati e sostanzialmente neutro-maschili. Non aiutano nessuno. Per verificarlo, ricordiamo la vicenda della legge sulla procreazione assistita, la 40 del 2004, esempio di cacofonia del simbolico maschile. Sconfitti tutti con inevitabile ma non benefico ricorso alla magistratura.

Dove va a parare il discorso con cui vi invitiamo alla redazione allargata?

Senza esagerare ma dando corda all’immaginazione, pensiamo alla possibilità di far fruttare la differenza sessuale sul piano soggettivo e relazionale, pensiamo cioè a un esito di tipo etico che potrà eventualmente svilupparsi in diverse direzioni, dal diritto alla scuola, dalla religione all’arte. (Redazione ristretta di Via Dogana)


Programma

dalle 10 del mattino alle 13.30, seguito da un pranzo leggero

Luisa Muraro    introduce il tema

Massimo Lizzi   lo commenta

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