Intervista a Chiara Vigo: l’unica persona al mondo ancora in grado di tessere il filo del mare
Lara Tomasetta
20 Settembre 2017
di Lara Tomasetta
“Non può essere né comprato, né veduto da nessuno. Pensare che il filo dell’acqua possa essere di qualcuno è stupido e non è il motivo per il quale nasce. Il filo dell’acqua non ha nulla a che vedere con il mercato, ha origini ebraiche, è antico come il mondo, abbiamo 46 passi biblici che ne parlano”.
Queste parole arrivano a TPI direttamente da Chiara Vigo, candidata all’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
Ma cos’è il filo dell’acqua e perché è così prezioso?
Il filo del mare è l’espressione utilizzata per indicare la seta del mare, ovvero il Bisso Marino: il filo dorato con cui venivano create le vesti dei sacerdoti e dei faraoni e che viene prodotto dalla Pinna nobilis, un mollusco simile a una cozza che si trova nelle profondità del Mediterraneo.
Il Bisso viene raccolto in alcuni mesi dell’anno dalle profondità marine solo da chi lo sa maneggiare, con la maestria propria degli artisti rinascimentali. Chiara Vigo lo raccoglie immergendosi nel mare di Sant’Antioco, in Sardegna, per farne opere uniche che “non possono essere vendute, ma solo donate”.
Chiara Vigo ha 62 anni e con costanza si immerge per raccogliere i preziosi filamenti marini sotto il controllo della guardia costiera.
“La tradizione mi è stata tramandata da mia nonna”, spiega Chiara, “si chiama trasmissione orale diretta, molte arti in Sardegna vengono trasferite di nonna in nipote”.
Non è qualcosa che si può spiegare a parole, bisogna venire qui, armati di pazienza e capire che non è un mestiere, ma un’arte. L’arte del tessere, di saper estrarre il colore dalle piante da fissare nel tessuto senza additivi chimici. Ci vuole pazienza e devozione.
L’arte della lavorazione del Bisso insegna anche l’arte della pazienza e della cura. Quanto occorre per completare un arazzo o un altro oggetto?
Ho fatto un coprimano da 7 centimetri per 28, ci sono voluti sette anni.
Un lavoro del genere deve avere un valore immenso. È noto che un commerciante giapponese le aveva proposto oltre 2 milioni di euro per un arazzo e lei si è rifiutata, perché?
Io non devo vendere niente perché quello che ho in mano sarà dei nostri nipoti, perché se mai penseranno di volerlo, io gli riconosco il diritto, ancora prima che quel pensiero nasca, di ritrovare intatto quello che io ho costruito. Questo è il concetto di maestria, poi il resto è altro.
Il Bisso passa solo per discendenza matrilineare, è collegato al giuramento dell’acqua. Ha un rituale antico che non può essere insegnato a chiunque.
Quando mia nonna mi ha trasferito il formulario per la lavorazione ho capito nel frattempo cosa ero diventata: l’arazzo più bello che mia nonna avesse mai potuto tessere.
Non me ne ero accorta, ma lei, in quel modo, aveva tessuto dentro di me un arazzo che non si sarebbe disfatto mai. Il patrimonio gestuale, il patrimonio di trasmissione, non può essere descritto (…).
(www.tpi, 20 settembre 2017)