Il piacere di fare politica
Vita Cosentino
19 Dicembre 2022
Riprendere a parlare del piacere femminile significa tirare le fila, anche molto sommariamente, di un discorso che è cominciato negli anni ’70 con Carla Lonzi e Luce Irigaray. A mio modo di vedere non si è mai interrotto, ma è proseguito sotterraneo, interessando anche altri ambiti, cito per esempio la ripresa che Luisa Muraro fa di Lacan in Dire Dio in lingua materna, quando parla del «godimento extra» di cui fanno esperienza le donne.
Di recente poi è stato riportato in piena luce da María-Milagros Rivera Garretas con il suo Il piacere femminile è clitorideo. Questo per dire che si è accumulato un sapere al riguardo da rigiocare oggi.
Sia Irigaray che Lonzi e, adesso, Rivera Garretas mettono l’accento sulla particolarità del piacere femminile. Una caratteristica che tutte individuano è l’autonomia, in quanto mostrano come nella donna il piacere sessuale è separato dalla procreazione. Carla Lonzi e María-Milagros Rivera Garretas insistono sulla clitoride, Luce Irigaray parla delle grandi labbra e delle piccole labbra che si toccano in continuazione, quindi non c’è bisogno di una mediazione esterna. Secondo me una giovane donna lo deve sapere, perché così va all’incontro con l’altro o con l’altra in modo più consapevole. Nella nostra redazione sono infatti le più giovani che vogliono riprendere in mano questo discorso.
L’altra caratteristica che mettono in evidenza tutte queste teoriche ─ anche se lo dicono in modi molto differenti che forse bisognerebbe riprendere e riproporre ─ è che è un piacere diffuso, si irradia, non è fissato nell’organo come il piacere maschile. È il piacere maschile, infatti, che è fissato nell’organo sessuale, ha un apice, poi finisce, ed è quella meccanica lì che coincide con l’atto della procreazione.
Proprio il fatto che sia diffuso tiene insieme il piacere sessuale con i «piaceri dell’anima». Quando Wanda Tommasi ci ha raccontato del suo lavoro all’università, non è passata a un altro discorso: il discorso è lo stesso, è una sessualità fatta in modo diverso.
Di quella sessualità che Freud interpretava come «mancanza» ─ mancanza del pene ─ queste teoriche invece ci dicono che è altra, che quel vuoto può aprire alla possibilità di creare un altro modo di stare al mondo. Lo conferma anche Paola Francesconi quando, introducendo il volume collettivo Una per una, richiama da Lacan la donna come «non tutta», non tutta nel rapporto sessuale complementare, non tutta nei codici esistenti.
Questo insieme di riflessioni mi porta a pensare che dare oggi voce e parola al piacere femminile possa essere una leva per sottrarre la propria vita alle logiche del potere e alle richieste di prestazioni individualistiche.
La questione per me centrale è che il piacere così come si va delineando, inteso come apertura indeterminata, così lo definisce Irigaray, è intensamente relazionale. Pur nella sua autonomia, le due cose vanno insieme. La cifra è quella della relazione. Se pensiamo alla nostra Libreria delle donne, che della relazione ha fatto una politica autonoma, vediamo oggi con più chiarezza ─ io non ci avevo pensato prima ─ che è una politica che attiva il piacere femminile e ne fa una risorsa. In effetti quando ho incontrato la politica delle donne ne sono rimasta affascinata. Era quello che inconsapevolmente cercavo: una politica che coincide con la vita stessa.
Oggi sento fortemente la necessità di riparlare dell’essenziale della politica delle donne perché da quando ci sono donne nei posti apicali dei governi e delle istituzioni internazionali, sembra che lo sguardo debba volgersi lì, in una sorta di incantamento, che idee e desideri possano affermarsi solo se trovano una mediazione istituzionale, sembra che tutto debba essere agito e visto nella prospettiva del potere.
Così si rischia di perdere il piacere di fare politica per se stessa, di essere una donna nella polis, con le proprie idee e i propri progetti, di trasformarsi e trasformare, di portare avanti un agire politico in cui la soddisfazione è nell’agire stesso e non dipende da avere riconoscimenti o ottenere denaro e posti di potere.
Ora che per età anagrafica la sessualità attiva si è assopita, non per questo rinuncio a quelle forme di piacere che posso rigiocarmi per quella che sono, invalidità compresa. Per esempio per me fare Via Dogana, che significa stare in relazione vitale con le altre, leggere e pensare, confrontarmi, fidarmi di loro per azzardare temi rischiosi come questo del piacere femminile… è molto appagante.