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Spagna, stop alla legge medievale sull’aborto

Diritti. Il premier Rajoy perde pezzi. Gallardón, il «grande inquisitore», titolare della Giustizia, è il primo ministro che si dimette volontariamente dal governo. Lascerà la politica

La con­tro­ri­forma della legge sull’aborto del governo Rajoy scom­pare per sem­pre dal pano­rama poli­tico spa­gnolo. E si porta con sé il suo prin­ci­pale spon­sor, il mini­stro della Giu­sti­zia Alberto Ruiz-Gallardón, che si è dimesso ieri in serata.

Si tratta del primo mini­stro del governo Rajoy che a poco più di un anno dalle ele­zioni poli­ti­che lascia il governo in maniera volon­ta­ria (l’altro è stato il capo­li­sta alle euro­pee, l’ex mini­stro dell’Agricoltura Miguel Arias Cañete, che per can­di­darsi ha dovuto abban­do­nare l’incarico per legge e oggi è com­mis­sa­rio in pec­tore della Com­mis­sione Junker).

Poco prima di lasciare il paese alla volta della Cina, ieri in tarda mat­ti­nata il pre­mier Mariano Rajoy aveva annun­ciato pub­bli­ca­mente che il governo riti­rava il pro­getto di legge per rifor­mare la legge sull’aborto varata dal governo socia­li­sta nel 2010 che pre­vede dei ter­mini entro i quali l’aborto è per­messo, esten­si­bili nel caso di malformazioni.

La pro­po­sta popo­lare, coe­ren­te­mente con il ricorso al tri­bu­nale costi­tu­zio­nale pre­sen­tato non appena il governo Zapa­tero aveva appro­vato la legge (e su cui il tri­bu­nale non si è ancora espresso), pre­ve­deva di restrin­gere signi­fi­ca­ti­va­mente la pos­si­bi­lità di aborto, fino a ren­derlo pra­ti­ca­mente impossibile.

Nel suo primo inter­vento pub­blico dopo aver assunto la guida del mini­stero della Giu­sti­zia a gen­naio del 2012, Gal­lar­dón si era impe­gnato pub­bli­ca­mente a can­cel­lare la legge socia­li­sta. Ma l’impresa — un impe­gno elet­to­rale del Par­tito popo­lare appog­giato entu­sia­sti­ca­mente dalla Chiesa cat­to­lica — si è rive­lata molto più com­pli­cata del pre­vi­sto. Il con­si­glio dei mini­stri aveva appro­vato, con fatica, solo a fine 2013 il primo testo. Nel pro­getto, l’aborto era ammesso nel caso di stu­pro (entro le prime 12 set­ti­mane) o in caso di grave rischio per la salute della madre (entro le prime 22), ma non per mal­for­ma­zione del feto. Secondo il pro­getto di legge, la minac­cia per la salute della madre sarebbe stata molto più com­pli­cata da dimo­strare. Inol­tre, al con­tra­rio che nella legge attuale, le minori avreb­bero dovuto otte­nere un per­messo dei geni­tori per poter abor­tire.
Attual­mente in Spa­gna ven­gono effet­tuati circa 120mila aborti l’anno, il 90% dei quali entro le prime 14 set­ti­mane. La legge in vigore pre­vede la «depe­na­liz­za­zione» entro le prime 14 set­ti­mane, esten­di­bili a 22 nel caso di rischi per la salute della donna o del feto.

Il cam­mino di que­sto pro­getto di legge è stato fin dal prin­ci­pio molto acci­den­tato. Di rin­vio in rin­vio, ci erano voluti cin­que con­si­gli dei mini­stri per poterlo appro­vare e dal dicem­bre scorso la legge è rima­sta chiusa in un cas­setto. Gal­lar­dón si era impe­gnato a pre­sen­tarla in par­la­mento prima della fine dell’estate, ma dopo il con­si­glio dei mini­stri di venerdì scorso era chiaro che non ci sarebbe riu­scito. Dome­nica varie cen­ti­naia di per­sone ave­vano mani­fe­stato nella V mar­cia per la vita a Madrid minac­ciando il Par­tido popu­lar di riti­rare il loro voto se aves­sero rinun­ciato alla legge.

Le dimis­sioni di Gal­lar­dón, chie­ste da tutti i par­titi di oppo­si­zione, a que­sto punto sem­bra­vano ine­vi­ta­bili. Il mini­stro, ex pre­si­dente della comu­nità di Madrid ed ex popo­lare sin­daco di Madrid — che al diven­tare mini­stro ha lasciato con un buco di bilan­cio enorme, il mag­giore di tutta la Spa­gna — ha annun­ciato che lascerà anche il suo seg­gio in par­la­mento. L’ex «pro­messa» del par­tito, che quando era sin­daco ammic­cava alla sini­stra, si riti­rerà a vita privata.

Durante il suo man­dato, Gal­lar­dón è riu­scito, fra le altre cose, a far appro­vare una legge che aumenta le tasse giu­di­zia­rie, impe­dendo alle per­sone senza mezzi di poter fare ricorso. Ma la sua con­te­sta­tis­sima riforma del codice penale (che fra l’altro intro­duce l’ergastolo e indu­ri­sce le pene per i mani­fe­stanti) è ancora par­cheg­giata in par­la­mento, così come altre norme di fun­zio­na­mento della giu­sti­zia molto cri­ti­cate anche da avvo­cati e giudici.

Gal­lar­dón ha dichia­rato nella con­fe­renza stampa in cui annun­ciava le sue dimis­sioni che la deci­sione era stata comu­ni­cata a Rajoy la set­ti­mana scorsa, ma che non voleva lasciare il mini­stero prima di aver redatto il (futuro) ricorso con­tro la legge cata­lana per l’indizione delle con­sulte popolari.

Il manifesto,