Il filo che ci lega
Traudel Sattler
7 Aprile 2025
Appena ho messo piede in Libreria delle donne nei primi anni ’80 sono stata attratta dall’intensità delle relazioni che lì si vivevano. Ho subito deciso di unirmi a questa comunità di donne che generavano parole che per me erano una vera rivelazione, tant’è vero che presto sentii il desiderio di tradurre in tedesco quelle idee che nella mia lingua madre non erano mai state formulate politicamente. Anche nella mia pratica femminista precedente, quella della sorellanza, avevamo letto le scrittrici e cercato le parole per dirci a partire dall’esperienza, ma mai scavando così in profondità, con il senso del simbolico, del lavoro sul linguaggio.
Oggi il Catalogo giallo ci ricorda e ci fa rivivere quel lavoro con tutta la fatica e tutta la felicità che comportava. Rileggendolo mi ha colpito come il desiderio della singola si potenziasse nello scambio con le altre, e come la perseveranza delle autrici che ci avevano lavorato per due anni abbia prodotto parole per nominare ciò che non aveva nome. Passione politica, sperimentalismo totale che, in assenza di un linguaggio, tentava ogni combinazione tra letteratura ed esperienza propria.
Silvia Niccolai nella sua introduzione dice di aver trovato l’assunto più potente della politica del simbolico nelle parole conclusive su Gertrude Stein: «Vuoto simbolico, pieno di esistenza» che lei ha riformulato per sé: «stare nel vuoto senza cadere nel nulla». Facendo vuoto della legge del padre, del simbolico maschile, non si cadeva nel nulla perché attraverso la relazione con l’altra si ritrovava ciò che mancava, la relazione con la madre e con sé stessa, liberandosi dalla violenta intromissione del maschile nella vita di ciascuna.
Oggi la situazione è molto diversa, più difficilmente decifrabile, ma per certi versi richiede lo stesso lavoro. L’ho capito tempo fa quando tre giovani donne del gruppo Le Compromesse sono entrate nella redazione di Via Dogana 3: erano esposte già da giovanissime a un neoliberismo che cerca di fagocitare il femminismo, e a un’intromissione insidiosa di influencer che nel nome del femminismo non fanno altro che imporre lo sguardo maschile. E anche loro hanno reagito in modo spontaneo con la sottrazione. Si sono messe insieme prima in rete e poi fisicamente per trovare le parole e dire la propria esperienza. Forse inconsapevolmente si sono inserite in quella genealogia che viene esplicitata nel Catalogo giallo.
Con la ristampa di questo fascicolo rilanciamo l’idea del filo che ci lega a quelle che sono venute prima di noi e a quelle che sono arrivate dopo. Non si tratta di trasmettere parole o concetti, che sono sempre legati alla contingenza, ma si possono mostrare pratiche efficaci. Un aspetto della pratica politica che vediamo nel Catalogo giallo e che sicuramente aiuta a intensificare le relazioni e lo scambio è il fattore del tempo, il prendersi il tempo necessario: incontri che duravano anche alcuni giorni, con piccoli gruppi di lavoro che si riunivano in giornata per ritrovarsi con le altre la sera, e discussioni fino a tarda notte. Io stessa ho potuto fare questa esperienza felice quando è stato elaborato il Sottosopra rosso sulla fine del patriarcato: mi è piaciuto moltissimo! Cinque giorni a Pasqua alle Cinqueterre tra riunioni, confronti a due, cene, passeggiate. E alla fine il lavoro insostituibile di sintesi di chi sa scrivere… Con il Catalogo giallo mi viene voglia di dire: riprendiamoci più tempo per pensare insieme, in questa epoca che impone ritmi frenetici a cui sembra impossibile sottrarsi.