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La società appare fortemente cambiata rispetto a pochi decenni fa, eppure molte di queste trasformazioni non ne hanno intaccato i meccanismi profondi. Ancora oggi, come è stato fatto notare all’interno della redazione aperta di VD3 – Fare impresa femminista – le donne si affidano agli uomini e ammirano gli uomini, un fatto certamente non vero in senso assoluto ma sicuramente presente nella realtà di tutti i giorni. Credo sia troppo facile, rimanendo nella «bolla femminista», giudicare queste donne. Molte di loro probabilmente non si rendono conto della questione, tanto è radicata la convinzione che siano gli uomini il modello da imitare, mentre altre, che comprendono perfettamente il sistema in cui vivono, scelgono di replicarlo – o di adattarsi ad esso – per quieto vivere, per timore, per conformismo o per trarne vantaggio personale al fine di raggiungere i propri obiettivi. C’è ancora spazio dunque per il femminismo? In redazione il femminismo è stato definito vantaggioso, ma vantaggioso per chi? Certamente per me che grazie al femminismo posso essere coerente con me stessa e quindi libera di essere me quando mi muovo nel mondo. Nella mia vita c’è un prima e un dopo l’incontro con il femminismo, conosco il prezzo di una vita modellata su pensieri e desideri non miei ma offertimi da altri e conosco il prezzo di una vita scelta da me e vissuta secondo il mio desiderio e solo ora so che preferisco la seconda opzione. Ma questa scelta non è a costo zero. Praticare il femminismo ed essere femminista per me significa esporsi, mettersi in contraddizione e talvolta in contrasto con me stessa e con le persone che mi circondano. Significa prendersi il rischio di perdere relazioni sentimentali anche se resta il desiderio d’amore, di perdere opportunità lavorative anche se si desidera un miglioramento della propria situazione economica, di perdere i rapporti con la famiglia e con la propria rete sociale anche se si considerano queste persone importanti e gli si vuole bene, tutto per cercare delle forme relazionali nuove che rispondano al mondo che vorrei e a quello che sento coerente con me stessa. In questa pratica continua ogni incontro con l’altro mi chiede di decidere da che parte stare. In un’epoca in cui siamo libere come mai storicamente prima continuiamo ad esserlo a nostro rischio, questa libertà continua ad avere un costo, ad essere sotto attacco e ad essere relegata all’individualità della singola donna che decide per sé. Ma è anche per questo che il femminismo è vantaggioso, perché parla al plurale e porta in sé la speranza che prima o poi la libertà delle donne avrà come limite solo il proprio desiderio e il rispetto del desiderio altrui. Ma non siamo ancora a questo punto. Spesso ciò che è vantaggioso per sé stesse è controproducente per tutte le altre, camminiamo nella contraddizione. Penso al “sex work”, alle donne che dicono di trarne vantaggio e a tutte quelle come me che ci vedono la violenza. Penso allo strumento della denuncia quando si parla di violenza maschile contro le donne e quanto ancora si attui la scelta del silenzio per paura, per sfiducia nelle forze dell’ordine, per l’illusione che quel comportamento violento non sia davvero pericoloso, ecc. quando invece l’esposizione pubblica sarebbe d’aiuto a tutte nel lungo periodo. Penso alle direzioni delle grandi aziende, con sempre più donne coinvolte ma in un sistema che resta saldo su vecchi schemi già visti. Forse la grande contraddizione che viviamo è che il femminismo ha trasformato le donne che lo hanno incontrato ma non ancora il mondo intorno a loro e si è creato il paradosso per cui una pratica nata dal personale per diventare collettiva si è ora incastrata nelle trame insidiose dell’individualismo. Siamo ancora in cammino, dobbiamo ancora chiederci per chi stiamo agendo e se quello che stiamo facendo sia davvero vantaggioso per noi donne come unicità e come pluralità. Le radici del movimento delle donne sono forti, ma i rami e le foglie hanno costantemente bisogno della nostra cura.