Il coraggio di Francesca Albanese e Greta Thunberg
Franca Fortunato
			12 Ottobre 2025
			da L’Altravoce il Quotidiano
Francesca Albanese e Greta Thunberg sono due donne coraggiose e autorevoli, l’una “relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967”, l’altra, giovane svedese promotrice del movimento mondiale Fridays for Future contro il surriscaldamento globale. Oggi, entrambe sono oggetto di pesanti attacchi volti a delegittimarle, infangarle, screditarle e con false accuse renderle non credibili. Attacchi volti a farle zittire, con minacce, insulti, intimidazioni. Ma loro non si fanno zittire, parlano, vengono ascoltate e credute. Contro di loro si è scatenata una campagna di odio violentissima. L’una per aver denunciato e accusato, davanti alle Nazioni Unite con il suo report “Anatomia di un genocidio”, Israele e i suoi complici di apartheid, occupazione illegale dei territori palestinesi e di genocidio. L’altra per essersi imbarcata sulla Global Sumud Flotilla, condividendo la sorte dell’equipaggio. Entrambe sono state accusate di antisemitismo, di essere amiche dei terroristi, di essere al soldo di Hamas. Albanese è odiata per aver fatto i nomi delle “entità aziendali”, americane, israeliane e occidentali (produttori di armi, aziende tecnologiche, società di costruzione e edilizia, industrie estrattive e di servizi, banche, fondi pensioni, assicurazioni, università e organizzazioni di beneficenza) «che sono state a lungo coinvolte nel sostegno all’occupazione coloniale» e continuano a «sostenere, beneficiare e normalizzare un sistema economico legato al genocidio». Il segretario di Stato americano in una lettera alle Nazioni Unite ha chiesto la sua «immediata rimozione» dall’incarico per il suo «virulento antisemitismo e sostegno al terrorismo». L’ha accusata di essere bugiarda, di diffondere false notizie e che il suo rapporto «non è una difesa dei diritti umani ma una campagna diffamatoria». È stata sanzionata come «nemica di Israele, degli Stati Uniti e dell’Occidente». È stata citata in giudizio per diffamazione da un centro legale ebraico americano per aver elencato nel suo rapporto «organizzazioni caritatevoli cristiane» che «con le loro donazioni, hanno contribuito a progetti di sostegno agli insediamenti israeliani, tra cui la formazione di coloni estremisti». È stata attaccata per aver chiesto che la Corte di giustizia internazionale indaghi su queste «entità aziendali» che «traggono profitti dalla distruzione delle vite di persone innocenti» e per aver ricordato come «i processi agli industriali dopo l’Olocausto hanno gettato le basi per il riconoscimento della responsabilità penale internazionale dei dirigenti aziendali per la partecipazione a crimini internazionali».
Greta, da parte sua, è stata umiliata dai militari israeliani che dopo l’arrembaggio alla Flotilla in acque internazionali l’hanno costretta a gattonare e baciare la bandiera israeliana, nella quale poi l’hanno avvolta. Ha subito, come gli altri, maltrattamenti e abusi durante la prigionia di cui al momento non ha voluto parlare quando è atterrata ad Atene, dopo essere stata rilasciata. Ha accusato, anche lei, gli stati, le istituzioni, i media e le aziende di rendere possibile e alimentare il genocidio di Israele a Gaza. La marea umana che si è riversata nelle piazze di tutto il mondo sta con Albanese e Greta e mentre i militari israeliani abbordano l’altra Flotilla, carica di medicinali, medici, infermieri e giornalisti, tutti arrestati, le piazze tornano a riempirsi. Non si tratta, come ha detto Greta, di salvare i palestinesi, ma l’umanità dentro ognuna/o di noi. Umanità tradita, sbeffeggiata, insultata, criminalizzata, da chi, come il governo italiano, in questi anni è stato complice di genocidio e della distruzione di Gaza e oggi di fronte alla possibilità di porvi fine, ha la sfacciataggine di dire di aver sempre lavorato per la pace, ma la verità è più forte delle loro menzogne.