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Il Giornale di Sicilia – Sicuri di vivere in una società democratica, progressista e inclusiva? Sicuri si possa dibattere di temi cruciali per le donne? A occhio e croce chiunque risponderebbe di sì. E, invece, leggendo il volume curato da Daniela Dioguardi, Vietato a sinistra. Dieci interventi femministi su temi scomodi (Castelvecchi editore, 92 pp., 14 €), le certezze in cui ci siamo cullate vengono demolite con la logica dei fatti messi nero su bianco da dodici (scomodissime) femministe, Daniela Dioguardi, Silvia Baratella, Marcella De Carli, Lorenza De Micco, Anna Merlino, Caterina Nuccia Gatti, Cristina Gramolini, Doranna Lupi, Laura Minguzzi, Laura Piretti, Roberta Vannucci e Stella Zaltieri Pirola. Donne che parlano di donne ma soprattutto della sinistra politica che si definisce progressista ma che, invece, chiudendosi al confronto sulle questioni chiave del terzo millennio, sta diventando antidemocratica se non oscurantista. Dalla maternità surrogata all’affido condiviso nelle separazioni passando per l’identità di genere (che sostituisce il sesso), le autrici del pamphlet con i loro interventi (criticissimi) hanno il pregio di riportare al centro la prospettiva delle donne per evitare che l’inclusione indifferenziata le cancelli nuovamente.

Francesca Izzo (che nel 2018 ha abbandonato il Pd, in polemica sul tema della surrogazione di gravidanza), nell’introduzione lo scrive chiaro e tondo: «In questo volumetto troverete fatti, racconti di esperienze, pensieri meditati su alcune questioni che hanno provocato aspri contrasti nel modo femminista e hanno allontanato molte (me compresa) da partiti e organizzazioni della sinistra a cui erano appartenute o a cui avevano guardato con simpatia». E passa in rassegna quanto le dodici autrici illustreranno su temi divisivi, sugli effetti paradossali e a volte grotteschi prodotti dalla ricerca imperante e ossessiva, nella cultura mainstream, dell’inclusione, della parità, del diritto eguale a scapito della differenza sessuale. Possibile che, in nome di questi principi, a prima vista corretti e democratici, accada oggi che venga cancellato il riferimento alle donne nel contesto della violenza maschile? Che venga ignorata la asimmetria tra madre e padre nell’affido condiviso? Oppure che «venga fatto cadere il riconoscimento di una peculiare storia politica delle donne […] e sempre in nome della libertà si sdoganino prostituzione e pornografia e si tenti di archiviare tra i reperti del patriarcato il dato reale e simbolico che i sessi sono due»?