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Ieri, 8 maggio 2024, è morta a ottantasette anni Giovanna Marini. Compositrice, cantante, etnomusicologa e ricercatrice sul campo, autrice di ballate, ha “salvato” e fatto conoscere un enorme patrimonio di brani di musica di tradizione orale del nostro paese. Per me è stata importantissima. Dai dodici-tredici anni ho cominciato a conoscere le sue opere, presenti in casa nella collezione de “I dischi del sole” di mio padre. Era una delle poche donne in quell’ambito che non si limitasse a raccogliere e interpretare le canzoni popolari ma producesse anche testi, e dunque parola propria: le sue famose ballate. Ancora oggi in parte vedo la società statunitense con gli occhi del suo Vi parlo dell’America, un 33 giri di due facciate sul suo soggiorno a Boston nel 1965/66. Per me era importante dare credito a un pensiero e una voce di donna come la sua, anche se lei non sottolineava il suo sesso né si dichiarava femminista.

Non era femminista, ma ha tracciato un filo di genealogia femminile riconoscendo il suo debito con Giovanna Daffini, ex-mondina che le insegnò il modo di usare la voce nel canto tradizionale e le trasmise il suo patrimonio di canzoni.

Non era femminista, ma ha saputo affondare il suo sguardo lucido, intelligente e spietato nel groviglio complesso del materno e delle relazioni tra madre e figlia, e qui voglio ricordarla proprio con la sua opera La creatora (ovvero in nome della madre) del 1972. È una ballata che mette in scena una creazione traposta al femminile e gli effetti deleteri del rifiuto della figlia di riconoscere il debito con la madre, della sua incapacità di agire il conflitto, della sua sterile negazione. Da ragazzina l’avevo interpretato come un atto d’accusa alla tirannia delle madri, aiutata in questa lettura di comodo dal fatto che Giovanna Marini non faceva sconti a nessuna delle sue due protagoniste, finché non lessi un’intervista in cui lei stessa spiegava, spiazzandomi, di essere «ovviamente» dalla parte della madre… Chissà che la mia attuale idea di femminismo non la debba anche un po’ a questa sua lezione imprevista.