Cuore di pietra, mappatura emotiva e affettiva di un territorio
Mili Romano
10 Novembre 2024
Invitata da Donatella Franchi a intervenire alla mattinata di studio su arte e relazione, il mio racconto non poteva non concentrarsi sull’esperienza di Cuore di pietra, un progetto di arte pubblica, partecipativa e relazionale, che ho ideato e realizzato, come curatrice e artista, a Pianoro, paese dell’area metropolitana bolognese.
Attivo dal 2005 al 2020, Cuore di pietra è nato inizialmente come una mia azione poetico-politica a partire da un’emergenza: un piano di riqualificazione urbanistica che si avviava a stravolgere con abbattimenti e ricostruzioni il vecchio centro del paese portando a dei mutamenti, anche antropologici, molto profondi, di abitudini e rituali di vita quotidiana. Da subito, visto il coinvolgimento immediato ed emotivamente partecipe degli abitanti, è iniziata la costruzione di una tessitura continua di relazioni fra me, i moltissimi artisti di volta in volta invitati (per non citarne che alcuni MP5, Andreco, Alessandra Andrini, Emanuela Ascari, Eva Marisaldi, ZimmerFrei, Annalisa Cattani, Mona Lisa Tina) e un tessuto umano, sociale e generazionale diversificato: gli abitanti delle vecchie case (per la maggior parte donne, che abitavano le case dal dopoguerra e che costituivano un po’ la memoria del paese), i bambini delle scuole locali, le loro famiglie, gli abitanti tutti e, col tempo, anche studenti universitari e dell’Accademia di Belle arti di Bologna interessati a un percorso di formazione alla progettazione di arte negli spazi pubblici non finalizzata alla monumentalità né alle opere troppo “egocentrate” ma “portatrici di senso” non solo per l’artista che le crea ma per la comunità. I linguaggi artistici che negli anni abbiamo utilizzato sono stati i più diversi: dal video e la fotografia, nel nostro caso continui “pungoli relazionali”, strumenti di sollecitazione a un dialogo in divenire, alle installazioni effimere o permanenti, le performance. L’obiettivo di tutti i lavori è stato attivare una memoria il più possibile vitale, non retorica né strumentale ma capace, nel suo muoversi con levità e restituendo dignità di racconto ad ogni singola piccola o grande voce, di costruire insieme un’identità rinnovata e far sì che ciò che stava per essere cancellato rimanesse come un racconto “caldo” e “profondo” di tutto ciò e di chi sarebbe inevitabilmente scivolato nell’oblio. Ne è nato così un racconto corale le cui tracce si trovano ancora, dal centro alle aree verdi e alla zona industriale, in un percorso visitabile anche attraverso periodiche passeggiate guidate.
In questa fitta trama di relazioni il tempo e la durata hanno acquisito una funzione fondamentale: niente eventi spettacolari e a spot, ma un’arte che ha lavorato nelle pieghe del quotidiano e nel tempo lungo necessario per entrare in contatto con il territorio, con i suoi abitanti in uno scambio di racconti alla pari fra generazioni e in una cura che voleva essere training alla consapevolezza e responsabilità in progress: cura dell’artista nel momento della fase progettuale e nel suo rapporto (fondamentale) con la comunità, cura nella realizzazione dei diversi progetti che, facendo entrare l’altro dovevano aprirsi a una elasticità e agli imprevisti, cura e attenzione nella manutenzione, contro l’indifferenza, l’invisibilità e l’incuria nelle quali il più delle volte gli interventi di arte negli spazi pubblici scivolano inevitabilmente. Quest’ultimo punto è argomento di una mia battaglia dura, un po’ sconfortante e tutt’ora aperta, perché non è così assodato che tutto ciò che è stato faticosamente creato e con un discreto successo in un certo momento, si sedimenti come cambiamento culturale e di mentalità in chi, soprattutto le istituzioni, ha dovuto e dovrà, nel tempo, e soprattutto in nostra futura assenza, gestire e prendersi cura di un bene divenuto comune. Molto, in questo modo di intervenire con l’arte, ha a che fare con il dono, uno scambio in cui energie e risorse non potranno, men che meno in Italia, essere equiparate alle energie e alle forze e alle risorse spese.
Questa mia pratica e metodologia, sicuramente complesse, che necessitano di presenza, sguardo e ascolto sempre vivi, penso, e me ne rendo conto solo negli ultimi tempi, nascano sia dal non avere avuto una formazione artistica tout courtma avere fatto degli studi trasversali sullo spazio metropolitano moderno in chiave letteraria, artistica e antropologica, sia dall’impegno politico e dalle pratiche femministe della fine degli anni ’70, a Firenze, quando frequentavo il collettivo femminista che si riuniva nella sede del Manifesto, oltre che dalle strade invase dai sogni dell’utopia creativa del ’77 bolognese.
Qualcuna di voi diceva, citando Carla Lonzi, che le artiste hanno reso l’arte uno strumento di azione nella loro vita, io aggiungerei che l’arte è stata per me oltre che un potente strumento di azione nella mia vita anche uno strumento di incontro e azione nella vita degli altri. Essa in Cuore di pietra ha avuto un valore sociale, umano e affettivo, catartico e terapeutico per un’intera comunità.
Cuore di pietra è nato da un’emergenza urbanistica dicevo prima. Ma l’incontro con varie emergenze nel corso del tempo ha fatto sì che, quasi naturalmente, il nostro lavoro proseguisse malgrado difficoltà e intoppi, in un’azione cocciuta e necessaria di Resistenza e resilienza. Nel 2011, di fronte a una crisi economica che imponeva tagli alla cultura, all’arte e all’istruzione e che, anche dai racconti dei bambini di Pianoro, toccava pesantemente le famiglie, abbiamo deciso di proseguire concentrandoci sulle memorie del territorio produttivo entrando con gli artisti nelle fabbriche e nelle aziende, anche e soprattutto in orario di lavoro e cercando di creare una rete di scambio fra le zone della produzione e la vita del paese, spesso rigorosamente separate.
Dal 2016, seguendo gli sviluppi nazionali e locali delle politiche di accoglienza e integrazione dei migranti abbiamo lavorato, attraverso dei laboratori focalizzati sulle narrazioni e le esperienze dei loro viaggi e sulla loro identità nei paesi d’origine e in Italia, con le famiglie ospiti di una struttura gestita da Mondo donna Onlus e con un gruppo di giovani maschi. Onde dorate/Golden waves, nel 2019, con un mio intervento che dalla piazza del municipio di Pianoro si è diffuso ad una partecipazione più allargata a varie città, e con due interventi artistici di Tina Besoni Pesoni e di Valeria Notarangeli, realizzati con i migranti all’esterno della scuola media e in una sala della biblioteca comunale, è stato il risultato di quegli ultimi anni di impegno febbrile e coinvolgente dal quale è nato anche un toccante libretto di racconti di viaggi migranti: Io sarò la tua voce, scritto da Clement I. Thomas, un giovane nigeriano.
Ciò che di Cuore di pietra è rimasto, ed è visibile, oltre ad un percorso di arte contemporanea partecipativa fra i primi in Italia e che segna alcuni spazi pubblici all’aperto e al chiuso, sono alcune pubblicazioni e molti film e video, alcuni fruibili sul web e dei quali vi riporto qui il link qualora voleste approfondire il tema.
Un’ultimissima riflessione, con la quale concluderò, mi è stata sollecitata dalla citazione della secentesca Carte de Tendre che aveva illustrato il romanzo Clélie di Mademoiselle de Scudéry, fatta da Donatella all’inizio di questo nostro incontro. Quella mappa ha molto influenzato periodicamente l’arte e la letteratura, non soltanto femminile, soprattutto dal ’900 in poi: dai surrealisti francesi alle mappe psico-geografiche dei situazionisti. E la public art delle nostre pratiche altro non è, anche, che un tentativo di mappatura emotiva e affettiva degli spazi pubblici e di un territorio che, proprio in virtù dell’emersione di questa affettività riesce a trasformarsi in “paesaggio”, caldo e umano.
www.cuoredipietra.it
https://www.facebook.com/CuoreDiPietra.PublicArt
Cuore di pietra. Un paese si racconta con l’arte, film di Marco Mensa, Elisa Mereghetti e Mili Romano: https://www.youtube.com/watch?v=7yN4ipJFMm8
Trailer del film Lavoro ad arte: https://www.youtube.com/watch?v=YBGxlkbCnMM
Video Onde dorate/Golden waves: https://www.youtube.com/watch?v=VxqZ0-LgXrcVideo Onde dorate/Golden waves. Let’s save them… Let’s save ourselves: https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=LxoqJ1WxiG8