Chi sono le femministe contro il Congresso delle famiglie di Verona
Annalisa Camilli
5 Aprile 2019
di Annalisa Camilli
Pubblichiamo alcuni stralci del reportage di Annalisa Camilli apparso su Internazionale:
«Sono diventata femminista quando ho cominciato a frequentare le lezioni della filosofa femminista Adriana Cavarero all’università di Verona: sono entrata nell’aula e mi sono accorta che la professoressa si rivolgeva alla classe con il femminile plurale, diceva “tutte” invece di “tutti” e ogni volta che usava il plurale femminile si alzava un brusio. Ho capito in quel momento che c’era un problema che andava affrontato, è stata una specie di folgorazione, e così mi sono laureata con Cavarero e ho cominciato a frequentare il gruppo storico delle femministe di Diotima», racconta la giornalista e attivista Giulia Siviero, tra le fondatrici del gruppo veronese di Non una di meno e tra le organizzatrici della manifestazione che si contrappone per tre giorni al tredicesimo Congresso mondiale delle famiglie, in corso dal 29 al 31 marzo a Verona.
Siviero ha raccontato nei suoi articoli per Il Post le trasformazioni della città dove è nata e cresciuta e che nelle ultime settimane è tornata nelle cronache dei giornali di tutto il mondo per il Congresso delle famiglie, che per la prima volta si svolge in uno dei paesi fondatori dell’Unione europea, con un largo appoggio istituzionale come quello di alcune delle più alte cariche dello stato italiano […].
Mentre nel palazzo della Gran Guardia […] andava in scena l’inaugurazione del Congresso dei pro-life, nella sala di un’associazione di Veronetta, il quartiere universitario della città, si svolgeva la conferenza stampa di presentazione della “Verona transfemminista”, la contromanifestazione che culminerà in un grande corteo per le vie della città sabato 30 marzo e a cui hanno aderito organizzazioni femministe di tutto il mondo, insieme anche ad associazioni lgbt, partiti e sindacati.
Una lunga storia di resistenza
[…] Verona è un punto di osservazione interessante per capire cosa sta succedendo in Italia e in Europa sui temi cari ai nuovi movimenti cattolici e ai partiti dell’estrema destra in vista delle elezioni europee di fine maggio.
Ma per Giulia Siviero Verona ha anche una lunga storia di resistenza dei movimenti lgbt, antifascisti e femministi. La comunità di Diotima – fondata da Luisa Muraro, Chiara Zamboni, Wanda Tommasi, Adriana Cavarero – è una realtà storica del femminismo italiano, che ha elaborato il pensiero della differenza. Una nuova linfa all’attivismo e al pensiero femminista è arrivata in città con la creazione del gruppo Non una di meno, legata all’esperienza del femminismo internazionale. Le femministe della città sono state capaci di portare l’attenzione, nell’autunno del 2018, su una mozione antiabortista presentata dal consigliere leghista Alberto Zelger […].
Il 4 ottobre, mentre il consiglio comunale della città approvava la mozione contro l’aborto, alcune attiviste del movimento femminista Non una di meno seguivano in silenzio la seduta indossando i mantelli rossi e le cuffie bianche proprio come le ancelle del romanzo distopico di Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella, diventato in tutto il mondo il simbolo della lotta delle donne contro la strumentalizzazione dei loro corpi e i tentativi di limitare la loro autodeterminazione. In questo modo riuscivano a portare l’attenzione dei mezzi d’informazione su questo tema.
«Non una di meno nasce tre anni fa come movimento che mette insieme realtà diverse, tutte noi veronesi avevamo avuto a che fare con la comunità di Diotima e per loro c’è un grande riconoscimento, però abbiamo delle pratiche completamente diverse da quelle delle femministe storiche: non siamo separatiste e per noi la manifestazione di piazza è essenziale all’esperienza politica», spiega Siviero.
[…] Non una di meno Verona è un movimento che si definisce “intersezionale” […]. «È per questo che il movimento si sta imponendo a livello globale, perché riesce a tenere insieme un programma politico vasto», afferma Siviero. «A Non una di meno si sono avvicinate molte ragazze che sono attratte da questo aspetto inclusivo».
Per Siviero l’elemento più importante della tredicesima edizione del Congresso mondiale delle famiglie è il fatto che si svolga in Italia, un paese che è nel cuore dell’Europa: «Il Congresso ha il pieno appoggio del governo giallo-verde, questo è un segnale molto preoccupante, finora questo tipo di congressi che raccolgono antiabortisti di tutto il mondo si erano svolti in paesi che non sono considerati campioni di libertà, il fatto che si sia svolto in Italia con il patrocinio delle istituzioni è molto grave».
Da tutto il mondo a Verona
Mentre [si apre] il Congresso
mondiale delle famiglie, a Verona cominciano ad arrivare attiviste e collettivi
femministi da tutta Europa per partecipare alla grande manifestazione di
sabato. Tra loro Vanessa Mendoza Cortés, 39 anni, psicologa e attivista per la
legalizzazione dell’aborto in Andorra. «Sono una psicologa sociale
specializzata in violenza di genere, sono nata e cresciuta ad Andorra, […] ho
studiato e lavorato a Barcellona, ma poi sono tornata ad Andorra dove ho
fondato un’associazione che si chiama Stop
violències, che lotta contro la violenza di genere e chiede la
legalizzazione dell’aborto nel paese, almeno per i casi più estremi», spiega
Mendoza Cortés. […] «[Ad Andorra] non
è possibile abortire nemmeno nei casi di malformazione grave del feto, in
queste situazioni le autorità chiedono alle donne di partorire, anche se il
bambino non ha nessuna possibilità di sopravvivere», continua l’attivista. […] «A
volte mi viene da piangere quando penso alle donne che nel mio paese mi
chiamano ogni giorno per interrompere la gravidanza. Parlare di quello che
succede nel mio paese non è facile per me, ma partecipo volentieri a queste
manifestazioni internazionali perché mi fanno sentire che non siamo sole», afferma
Mendoza Cortés.
[…] Eugenia Ivanova, 39 anni, [è] fondatrice di Wide+ e Adliga, attivista contro la violenza sulle donne, arrivata dalla Bielorussia. «La famiglia è amore e rispetto», afferma Ivanova. «Non possiamo accettare un’idea di famiglia che cancella i diritti di una serie di persone, le condanna a stare fuori dalla società». In Bielorussia non c’è ancora sufficiente consapevolezza sulla violenza domestica, la violenza maschile sulle donne, che è molto diffusa. «[…] Il femminismo mi aiuta a fare delle scelte nella vita, significa essere quello che voglio essere, senza ricevere pressioni dall’esterno», conclude Ivanova. […]
(Internazionale, 30 marzo 2019)
Il servizio completo può essere letto sul sito: