Badiamo a noi
Donatella Massara
4 Aprile 2020
Qualcosa cambierà, lo dicono tutti. La retorica che prevale dice: cambierà e non può che essere un bene. Non lo so. Rifuggo dalla retorica. Quindi mi attesto su me stessa. Quello che è cambiato in tutte e tutti è la percezione della malattia. I posti in ospedale sono maledettamente pochi. Lo sapevamo. Attese di mesi per essere operate di un tumore, al seno. A pagamento in quindici giorni tutto risolto.
Io lo so perché ho una lunga storia di tumori al seno. Ho cominciato nel 1994 a 44 anni non ancora compiuti. Sono stata operata allo IEO appena aperto, a pagamento. Allora era appena morto mio padre ma mia madre era ancora viva sarebbe morta pochi anni dopo. Avevamo ricevuto anche l’eredità di una cugina, morta di tumore al seno, l’anno prima. Ho poi avuto altre due operazioni nel 2006 e nel 2007, con la mutua. Non avrei certamente potuto permettermi altre soluzioni, anche se l’attesa di mesi nel 2007 c’è stata, con questo tumore che sentivo diventare sempre più grosso. Finalmente è venuto il mio turno. Ha visto? Mi ha detto la chirurga quando il risultato è stato buono, niente linfonodi intaccati, benché avesse girato per vari convegni mentre aspettavo che mi chiamasse. Ecco tutta questa trafila che attraversa la mia vita da 26 anni, che significa controlli, prevenzione, attenzione, autovisita, dieta, fare parte di programmi di studio, partecipazione a incontri sempre dal punto di vista della dieta alimentare in cui credo, so che cambierà. Ma forse no. Magari invece no. Diventerà ancora più importante approfondire la ricerca, quella genetica, per esempio, che, avendo scoperto la mutazione genetica che mi predispone al cancro al seno, mi vede fra le protagoniste interessate.
Faccio il punto di come vedo la situazione. Di tutto quello che avverrà sul fronte della sanità non sappiamo niente, neppure sappiamo cosa avverrà di un’economia che avrà è ovvio una montagna di problemi anche di sopravvivenza pura e semplice. La sanità da settore importante vessato dai tagli ma che salvava la faccia con un aggiustamento e l’altro, un taglio di qui e un finanziamento farmaceutico di là, uno studio in più a destra, e un altro in meno a sinistra, ha mostrato un contradditorio risultato. Capace di gestire un’emergenza mai vista prima, di costruire ospedali in 15 giorni quello che fino a un mese prima “solo i cinesi ci riescono”, sostenuta da un numero altissimo di donne e uomini che hanno fatto richiesta di intervenire, abile a gestire una malattia, fino a dove è possibile, avvicinando il malessere con sistemi abituali ma non sperimentati per il Covid 19. Questa sanità ha però sacrificato migliaia di donne e uomini non avendo a disposizione le protezioni che una politica sanitaria avveduta, in mano a governanti capaci di pensare non solo alla spesa, aveva il dovere di rifornire.
La mia percezione della malattia oggi è cambiata. Mi sono convinta che ammalarsi è un lusso. Purtroppo la malattia non è solo una questione di accidenti capitati in seguito all’età, al clima, alla conformazione fisica, ai contagi, appunto, la genetica ci insegna che apparteniamo a catene umane che ci mettono fino dalla nascita dentro alle malattie. Non per tutte e tutti però, ci sono alte percentuali ma chissà perché c’è chi scappa via dal suo destino genetico. Quindi niente è detto mentre cerchiamo di dire tutto. Forse è qui che potremmo agire. Sulla percezione del costo della malattia devo molto a mio cognato Paolo Banfi che – oltre a essere un ottimo pneumologo che mi ha sempre curato molto bene – nella discussione politica quotidiana mi ha sempre avvertito che era con questo sguardo che mi toccava guardare alle cure che ricevevo, per diritto, tutte gratuite benché molto costose. Esami del sangue, mammografie, ecografie, Risonanza magnetica ogni anno, visite ginecologiche con ecografia, operazioni, caspita quanto sono costata in questi anni alla spesa pubblica. Ho ricambiato – oltre che pagando le tasse – come so fare io: con moltissimo lavoro gratuito, ho creato luoghi virtuali di successo, non per il commercio ma per diffondere sapere, relazioni, conoscenza, cultura, politica delle relazioni fra donne e con gli uomini che vogliono entrarci. Ho fatto conoscere la scrittura delle donne. Ho fatto spettacoli teatrali creando la compagnia Donne di parola per comunicare il pensiero delle donne oltre che il mio. Ho scritto molto sulla rete. Ho pubblicato tre libri che non mi hanno fatto guadagnare niente. Questo è il mio impegno con cui collaboro a fare di questa società un luogo dove il pensiero la parola l’agire delle donne e intrinsecamente di tutti sia centrale nelle scelte politiche economiche sociali.
C’è la gestione della malattia in una direzione che comprende tutta la persona umana. A questa visione della malattia concorre in modo importante la dieta e qui devo molto a chi mi ha introdotto nel mondo della macrobiotica intrecciata con la cura del tumore al seno, Franco Berrino, sua moglie Jo recentemente scomparsa, e Elena Alquati, che è stata la sua assistente e cuoca, le amiche e gli amici dell’ex Punto Macrobiotico di Segrate, Cinzia Bertozzi, Mara Montesano, Marina Mazzotti amiche che condividono con me la pratica della questione alimentare come centrale. Recentemente ho avuto qualche contatto anche con le amiche e gli amici di Cuisine e Santé, fondato da René Levy e ho assimilato anche da questo gruppo di seguaci delle dottrine di George e Lima Oshawa, così come da Martin Halsey, fondatore di La sanagola, ristorante macrobiotico, e di cui tengo presente la dottrina attraverso la sua lettera quindicinale di consigli.
Esiste una gestione quotidiana della malattia e della propria salute come una cosa sola. Una gestione quindi non estemporanea, occasionale, deterministicamente dettata da un malessere e neppure dai protocolli, dalle medicine, dalla cura ospedaliera, con visite, controlli, esami. E non ho detto che siano da escludere. Dico però di considerare per ogni essere le pratiche adottate per vivere. Alla gestione quotidiana dell’essere che siamo fa da completamento il lavoro motorio. Danza, Ginnastica, Pilates, Camminare, quattro discipline a cui mi dedico per la mia salute. Con l’esclusione del Pilates le conosco abbastanza bene, le pratico così da anni che penso non solo di poterle insegnare, ma soprattutto di poterle praticare in autonomia. E come insegna Berrino ho praticato e pratico anche da anni la meditazione camminando.
Oggi ho una nuova percezione della malattia, che sta diventando un lusso. Da un giorno all’altro ho visto che le persone malate prima del Coronavirus, contate sullo sfondo dei numeri complessivi della popolazione che popola il nostro pianeta, sono pochissime. Sono così poche che quando si allarga il numero di chi abbisogna di cure salta il sistema delle normali relazioni di vita sociale, affettiva, lavorativa. Certo, mi rispondo da me: è perché la normalità è la salute, non la malattia. E già, è vero, anche per me la normalità è la mia salute che mi ha permesso di fare tante cose negli anni, eppure io ho anche una malattia per la quale pratico esami diagnostici, operazioni, cure dal 1994. E grazie a questa diagnostica, insieme all’autodiagnosi, ho avuto l’operazione di tre tumori e con la diagnosi di una mutazione genetica ho avuto anche un intervento preventivo.
Oggi ho la percezione che la mia malattia è un lusso. Forse è proprio un lusso che me la sia consentita, genetica a parte. Chissà mi dico forse una parte di me, nell’inconscio ha detto ma sì autorizza le tue cellule a replicarsi male, metti a riposo il tuo sistema immunitario, sospendi la sorveglianza su quelle cellule sbagliate, lascia correre la malattia. Perché non lo so, forse perché la salute dopo la malattia è una botta di vita. Ma qualsiasi sia la risposta, da ora in poi ci vuole più attenzione perché a occhio croce i soldi saranno molto meno di oggi. A me che ho quasi 70 anni forniranno ancora gratis gli esami che mi servono per sorvegliare il mio DNA?
Ad ogni buon conto suggerisco di pensare attentamente a cosa facciamo per la nostra salute, come dire? Gratis. Pensateci bene. Non ci sono solo i mezzi della diagnostica, per prevenire i tumori piuttosto che le malattie cardiovascolari. Ci sono semplici pratiche di vita quotidiana, come l’attenzione al cibo, all’evitamento di ciò che può nuocere a noi ma anche all’ecosistema, come la carne, in generale, il fumo, che nuoce pure all’ambiente, oltre a chi ci sta di fianco, anche l’alcool, fa male, i dolci sono dannosissimi non solo ai denti come ci dicevano da bambini. Ora queste esperienze di self-help (di autoaiuto) praticate in comunità ci possono salvare e dare la felicità di pratiche che non costano alla comunità e possono essere altamente capaci di darci una buona salute, e almeno di darci il potere di decidere di noi stesse e noi stessi.
Alimentarsi con attenzione a cosa si mangia è una medicina naturale che ciascuna e ciascuno di noi può conoscere in soggettiva, partendo da sé. È una medicina che non costa niente al bilancio pubblico e spinge a prestare attenzione a sé, qualsiasi passo verso la ricerca di sé va bene.
Sempre di più ci verrà opportuno sapere badare a noi, curandoci l’una con l’altra, l’uno con l’altro, l’una con l’altro, l’uno con l’altra e quello che abbiamo imparato in questi anni, la nostra saggezza del corpo servirà a noi e alla comunità.
Ha scritto Annie Ernaux nella sua bellissima lettera «nous ne laisserons plus nous voler notre vie, nous n’avons qu’elle», et « rien ne vaut la vie » (Sappia, signor Presidente, che non ci lasceremo più rubare la nostra vita, non abbiamo che questa e “nulla vale quanto la vita”)