Andare via
Annarosa Buttarelli
20 Marzo 2023
Fa bene la Libreria delle donne a riprendere la riflessione intorno alle pratiche politiche, perché senza dubbio vanno ripensate alla luce delle trasformazioni in corso. Sono convinta che le pratiche radicali della politica delle donne siano l’unica vera chance sul tappeto del travaglio contemporaneo, in cui la parola “radicale” è diventata quasi una brutta parola da quando è utilizzata per indicare tutt’altro.
Per fortuna, spesso il cinema è un passo avanti: nella sale si può vedere un film, Women Talking di Sarah Polley, già molto amato e commentato dalle donne e da noi femministe. Ma tra i molti meriti, mi ha colpito la nettezza con cui il film ricapitola mirabilmente tre posizioni che le donne possono assumere in un mondo dove si rischia continuamente, anche oggi, la prevaricazione o la violenza maschile: 1) si può rimanere dove si è senza fare nulla; 2) si può rimanere dove si è, lottando fortemente; 3) si può andare via insieme alle altre. Le donne del film parlano, riflettono, discutono, litigano a lungo, fanno confliggere le tre posizioni tra loro, ma alla fine tutte quante scelgono di andare via insieme e di portare con sé via tutti e tutte, figli, figlie, parenti e amiche. Il coraggio e la forza che richiede questa posizione sono raffigurati molto bene in tutta la vicissitudine del racconto. Perché le donne del film scelgono di andare via? Perché hanno verificato che nessun affetto, nessuna cura, nessuna parola, nulla di nulla convincono i vari uomini a farla finita con la violenza, le botte, gli stupri, la pedofilia. Detto in altri termini: quando il contesto di vita e di lavoro si presenta refrattario a ogni ragione femminile, non vale la pena farsi mortificare, sperare in una conversione, perdere preziose energie, spendere inutilmente parole d’amore e di saggezza. Si deve andare via insieme alle altre che vanno via, per custodire vita, speranza, fiducia, immaginazione, parole di verità.
Mi pare un chiaro suggerimento per l’oggi, una pratica che è necessario togliere dalla eventuale polvere della storia del femminismo, se è vero, come diceva Carla Lonzi, che il femminismo è un’eterna istanza delle donne. Certamente la prima posizione, quella delle donne che accettano l’impotenza della ribellione che implode dentro di loro, quando accettano l’omologazione, non è più quella della maggior parte delle donne nel mondo, come è stato dimostrato dalla rivoluzione femminista. La seconda pratica, rimanere nel contesto lottando fortemente, la stanno perseguendo, ad esempio, le iraniane, le afghane, le curde che mettono la loro vita a disposizione della lotta anche estrema. Ma i maschi, in generale, vogliono ancora che sia versato il sangue di chi li ha messi al mondo, o vogliono che le loro istituzioni non siano modificate di un grammo, pena l’espulsione, ancora oggi. Perciò, dopo tutti i tentativi amorosamente cercati, nei secoli e negli ultimi decenni, perché avvenisse un dialogo trasformativo tra donne e uomini, sembra che la sensibilità e la capacità profetica femminile suggeriscano di riprendere la pratica di andare via. Come illustra politicamente il film, non si tratta di andare via da sole, individualmente, si tratta di un esodo da realizzare adeguato ai tempi che corrono, letteralmente corrono. Un andare via insieme alle altre, per lasciare soli gli uomini di cattiva volontà e quelli che provano piacere nel fare svariati tipi di violenza. Un esodo della mente, prima di tutto, se non di mente e corpo, come invece hanno fatto la Sturgeon e le altre auto-dimissionate al culmine della carriera. Un esodo capace di contenere propositi, vita, responsabilità, pratiche politiche, scienza e sapienza inascoltate dai seguaci del dominio. Le pratiche dell’andare via a cui alludo sono anche molto semplici ma, nei contesti politicamente corretti, anche molto coraggiose: per esempio, quella di una ex assessora del Comune di Roma che ha sempre rifiutato di sedere a tavoli dove sarebbe stata l’unica donna; o quella di rifiutarsi di partecipare a dibattiti dove le posizioni vengono azzerate da contrapposizioni inscalfibili, con la scusa del pluralismo dell’opinione; o quella di rifiutarsi di adottare la formula sciagurata del genitore1 e del genitore2, nata per far fuori le madri, ancora una volta.
C’è, ancora una volta nella storia, la necessità di far valere la differenza e l’intelligenza che stanno consentendo alle donne di tutto il mondo di partecipare pienamente a una rivoluzione riuscita e in corso di sviluppo ulteriore, una rivoluzione che ha la potenza di poter convertire le fragili sorti del mondo in cui viviamo.