Abbiamo più risorse di quelle che crediamo di avere
Marisa Milesi
15 Luglio 2016
Cara Via Dogana 3,
in questa estate che sembrava decollare con fatica, leggo sul sito della Libreria che l’incontro di via Dogana 3 del mese di luglio non ci sarà. Mi dispiace e attendo con curiosità l’incontro di settembre. Con il caldo in arrivo il bisogno di vacanza comincia a farsi impellente. Ma il sito resta aperto e quindi, mi dico, perché non restituire qualche eco che la partecipazione agli incontri ha avuto per me? Ripercorro alcune suggestioni.
Non casualmente, tra gli incontri a cui ho partecipato, quello che più ha avuto risonanza in me è stato l’incontro del 13 settembre Farsi forza.
Il sentimento della mancanza, del non saper riconoscere la propria forza ma anzi sminuirla e disperderla, è un vissuto con cui combatto sempre, non mi risparmia mai, nemmeno sotto la canicola estiva. Certo, mi dico, anni e anni di patriarcato, di storia scritta al maschile, qualche danno nel profondo l’avranno pur fatto!
Ho delle amiche molto care, splendide donne intelligenti e resistenti, che mi fa piacere incontrare perché mi riscaldano il cuore. Eppure, eccole là, per difendersi dagli inevitabili vissuti di solitudine e dai travagli della vita, ognuna a cercar risposte altrove: terapeuti per analisi interminabili, uomini rincorsi per storie improbabili, frenetiche attività con cui riempire il poco tempo sottratto al lavoro e alla famiglia per poi lamentarsi di non avere mai tempo. Insomma, ragazze! Come dire, tutte a rifugiarsi in un individualismo un po’ narcisista che non aiuta, che isola ed amplifica i vissuti di solitudine. Tutto questo spesso nell’inconsapevolezza della propria capacità e forza che, condivise con altre, potrebbero far nascere energie nuove da usare per sé e per il mondo.
Io non sono diversa da loro, ed è anche per questo che mi sono così care e vicine. Tuttavia come ha scritto Luisa Muraro nel suo Non è da tutti. L’indicibile fortunadi nascere donna – «il senso della mancanza tiene la porta aperta (…) ed è proprio la mancanza che dall’interiorità indica il cammino»; cosìpasso dopo passo sono arrivata alla Libreria delle donne di Milano, ho letto la mitica rivista Via Dogana, ho partecipato, anche se sempre rigorosamente in silenzio, a Via Dogana 3, e aspetto settembre in una pausa di ozio meditativo e in compagnia di buoni libri, preferibilmente di autrici.
Insomma, avvicinarmi ai luoghi del pensiero femminista e nello specifico al pensiero della differenza ritrovandovi genealogie femminili mi aiuta a farmi forza.
L’esperienza della Scuola di scrittura pensante che ho frequentato alla Libreria mi ha orientato a comprendere come tale scelta sia stata per me un atto politico, una scelta di schieramento, spontanea e ragionata al tempo stesso. Spontanea perché attinge ad una corrispondenza tra il mio sentire, la pratica del partire da sé e il desiderio di presenza al mondo. Ragionata perché ho scelto di vedere il mondo e le cose che accadono, dalle vicine alle lontane, con una lente nuova per me; ciò mi ha consentito un guadagno di forza da spendere nella vita di tutti i giorni.
Così che voglio impegnarmi a far sì che il femminismo continui a propagarsi come un virus, perché si interrompa questo sentimento nocivo di subordinazione al maschile da parte delle donne e si faccia spazio a un di più femminile: abbiamo più risorse di quelle che crediamo di avere e che mettiamo in campo.
A mio avviso l’ha ben testimoniato Laura Giordano, che nella sua relazione per l’incontro Farsi forza ha raccontato della forza guadagnata attraverso la possibilità di sperimentare una relazione politica con altre donne. Con una consapevolezza che definisco politica, politica nel senso della politica delle donne che è il partire da sé e far nascere qualcosa di nuovo che riguardi le nostre vite ma vada anche oltre le nostre singolarità, poiché apre strade nuove anche per altre ed altri.
Un’ultima suggestione da via Dogana 3: nella sintesi del primo incontro del 13 maggio Silvia Baratella ha riportato un pensiero di Luisa Muraro che, con un richiamo ad Hannah Arendt, dice: sono convinta che l’agire politico, per l’essenziale, sia l’esporsi in prima persona là dove si è, nel momento in cui le cose lo domandano. Prendere l’iniziativa. Solo dopo vengono la tenacia e la fedeltà.
Un auspicio, quasi come un augurio e anche un’esortazione, farsi forza, per prendere l’iniziativa e prendere parola, una presa di parola pubblica che rimanda alla dimensione politica dell’agire (…) ed ha a che fare con la cura e la responsabilità nei confronti della realtà sia con il desiderio di una sua trasformazione1.