A tu per tu con Iaia Forte
Ombretta De Biase
29 Luglio 2025
dal Corriere dello Spettacolo
Iaia Forte ha un background stellare. Napoletana, si è diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia e, fin dagli inizi, ha lavorato con registi e attori del calibro di Toni Servillo, Mario Martone, Carlo Cecchi, Marco Ferreri, Pappi Corsicato, Paolo Sorrentino, con cui ha vinto anche l’Oscar per La grande bellezza, Ferzan Ozpetek e con quasi tutti i nomi più noti della nostra cinematografia di qualità. Vincitrice di un Nastro d’argento per il film Luna e l’altra (1996) di Maurizio Nichetti, non solo il nostro miglior teatro e cinema ma anche i programmi televisivi come Avanzi e La tv delle ragazze fanno parte delle sue tante e varie esperienze.
D. Può parlarci dei suoi esordi? Quali timidezze o difficoltà o ostilità iniziali ha dovuto superare?
R. Ho un ricordo felice e vivo dei miei esordi. Forse perché era la fine degli anni Ottanta, e quel momento storico era molto diverso da quello attuale. Desiderare di fare questo lavoro non comportava, per la maggior parte delle persone che ho incontrato, solo ambizioni di carriera e soldi. Ci si incontrava e si desiderava condividere teatralmente azzardi, si cercavano linguaggi nuovi guardando anche ad altre forme d’arte. E, sopra tutto, si desiderava farlo insieme.
D.Oltre che per il suo talento, lei è particolarmente ammirata per la sua grande versatilità, ha anche interpretato un personaggio maschile molto particolare, Toni Pagoda, tratto dal romanzo Hanno tutti ragione di Paolo Sorrentino. Può parlarci di quest’esperienza sia teatrale che cinematografica?
R. Una delle ragioni per cui amo il teatro è la possibilità di abitare uno spazio che accoglie ogni forma di antinaturalismo. La realtà in teatro ha regole unicamente sue. E io questa sregolatezza me la concedo tutta, perché mi diverte interpretare creature polimorfiche.
D. C’è un personaggio, un testo, un film che finora non ha fatto e che vorrebbe fare in futuro?
R. Sicuramente, ce ne sono moltissimi. Ma, stranamente, i miei desideri sono difficilmente proiettivi. Avendo la possibilità di mettere in scena me stessa, quando appaiono vengono velocemente realizzati. Amo lavorare con i registi, e ho avuto la fortuna di incontrare i più grandi, ma amo anche il mio spazio di personale creazione.
D.«Mettere in scena me stessa», credo che questa sua breve frase sottintenda la capacità/necessità per l’attore di saper attingere alle proprie emozioni ed esperienze di vita per riuscire ad essere credibile in qualsiasi personaggio. È d’accordo con questa mia interpretazione?
R. Sì, perché un personaggio è anche un territorio di esplorazione esistenziale. Un grande personaggio è, come dice Juvet, un faro. Avere relazione con un grande testo, ritrovarlo tutte le sere e interrogarlo tutte le sere in modo diverso, è il vero, grande privilegio di ogni attore.
D. Fra i personaggi femminili interpretati, qual è quello che l’ha maggiormente coinvolta emotivamente e perché?
R. Ho amato molto l’incontro con Erodiade di Testori. La forza fragile, la meravigliosa lingua di Testori, gli slittamenti continui tra il tragico ed il comico. Un’esperienza più che un personaggio.
D. Rispetto ai suoi inizi, intorno agli anni ’80-90, ci può dire com’è cambiata la modalità di lavorare e di relazione in teatro, nel cinema o in tv sia con i produttori che con i colleghi e le colleghe?
R. Io ho la sensazione che sia cambiato molto. Mi chiedo se in realtà sono cambiata io, ma so di detestare gli atteggiamenti nostalgici, e sono vigile su me stessa, non me li faccio passare. Eppure è innegabile che a quei tempi, sia nel teatro che nel cinema, c’era più spazio per la ricerca, e un pubblico più curioso ad accoglierla. Oggi il pubblico tende consumare il teatro e il cinema spesso solo come forma di intrattenimento.
D. Lei ha affermato di lavorare bene con le donne. Le chiedo: c’è una donna che per lei rappresenta un modello, una personalità a cui fare riferimento nei momenti di difficoltà?
Patrizia Cavalli. Era una grande poetessa, e un’amica. Qualcosa di più di un’amica, essendo per me un riferimento fondamentale, e riconoscendole una intelligenza superiore. Quando è scomparsa mi mancava. Leggevo spesso le sue poesie per rincontrarla. Lo spettacolo è stato generato dal sentimento della mancanza.
D. Molti attori e attrici di cinema, una volta arrivati all’apice della carriera, sono passati dietro la macchina da presa, lei ha progetti di questo genere?
R. Nessun progetto di regia cinematografica. Troppo pigra.
D. In Italia proliferano le scuole di teatro e molte si pubblicizzano creando una distinzione fra corsi per il teatro e corsi per il cinema. Lei pensa che esista differenza fra i due tipi di recitazione?
R. Io ho fatto il Centro sperimentale di cinematografia, dove ci insegnavano il controllo del viso, dell’uso delle mani. Questi insegnamenti mi sono stati utilissimi in teatro. Sono bacini che, personalmente, si alimentano a vicenda. C’è la differenza del mezzo tecnico, ma alla fine io quando li pratico non cambio attitudine recitativa.
D. A beneficio dei giovani aspiranti attori, può parlarci del metodo con cui lavora sul personaggio? È sempre lo stesso o varia a seconda del personaggio?
R. Personalmente non ho un metodo codificabile. Ogni personaggio mi si impone chiedendomi un metodo a lui congeniale. Sicuramente mi piace studiare. Se devo fare Molière leggo tutto di lui o su di lui. Ma queste letture, più che a erudirmi, servono ad alimentare la mia immaginazione. E mi aiutano a leggere il testo con più profondità. Poi a volte è un costume, altre volte una musica o un’immagine che mi suggeriscono possibilità interpretative.
D. Sempre a beneficio dei giovani aspiranti attori, fra ingredienti come: talento, determinazione, creatività, cultura, fortuna qual è quello che lei ritiene indispensabile per avere successo nel mestiere dell’attore?
R. La serietà. I bambini quando giocano sono seri, credono fino in fondo al loro play. Anche gli attori devono giocare così!
D.Può dirci quali sono i suoi programmi per il futuro?
R. Lavorerò con i Muta Imago, il cui lavoro mi interessa molto, su Viale del tramonto. In scena con me ci sarà Cecchi, che considero il mio maestro più importante. Naturalmente, date le premesse, non vedo l’ora.