A proposito dell’arte e l’arte della relazione
Mercedes Cuman
10 Novembre 2024
A proposito dell’arte e l’arte della relazione. Sono passati quarantasei anni dalla pubblicazione del libro Ci vediamo il mercoledì gli altri giorni ci immaginiamo (Mazzotta ed., Milano 1978), che raccoglie i lavori collettivi del nostro gruppo di artiste e fotografe. Il titolo è l’esatta rappresentazione di cosa è stato quel gruppo, una relazione stretta fra donne che ha prodotto fotografie, filmati e non solo, anche installazioni e viaggi insieme.
Abbiamo vissuto intensamente il nostro operare ignorando il sistema dell’arte, non volendo entrarci, così appagate dal nostro fare in collettivo o anche in solitudine. Molti di questi lavori sono di difficile attribuzione perché siamo intervenute a più mani e a più idee, l’idea di una diventava il filmato o la serie fotografica di un’altra. Dopo quasi cinquant’anni questa pubblicazione è diventata fonte di studio per giovani donne che la presentano nelle loro tesi, donne che si relazionano con noi, che ci intervistano, che ci fanno rivivere nella memoria quella esperienza esistenziale che era arte. Allora le nostre giornate erano scandite da incontri e da un fare che si mischiava fra arte e quotidiano, o gesti quotidiani che diventavano materiale artistico. Il 5 ottobre, il giorno prima della riunione di Via Dogana 3 ci siamo di nuovo ritrovate, io, Diana Bond e Paola Mattioli, in viaggio verso Ravenna per l’inaugurazione della mostra “Fotografia e Femminismi” presso la Fondazione Sabe per l’Arte, Storie e Immagini dalla collezione Donata Pizzi. Mancavano tre di noi: Adriana Monti perché vive in Canada, Silvia Truppi non è più fra noi, Bundi Alberti aveva altri impegni, Esperanza Núñez ha rotto con il gruppo. Comunque, ancora una volta insieme a raccontarci e a confermare questo filo rosso dell’arte che è riuscito a ricucire i nostri conflitti passati, confermando la forza che l’arte femminista ha nel tenere insieme le relazioni nonostante il tempo che passa. L’arte è la cura della propria mente che si fa ad ogni costo. È accettata dagli altri come gratuita, a parte gli artisti inseriti nel sistema, questi diventano dei maestri/e, dei santoni, delle divinità, perché la loro non è una vera e propria professione, è qualcosa di talmente idealizzato che si avvolge in un’aurea divina. L’Arte è biforme, libertaria e classista insieme. Per fare arte bisogna essere molto generosi. Pensiamo a Vivian Maier, ha passato un’intera vita dividendosi fra il ruolo di governante e di fotografa, la fotografia probabilmente le permetteva di resistere alla solitudine. Non si può nemmeno pensare di fare le artiste senza andare incontro a dei conflitti o anche a delle invidie, la nostra esperienza del mercoledì è stata veramente unica e irripetibile e capisco che sia diventata un campo di studio per altre giovani donne.