25 novembre 2023 Contro la cancellazione del biologico e dell’autorità delle donne e dei sentimenti che i maschi provano e tacciono
Antonella Nappi
1 Dicembre 2023
Sono stata alla manifestazione di Milano il 25 novembre contro la violenza sulle donne con un cartello che diceva l’opposto di ciò che molte dicono e scrivono, e alcune sostengono anche in ambiente universitario: che il movimento LGBTQ+ ci rappresenta tutte e tutti. Insinuando così un potere di rappresentanza che mi è odioso perché pensiero del tutto maschile. È una violenza per me insopportabile, ora che ho imparato a riconoscere la violenza che non è Legge da imparare. Ho impiegato cinquant’anni a riconoscere la violenza che da bambina mi sembrava la Legge familiare o sociale che dava il giusto apprendimento. La devo additare e combattere!
Mi preoccupa grandemente che si manchi di elaborazione riflessiva nella protesta e che la si dia in mano al maschilismo mediatico, il maschilismo sempre vincente nella politica rappresentativa, che sia nei parlamenti o nelle strade. C’è invece una disponibilità piacevolissima nelle persone meno giovani e meno organizzate a considerare la violenza della politica, quella dell’economia.
La piazza di Milano il 25 novembre era immensa e molto pacifica, molto riflessiva nella disposizione a considerare la violenza contro le donne; la stessa disposizione che in questi anni considera la violenza della guerra in tutti i luoghi dove i conflitti economici e politici non sono analizzati e gestiti da pratiche di contrattazione verbale e diventano distruzione e morte. Era una piazza piena di giovani padri e madri con bambini. Quella popolazione che fa lo sforzo della comunicazione tra differenti e ci fa progredire, quella su cui investire.
Lì mi erano tutti amici, il mio cartello era il loro, per questa ragione dico che c’è un potenziale di capacità di dirsi ed essere solidali enorme, non buttiamolo nel fosso della contestazione non sapiente. Nel fosso di quell’esasperare l’inimicizia verso la scienza e la politica, solo perché l’economia le influenza e investe la sua potenza nel far sì che si prendano gioco di noi; dobbiamo distinguere tra la scienza e la politica asserviti al guadagno illimitato e quelle con le quali possiamo comunicare e che ci giovano.
Il mio cartello diceva:
«La più grande violenza contro le donne e i bambini è usare corpi di donne per diventare padri di figli a cui si nega la madre. È violenza patriarcale.
Gli uomini devono riconoscere l’altro da sé: le donne.
Con la storia di silenzio e censura che abbiamo noi donne, privarci della desinenza in -a, che da pochi anni ci dava visibilità, è un crimine politico. Chiunque voglia dare visibilità ad altre censure usi la stelletta o altro, ma in aggiunta alla -a, non in sostituzione, così dimostrando di non voler cancellare le donne.
Noi donne non siamo a disposizione degli uomini, non usate il nostro nome: il femminismo è interesse a valorizzare le donne. Non ci lasciamo cancellare.»