Una storia al confronto con corpi e voci nuove
Nadia Terranova
26 Ottobre 2024
Da il manifesto – In queste settimane, sono usciti due libri che dietro un tono lieve, divulgativo, nascondono strutture robuste e uno scomodo interrogarsi: sono libri diversi, ma entrambi si rivolgono alle nuove generazioni per un confronto su cosa significhi essere oggi ragazza, donna, femminista. Uno è Donna si nasce (e qualche volta lo si diventa) pubblicato da Mondadori e firmato dalle filosofe Adriana Cavarero e Olivia Guaraldo (pp. 216, euro 18,50); l’altro Contrattacco! Ribellarsi e difendersi dalla violenza maschile scritto per Sperling&Kupfer (pp. 256, euro 14,90) dalla giornalista Paola Tavella e illustrato dalla fumettista Teresa Cherubini (che ragazza lo è ancora). Escono a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, interpretando un desiderio femminile collettivo, non troppo sotterraneo, di parlarsi fra donne rompendo il puro dato anagrafico. Entrambi si rivolgono alle ragazze contemporanee con uno spessore che li rende godibili a ogni età, ed entrambi hanno cura di tenere la porta aperta perché circoli aria fresca nella doppia direzione dell’ascolto reciproco: possiamo ammirare la libertà che nuovi corpi e voci stanno portando in strada e in rete, e insieme riconoscere altre esperienze e non cancellare segmenti fondamentali della nostra storia.
Tutti e due i libri scelgono una seconda persona che chiama sulla pagina le giovani lettrici, e tutti e due scansano la forma funerea e saccente del lascito, preferendo piuttosto configurarsi come intersezioni vive, accese e scomode. Tutti e due affrontano temi divisivi come la maternità surrogata (Donna si nasce) e la gestione femminile del denaro e del potere (Contrattacco!) cercando una necessaria distanza dalle soluzioni più ammiccanti della divulgazione massificata. Pur presentandosi come manuali, divergono nella forma: piacevolmente eccentrica, la prosa di Tavella che esorta alla consapevolezza del proprio e della propria forza materiale e magica viene completata dalle incursioni fumettistiche di Cherubini, mentre Cavarero e Guaraldo, con sapienza e arte di sintesi, decostruiscono gli slogan confusi che funzionano come sirene vuote per un femminismo di superficie. Se l’Adrienne Rich di Nato di donna e la Simone de Beauvoir del Secondo sesso insieme a Carla Lonzi fanno da comune sostrato, l’analisi di Donna si nasce saccheggia la poetica di scrittrici come Clarice Lispector ed Elena Ferrante e si confronta criticamente con il pensiero di Judith Butler, mentre Contrattacco! ricorda alle ragazze il lavoro di Elena Giannini Belotti e i passi in avanti di bell hooks. Pur presentandosi in vesti editoriali snelle, questi due libri ci ricordano che essere femministe implica una, a tratti sgradevole, postura di libertà, un continuo sforzo di luce e chiarezza.
Nascere donne è un fatto, la cui coscienza è una strada accidentata tutta da percorrere, una strada in cui cultura e biologia non sono avversarie l’una dell’altra, come oggi va di moda sostenere. «La differenza sessuale innanzitutto è un fatto», scrivono Cavarero e Guaraldo, «nella specie umana, così come in molte altre specie viventi, le femmine e i maschi hanno caratteristiche anatomiche e quadri ormonali differenti. Avremmo potuto dire un fatto biologico, se non fosse che il fatto della differenza sessuale viene registrato, interpretato e valutato da tutte le culture di cui abbiamo una documentazione storica fin dall’antichità, ovvero in tempi in cui la biologia non era ancora nata e ben poco si sapeva dei codici invisibili che fanno funzionare i corpi». Anche la cultura ha le sue trappole, ricorda Tavella: «Veniamo educate a farci benvolere, a non disattendere le aspettative degli altri, a sorridere anche quando vorremmo piangere, a non essere mai scostanti, a non fare capricci, a essere carine», e ancora: «Il manuale della femmina adorabile è infarcito di istruzioni sull’arrendevolezza, remissività, pazienza, dolcezza, paura, oltre che di consigli subdoli, tipo: se sorridi sei più bella». Essere arrabbiate è vietato, sottolinea Contrattacco!, che indica chiaramente in questa zona rossa la neutralizzazione maschile della possibilità per le donne di difendersi e di conoscere e gestire le proprie emozioni. L’industria del fitness che oggi spopola insegna un controllo sul corpo dedicato alla bellezza e alla perfezione piuttosto che alla consapevolezza, al mito dell’invincibilità piuttosto che alla conoscenza e all’utilizzo strategico dei propri limiti.
Uno dei nodi più interessanti di Contrattacco! riguarda proprio questo tipo di esplorazione personale, che ha che fare con la forza anche se viene spacciato per debolezza: conoscere i propri confini non significa difettare, ma sapere quali zone di noi sono inviolabili, e imparare a difenderle. In queste pagine, i disegni di Teresa Cherubini mostrano due esercizi a metà tra corpo e spirito, derivati dal percorso yogico di Tavella, che insegnano non solo alla nostra parte cosciente a dire no, che si tratti di una molestia o una proposta più melliflua, o semplicemente qualcosa che non desideriamo ricevere. Se fissiamo confini troppo stretti rischiamo l’asfissia, se troppo ampi non avvisteremo chi vuole travalicarli a forza: per trovare la nostra dimensione dobbiamo, innanzitutto, prendere contatto con noi stesse, tutte intere. Altro che disprezzo della biologia: è attraverso il corpo che sappiamo chi siamo, come ricordano Cavarero e Guaraldo: «La corporeità e i suoi dati elementari, il nostro esser corpo non solo eretto ma sessuato nella differenza, svolgono un ruolo decisivo in quella piena capacità di significazione, altrimenti chiamata linguaggio, che caratterizza la specie umana rispetto alle altre specie animali».
Siamo corpi, dunque, e attraverso la nostra postura, il nostro passo, i nostri movimenti ci definiamo. Lo sanno le ragazze che attraversano le strade al buio e che chiedono oggi, a gran voce, di riprendersi la notte: è una richiesta del corpo, dello spazio che ci è concesso occupare. Lo sanno attraverso la maternità, come figlie o come madri, le donne che fanno l’esperienza di «espellere un frammento vivo del proprio corpo, e di sentirsi figlia come frammento di un corpo intero e ineguagliabile» (la citazione di Elena Ferrante viene riportata dalle filosofe in Donna si nasce, libro che ha, fra gli altri, il non comune merito di parlare di uteri gravidi non come se fossero un difetto o un dettaglio da rimuovere). Sappiamo di essere corpo e allo stesso tempo sappiamo di non essere soltanto corpo: se come femministe decidiamo di abitare questa contraddizione senza forzarla da una parte o dall’altra, senza cedere alla facile tentazione di scioglierla, ci costringeremo a sguardi diversi, a volte sorprendenti, moltiplicando le possibilità di approccio alla vita e aumentando in noi la difesa dalle trappole meno esplicite del maschilismo e del patriarcato. Scrive Tavella: «I corpi femminili sono mortificati, educati e addestrati per perpetuare la disuguaglianza. Ma i nuovi corpi, i corpi ‘cattivi’, quelli da ragazzacce scalmanate che scopriamo e ridisegniamo imparando a difenderci e a contrattaccare, possono essere vissuti e rappresentati per garantirci indipendenza e autonomia, finora esclusiva degli uomini». Quei corpi sono rappresentati da Teresa Cherubini nelle sue efficaci e belle illustrazioni, mentre lo stesso corpo che si spacca e genera un frammento di sé non mostra meno potenza nelle pagine di Cavarero e Guaraldo: la Grande Madre, la Madre Terra, Rea, Gea, Gaia, Cibele, Inanna, Ishtar, Astarte e le altre divinità delle società più arcaiche non vengono tirate in ballo con la fumosa nostalgia di un tempo perduto, ma come simbolo di una forza che non si può cancellare e che mostra come è stato costruito il ruolo della debole e della vittima sul corpo delle persone di sesso femminile. Una decostruzione presente anche nelle pagine di Tavella, che individua precise strade di libertà: «Un corso di autodifesa femminista, la frequentazione di una palestra di arti marziali per donne, iscrivere le nostre bambine a ju jitsu o karate fin da piccole sono tutte esperienze del corpo ma anche della psiche».
Nei collettivi di autodifesa si impara a dare e ricevere sostegno, si impara a fidarsi ed essere oggetto di una riposta fiducia, ma si impara anche che l’aggressività non è per forza sbagliata o evitabile, soprattutto se reattiva. La consegna alle ragazze, in questi due libri, è densa di libertà e indipendenza dagli uomini ma anche da fazioni sclerotizzate. «Come femministe abbiamo imparato a elaborare un pensiero concreto ma libero, non subordinato né ai partiti né alla visibilità mediatica degli schieramenti dati. Non ci interessa essere inquadrate in fazioni politiche progressiste o oscurantiste», scrivono Cavarero e Guaraldo, invitando le ragazze a leggere senza paraocchi. Perché di tutte le strade femministe che si possono percorrere, capire resta la più autenticamente sovversiva.