L’insostenibile leggerezza del separatismo
Umberto Varischio
16 Marzo 2017
Forse speravamo che l’8 marzo di quest’anno passasse come al solito tra riti, elogi all’indispensabilità e alla grande forza morale delle donne e dichiarazioni del Presidente della Repubblica, per poi tornare alle nostre pratiche quotidiane. Purtroppo per noi (uomini) non è stato così: ancora una volta le donne ci hanno spiazzato.
Ammettiamolo pure, uno sciopero indetto e promosso dalle donne e per le donne ci provoca sconcerto e un’insopportabile irritazione. E non lo dico da testimone esterno: fino a qualche anno fa questa scelta ‘separatista’ mi avrebbe causato un impeto di rabbia a malapena reprimibile.
Il breve articolo scritto da Dario Di Vico per le pagine online della 27esimaora del Corriere della sera, intitolato Otto marzo. Perché lo sciopero «per le donne» è stato un errore e pubblicato di gran fretta nella stessa serata dell’8 marzo, rappresenta bene questo stato d’animo.
Intendiamoci, il pezzo è tutt’altro che gridato, usa ragionamenti pacati e ben formulati ammiccamenti alla difesa dei più deboli, identificati immediatamente con le donne.
Certo, gli obiettivi dello scritto sono più di uno: lo sciopero come strumento serio ma un po’ “spuntato” e in fondo minoritario, il facile populismo giornalistico sui disagi per i servizi ecc. ma qui non importa dare un giudizio su questi aspetti. A un certo punto il perno dell’articolo appare in tutta la sua pregnanza: «ha senso oggi coltivare ancora la separatezza delle donne?» e non usare la loro autorevolezza ben altrimenti, per salvare noi e il mondo dai disastri che abbiamo fatto e continuiamo a compiere? Questa dovrebbe essere la loro principale incombenza!
Ha ragione Di Vico: togliamoci subito il dente (e per un anno non ne parliamo più). Anche se il dolore rimane. Diciamocelo: quello che ci dà più fastidio è la lievità, la leggerezza pensante con cui le donne scelgono altro da noi. Ci dà fastidio che scelgano prima di tutto se stesse e le altre.