Gli uomini e la guerra
Clelia Mori
29 Marzo 2024
Al netto della millenaria mitologica voglia maschile di non dipendere dalle donne per nascere, ancora oggi ben rappresentata dalla tecnologia riproduttiva che cancella la relazione tra chi sta diventando madre e chi sta diventando bambino/a e il loro futuro, quanto conta per gli uomini non poter partorire, non avere questo sapere corporeo quando decidono di fare la guerra? Cosa è per gli uomini la vita e la morte, e quanto spazio ha nel loro vivere la nascita e la morte? Me lo sto chiedendo da un po’ e so che non c’è una risposta perché questa relazione è un tabù, per le donne che spaventate dal patriarcato non sanno valorizzare il loro potere e per gli uomini che non vogliono interrogarsi e preferiscono inventare.
Ho appena letto l’interessante libro di Rosella Prezzo Trame di nascita sull’importanza della nascita, i suoi miti maschili, la morte, gli uomini e le donne e dal 2015 lavoro come artista sulla sapienza del far nascere del corpo femminile, la sua preziosità. Da tempo, penso che la nascita e la morte siano viste, sentite, valutate in modo differente tra uomini e donne. Lo stesso vivere e sentire la vita, persino l’amare credo siano diversi tra maschi e femmine e penso che questa differenza incida nello stare e nel fare mondo anche nei confronti della guerra. I femminicidi sono un macabro esempio dell’invenzione maschile del far morire con qualsiasi arma, anche davanti ai propri figli/e. È la forza fisica a far muovere le armi, e le armi unite alla forza “virile” sono all’origine della guerra. Non si può dire non mi riguarda, io non la faccio la guerra. Chi non la fa si chiede meno di quello che potrebbe e forse dovrebbe. C’è un velato e inconscio sentire maschile non detto: come se la guerra cadesse dall’alto e fosse un atroce invisibile volere divino, e questo non detto accomuna i sessi nell’esercizio del potere e nel desiderio di allontanare da sé qualsiasi responsabilità, convincendo chi vota che lo fanno per la democrazia o per il potere da restaurare nel paese. Non vogliono colpe nelle mortali tragedie che creano, incapaci della relazione con l’altro e della necessità della mediazione costante nell’orizzonte prezioso del limite. Quando aspetti che i nove mesi della gravidanza si concludano con la nascita sai che quello è il limite per far nascere la vita, e vuoi dare la vita, allora medi su tutto fino a immobilizzarti se serve. Io l’ho fatto e non sarò stata l’unica. È un lavoro di tessitura continuo sul limite, quotidiano, ora per ora, di cura e attenzione che gli uomini non sembrano portati a fare; non ne hanno bisogno, non fanno nascere. E lì nella tessitura tra un corpo che cresce e l’altro che lo fa crescere dentro di sé, nasce la relazione con l’altro o l’altra uguale a te. Non è così per gli uomini.
Gli uomini della guerra e gli altri che non si interrogano sembrano non sapere cosa sia la relazione tra umani e umane, addirittura anche tra loro stessi, all’interno del loro stesso sesso visto che usano ancora la guerra per risolvere le insidie che si coltivano l’un l’altro. Avendo rinnegato fin dai miti il nascere da donna, non sono in grado di capire fino in fondo come ci si relaziona con l’altro e l’altra, anche se nati da donna e sembra proprio non vogliano riconoscere questa nascita per allontanare una verità disturbante sul potere reale. Non hanno mai fatto spazio a un altro/a nel loro corpo, non l’hanno mai sentito/a crescere nel grembo, non hanno mai respirato anche per lui o lei, non gli hanno mai parlato senza parole perché non servivano dentro di te, e non l’hanno mai partorito/a. Non hanno mai costruito il tempo dell’umanità col loro corpo mettendo al mondo, o saputo cosa voglia dire far nascere aspettando il tempo che serve, finché un altro/a possa, dentro di te, essere in grado di venire alla luce e poi metterlo/a nel mondo e farlo diventare negli anni una persona adulta. Non un soldato, non un uomo armato. Non gli viene in mente alle future madri.
Queste relazioni particolari non fanno parte del bagaglio di vita maschile, a qualsiasi ideologia si rivolgano, e la guerra lo rende perfettamente visibile. Il corpo maschile non aiuta gli uomini a capire la vita, non può, non è fatto per far nascere ma solo per contribuire al concepimento insieme alla donna, come invece fa il corpo delle donne che nelle sue trasformazioni le aiuta a capire come far vivere, a come privilegiare la vita sulla morte. Una vita che va vissuta tutta intera prima di morire, che accadrà quando sarà ora per il tempo che si è avuto in dote. Senza che qualcuno armato o dietro una scrivania o davanti a un microfono si senta in diritto di dare o far dare in anticipo la morte: per prepotenza, aggressività, onnipotenza, senso di proprietà, arretratezza emotiva. Primitività?
Comunque gli uomini del potere rilanciano sempre, come con le palline da tennis, su tutto, in un atto di “virilità” costante anche se ci sono le armi nucleari. Tutto gli perde di senso quando si attaccano alle ideologie e la vita degli altri non conta più. Conta solo la tua, vissuta da arcaico patriarca aspettando da millenni la morte come non ci fosse mai stata una nascita da vivere prima di morire.
Agli uomini, sul nascere, è richiesto un lavoro intellettuale raffinato dal loro corpo che non li aiuta a sentire il farsi della vita, come fa modificandosi quello delle donne, per provare a capire che vuol dire, visto l’esiguo rapporto fisico che intrattengono con la nascita. Una raffinatezza cerebrale che però non fanno o fanno male o superficialmente; preferiscono dare per scontate troppe cose della vita e non le sanno e non vogliono saperle. Le femministe e anche alcuni uomini più illuminati dicono per invidia del potere sulla vita delle donne. Io non lo so di preciso, ma spero intensamente che non sia una questione biologica e sia davvero solo invidia perché forse così rimane aperta una possibilità di incontro che ci possa salvare dall’uomo armato (e dalle forze armate). Solo un uomo, un capo religioso importante e particolare, differente dagli altri uomini: Papa Francesco, ha ragionato sul nascere da donna il primo gennaio 2020 nella sua omelia Nato da donna dove finalmente cita l’importanza del grembo delle donne, mai vista, tranne in Piero della Francesca, nella rappresentazione artistica ufficiale della Natività, salvando, mettendo in luce il grembo di tutte noi insieme a quello di Maria. Ma gli uomini della guerra non lo ascoltano, men che meno quando implora la pace per vivere. Sapranno gli uomini guardarsi dentro diversamente da come lo fanno oggi, sapranno salvare le loro e le nostre vite mettendosi all’ascolto di chi sa far nascere per imparare il valore del vivere? Cominciamo a dirglielo. Per iniziare a mettere fine alle guerre imparando ad ascoltare e a guardare, ma non il loro ombelico.