Per Valentina Berardinone
Franca Chiaromonte, Letizia Paolozzi
17 Marzo 2024
A Valentina Berardinone piaceva l’azzurro. Lo stendeva sulle tele; lo acchiappava incorniciandolo. D’altronde è il mare della Costiera, visto dalla sua casa di Massa, che precipita verso Nerano.
Per arrivare da lei, bisognava parcheggiare in alto: a dominare pretenziosamente la collina, si intravedeva la villa che era stata dei Lauro.
Poi giù, una discesa di gradini sgarrupati e Valentina che saliva dalla cucina trascinandoci sul terrazzo che guarda Capri.
Aveva sempre avuto una predilezione Valentina per le dimore scomode. Anche a Milano. Attraverso le stanze si arrivava comunque allo studio luminoso, zeppo di album di disegni, “prove d’artista”, tele ammonticchiate oppure attaccate alle pareti.
Disseminati nel disordine, sul tavolo, quei piccoli “oggetti”, creati sembrava a dispetto, con la colata d’inchiostro che invece di espandersi scendeva a cascata su uno zoccolo di legno.
È vero, lo scrive Renata Sarfati, Valentina era spiritosa. E intelligente. Osservava le cose, ne ribaltava il senso. Amava la conversazione, le osservazioni taglienti, le battute colte. Le piacevano le donne capaci di ridere con lei, che assaporassero la sua lingua, civettuolamente altalenante tra le tonalità napoletane.
Aveva un piccolo gozzo. Il marito, Luciano, stava seduto al timone. Davano appuntamento per mare, davanti a Recommone oppure a Ieranto.
Una volta a noi due, Franca e Letizia, si era incagliata l’ancora – una grossa pietra scomoda a lanciarsi, infernale a tirarla su – trattenuta dalle rocce. Arrivarono a “liberarci”. Ma la pietra venne recuperata. Lasciarla lì sarebbe stato uno smacco troppo umiliante.
Valentina rideva. E scuoteva la testa, le braccia, le mani, per sottolineare la differenza tra veri e finti marinai con quel suo modo tutto particolare di unire generosità e allegria. Dipendeva dall’origine napoletana questa unione oppure dal mare azzurro che era riuscita a adagiare nei quadri?