DONNA SI NASCE e qualche volta si diventa
Betti Briano
4 Novembre 2025
da eredibibliotecadonne
Già nel titolo del libro le autrici, Adriana Cavarero e Olivia Guaraldo (Mondadori 2024), rivelano l’intendimento di rovesciare il celebre motto “donna si diventa” assurto a principio cardine delle politiche di emancipazione della seconda metà del ’900 a seguito del successo planetario riscosso da Il secondo sesso di Simone de Beauvoir. Secondo la celebre scrittrice francese il divenire donna era la risultante di un processo di ruolizzazione oppressiva esercitata dal patriarcato per rendere le donne, il secondo sesso, funzionale al primo e per tenerle ai margini se non escluse dalla vita pubblica.
L’idea che l’identità femminile sia un prodotto della cultura patriarcale è stata di ispirazione per le lotte di liberazione individuali e collettive di almeno tre generazioni di donne – sostengono le autrici – ma è altresì all’origine delle variegate teorie alla moda, in base alle quali il sesso biologico rappresenterebbe un accidente trascurabile mentre nel “genere” si sostanzierebbe interamente la percezione di sé che sta alla base dell’interpretazione individuale dei ruoli sociali. Teorie circolanti nelle università, fatte proprie dal mainstream progressista, portate avanti dai movimenti LGBTQ+, in base alle quali il binarismo sessuale e in particolare la nozione e il termine “donna” devono scomparire dal discorso pubblico, per essere sostituiti da locuzioni prive di declinazione e riferimenti al sesso.
Le autrici chiariscono come in realtà l’affermazione di Simone de Beauvoir abbia subito una sorta di slittamento risoltosi poi in travisamento ad opera del femminismo post-strutturalista e del transfemminismo, a partire dall’elaborazione della filosofa americana Judith Butler. La critica alla costruzione culturale del destino femminile sulla base del nascere in corpo di donna non comporta infatti per la scrittrice francese negazione dell’essere donna, dell’appartenere al sesso femminile; anzi il fatto biologico della differenza femminile e proprio causa e luogo dell’azione fallocentrica della cultura dominante. Il termine “genere” è entrato inizialmente nel linguaggio femminista per significare proprio il complesso delle prescrizioni comportamentali connesse a ruolo e funzione assegnati alle donne, solo successivamente è stato “assorbito” nella nozione di gender, che ha praticamente finito per sostituire quella di sesso nel linguaggio accademico, politico e persino in quello comune.
Cavarero e Guaraldo, immaginando di parlare alla generazione delle nipoti delle donne che hanno messo al mondo il pensiero e praticato la politica della differenza sessuale, compiono un lavoro quasi “scolastico” di decostruzione del dispositivo in base al quale si ricorre al genere in luogo del sesso analizzandone sia le radici che le aberrazioni che conseguono.
L’idea che sostenere l’esistenza di due sessi sia discriminatorio nei confronti delle persone non binarie intanto sta portando di fatto alla cancellazione della donna dal discorso pubblico, ovvero del soggetto che con le sue lotte ha creato spazi di libertà per sé ma anche per le nuove istanze emergenti sul tema della sessualità, cioè della protagonista di una rivoluzione e di una nuova storia. Cancellare la ‘donna’ non rappresenta una mera operazione grammaticale, significa bensì negare il soggetto che genera, colei che dà la vita, senza la cui opera non ci sarebbe dato il mondo. Le autrici spiegano quindi con la massima chiarezza come sia fuorviante e infondato classificare differenza sessuale e maternità quali mere costruzioni patriarcali e come al lavoro del patriarcato siano invece ascrivibili i ruoli sociali e il sistema degli obblighi connessi al sesso e alla riproduzione.
L’uso di sostituire la parola “donna” con locuzioni del tipo “persona con utero” o “soggetto che mestrua” per non discriminare identità fluide o chi si riconosce in altri generi, come anche quello di inibire la declinazione al femminile dei plurali in nome dell’inclusività di tutti i soggetti reali e potenziali, nonostante venga adottato per testimoniare la rivendicazione di riconoscimenti e uguaglianza di diritti e opportunità per “tutti”, non si accompagna ad una fase di avanzamento e maggiori guadagni di libertà per le donne, ma al contrario di nuove e moderne schiavitù a loro carico. Basti pensare alle sofisticate quanto invasive tecniche riproduttive e alla gestazione per altri o allo sdoganamento del lavoro sessuale e della pornografia per renderci conto dei gravi rischi che corre la condizione femminile a causa di tali forme di sfruttamento e mercificazione del corpo; per non parlare della recrudescenza della violenza nei confronti delle donne e dei femminicidi. Pare infatti che la moltiplicazione di diritti identitari disgiunti dal riferimento ai corpi sessuati e dal primario “diritto della madre” abbia finito per rivitalizzare l’antica prerogativa patriarcale dell’appropriazione del corpo e della capacità riproduttiva delle donne.
Per le due filosofe occorre ritornare a trasmettere, soprattutto alle giovani, l’idea che la differenza femminile non è un handicap ma è invece una grande opportunità, che appartenere al sesso che genera non è un limite ma un punto di forza; di conseguenza necessita tornare a ribadire che la libertà vera e autentica, quella che le donne possono esprimere in piena fedeltà a se stesse, non può che essere radicata nella propria differenza sessuale.
Il libro offre in modo chiaro e sintetico il punto di arrivo del pensiero di una generazione di filosofe, ma grazie all’attento lavoro di riattualizzazione delle autrici presenta al contempo un possibile punto di partenza per nuove istanze di trasformazione della condizione femminile. È un libro che, a parere di chi scrive, meriterebbe in particolare l’attenzione di insegnanti e di chi è impegnata/o in processi educativi e potrebbe essere proposto nell’ambito di progetti multidisciplinari nelle scuole superiori, come anche per corsi di educazione sentimentale, semmai verranno attivati.
Adriana Cavarero. Già ordinaria di filosofia politica all’Università di Verona, è stata una delle teoriche della differenza sessuale, autrice di numerosi libri tradotti in più lingue, tra questi Nonostante Platone, Tu che mi guardi, tu che mi racconti, A più voci, Donne che allattano cuccioli di lupo.
Olivia Guaraldo. Ordinaria di filosofia politica all’Università di Verona, dirige il Centro Studi Politici Hannah Arendt. Studiosa del pensiero femminista, ha curato e introdotto in Italia i testi di Judith Butler. Tra le sue pubblicazioni, Comunità e vulnerabilità e Hannah Arendt.